La rabbia della gente comune, condizione per riprendersi tutto quanto ci hanno rubato

lavoroesalute_settembre2016-250x400_widget

La ribellione allo stato di cose presenti che verifichiamo sulla nostra pelle, penso a me precaria a 45 anni con un marito licenziato e un figlio che ha smesso di cercare lavoro, dovrebbe una reazione naturale per chi la pensa diversamente e sono ancora capaci, in questa società egoista, di pensare anche agli altri. Perchè continuiamo a farlo? Il perché non lo individueremo se non ripartiamo da una lettura critica dei perchè siamo in queste condizioni sociali. Una lettura che potrebbe anche crepare alcune nostre certezze con dei presupposti inquietanti per le nostre certezze, a volte schematiche e sistematizzate con la presunzione che la politica, comunque, non incide nel profondo dell’animo umano. Sbaglieremmo, con ricadute anche sulle persone che crediamo di rappresentare. Allora come non sbagliare, ma anche non andare in coma cervellotico? La domanda potrebbe determinare effetti epocali nel nostro vissuto di persone che hanno fatto una scelta di vita volendo restare, a prescindere, accanto alla gente che soffre.

Il ribelle è altruista di natura ma spesso si trova solo nella ricerca di un’azione collettiva e la depressione, con annessa rinuncia ad esercitare la critica, è in agguato. In questo anfratto dovrebbe intervenire la sinistra che ancora pensa diversamente, per costruire senso comune in contrapposizione ai luoghi comuni che cibano ormai la grande massa, Alla quale dico che non mi pare proprio una scusante il fatto di essere bombardati giornalmente dalla dittatura comunicativa dei poteri, funzionale al controllo sociale. In merito, allego le 10 regole di Noam Chomsky che mi pare utile pubblicare come parte integrante di queste mie considerazioni. Altresì considero misera la non nascosta giustificazione per la nostra sopravvivenza l’assuefazione sulla corruzione e il silenzio sullo stretto rapporto della politica con la diffusa delinquenzialità in giacca e cravatta.

La corruzione politica e la criminalità organizzata sono in Italia due realtà strettamente intrecciate. In Italia è il dilagare della corruzione nei dintorni della nostra quotidianità che cammina in parallelo a quella delle politiche economiche ad allattare i gruppi criminali. Non lo dico io ma lo si legge in un ormai datato (quindi ancora più preoccupante se lo si aggiorna all’oggi) rapporto della Commissione Europea Examining the link between organized crime and corruption (2010), pubblicato dal Center for the Study of Democracy.

La corruzione in Italia non rivela la diretta partecipazione delle organizzazioni criminali ma dimostra piuttosto la diffusione di un ‘metodo mafioso’ nel condurre affari e nel fare politica, l’assimilazione di alcuni elementi della cultura mafiosa da parte dei rappresentanti politici“. La conclusione del rapporto disegna un quadro distruttivo della civiltà sociale e della democrazia politica. “La corruzione ha fondato un paradigma di riferimento, che si presta ad essere imitato, vale a dire la capacità di imporsi come stile di vita, di trasformare la giurisprudenza precedente per stabilire nuovi modelli di legittimità“.

Questa sconsolante conclusione ci consegna un ambiente saturo di corruzione in cui ad ognuno è offerta la possibilità di entrarvi a far parte e di raccogliere qualche briciola, perchè la corruzione in Italia è caratterizzata da un effetto valanga che investe tutti gli strati sociali che permette al crimine organizzato un ruolo di protagonista nel sistema dell’illegalità italiano, a volte assistito dalle intimidazioni, altre volte sostenuto dagli interessi degli attori politici che svolgono ruoli di partner. Che vogliamo crederci o no, e io ci credo essendomi trovata testimone di atteggiamenti complici da parte di gente comune, la corruzione in Italia è lentamente diventata accettabile a livello sociale e ha guadagnato legittimità a livello politico e, infine, legislativo. In parole povere: le élite di potere hanno la lungimiranza di coinvolgere i comuni cittadini come strategia di consolidamento del loro potere. E i cittadini, consapevolmente o meno, ci cascano come polli.

Che fare? Concordo con l’editoriale dello scorso numero “Alziamo la testa” e la speranza di esternare la rabbia da parte della gente comune. La speranza la ripongo in mio figlio, come in tutta la generazione dei disperati condannati, dalle scelte politica, a non permettersi una programmazione del proprio futuro. La ribellione deve iniziare da loro, noi quarantenni dobbiamo essere al loro fianco, perchè da soli non abbiamo più la capacità di reazione facendo parte delle generazioni degli sconfitti. Sono pessimista sullla mia generazione e quella precedente? Forse, ma sono convita che solo il protagonismo dei giovani potrà tagliare gli artigli agli avvoltoi al potere.

Mariella Cuomo

Pubblicato sul numero 5 del periodico Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *