Epatite C, l’appello di Carlo: rischio di morirne ma non ho diritto alla cura

“Sono stanco, sono molto stanco… ho 49 anni. E’ da quando sono nato che combatto per sopravvivere essendo affetto da una grave forma di malattia rara, chiamata “Emofilia”. Così Carlo (nome di fantasia) inizia la lettera inviata alla Lila (Lega Italiana per la Lotta all’Aids) che – con il suo consenso – l’associazione ha pubblicato in forma anonima. Carlo spiega lo stato d’animo raccontando la sua vita segnata dall’emofilia, una malattia che, per l’assenza del fattore VIII nel sangue, non permette ad esso di coagulare, e che gli ha impedito fin da bambino “di correre, compiere sport, inginocchiarsi”. “Si! Proprio così, inginocchiarsi – spiega – le articolazioni infatti sono soggette a soventi emorragie che tendono a danneggiare la cartilagine determinando negli anni la comparsa di artropatia cronica”.

Carlo racconta che la speranza si è accesa nella vita sua e dei familiari quando aveva 13 anni: “La medicina aveva scoperto il modo di sopperire alla mancanza del fattore VIII: estraendo il fattore dal sangue dei donatori, attraverso una complessa procedura, si riusciva a riprodurre il fattore mancante”. Ma proprio a causa di queste trasfusioni Carlo nel 1984 scopre di aver contratto l’Hiv e nel 1992 anche l’epatite C e l’epatite B: “Non avevamo fatto i conti con l’avidità umana, con la rincorsa al profitto delle case farmaceutiche che non controllavano i donatori”. Carlo spiega che la “co-infezione”, ovvero la combinazione delle tre patologie gli impedisce di fare gli interventi e i trattamenti che possono curare i “mono-infetti”: “L’epatite C colpisce il fegato, io non potrò mai subire un trapianto per il problema della coagulazione. Per l’epatite C c’è oggi l’Interferone ma io non posso farlo perché incide sull’emofilia ed avendo il Genotipo 1 ha scarse possibilità di efficacia”. Nel 2014, quando si scoprono i nuovi farmaci che guariscono dall’Epatite C senza effetti collaterali sembra arrivata la soluzione, ma Carlo non rientra tra i criteri stabiliti dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa): “I parametri per accedere alla nuova terapia sono questi: Fibroscan da F4 (cioè un grado di progressione del danno epatico in forma gravissima, ndr) e quindi fegato in cirrosi. Chi come me è riuscito a mantenere parametri borderline, non può usare il farmaco”.

La decisione dell’ente è riassunta così: “Prima ti aggravi, poi ti do il farmaco, perché al momento non ci sono i soldi per tutti”. La decisione è così rimessa nelle mani dei medici, spiega Carlo, “che nel mio caso sono preoccupati, per il fatto che se il mio fegato peggiora il farmaco potrebbe fare poco, perché essendo emofilico, se si verificasse un emorragia, sarebbe una cosa molto pericolosa”. “Dunque dopo 49 anni di lotta per riuscire a vivere un funzionario politico di turno, per non sprecare denaro pubblico, dice: ‘tu, signor sopravvissuto, ‘sta volta ti freghiamo!'”. “Chiedo pertanto a voi la cura e ne sono sicuro! Voi non vi assumerete la responsabilità di farmi morire! E’ per questo che mi rivolgo a tutti, ad ogni livello, chiedendo di farmi accedere alla terapia per HCV, SUBITO!” La Lila ha inviato questa lettera alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin, perché si trovi una soluzione per Carlo, che come altre centinaia di persone è a rischio vita ma non rientra nei parametri stabiliti da Aifa per la distribuzione del farmaco.

28/5/2015 www.redattoresociale.it

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