I semi della tristezza

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C’è un “errore” sistematico che sacrifica nelle sue contraddizioni i corpi e la psiche di un organo collettivo dotato del materiale più prezioso da estrarre, la capacità attiva umana. La preziosa attitudine da accumulare e da cui spremere valore, ricchezza. Si muovono in questo spazio le esistenze, in questa linea tra vita e morte, una ragnatela concentrica, interrotta, lacerata, pendente, composta da mille figure, sfumature e contrasti tra mondo e infra-mondo. L’astratto si materializza in qualcosa di afferrabile, vivo, che segna irrimediabilmente.

Mentre scriviamo lo Spoon River diffuso dei nostri giorni, tra luoghi di lavoro, ospedali, strutture socio-sanitarie, case inabitabili, gli acari della polvere rosicchiano i fascicoli negli archivi dei tribunali. I bugs, invece, preferiscono file all’essenza di silicio custoditi negli hardware di una ditta affidataria.

I processi si concludono e si riaprono, la Giustizia arriva tardi o resta bloccata, sfugge alle mani dei diretti interessati, altri parleranno per loro. Le luci e i colori dei primi tramonti invernali invocando i racconti delle notizie e dei giorni trascorsi fino ad oggi, provano a tracciare un oltre radioso, i campi a macchie verdi e marroni ci dicono, invece, che l’inverno è ancora lungo.

Elena, che per lavoro si prende cura degli anziani, dopo aver ricevuto più volte un diniego alle cure da parte del suo datore di lavoro, soccorsa da alcuni passanti in strada, è sopravvissuta a un lungo e duro ricovero in terapia intensiva, ma siccome “clandestina”, l’ospedale dopo le cure le ha chiesto il conto. Ora ripercorre tutte le tappe del suo migrare e sospira.

Antonio è un medico, si sposta di casa in casa con le Unità speciali di continuità assistenziale (USCA), tra infinite ore e con un carico di lavoro enorme, prova a cambiare i destini e alleggerire ciò che resta del sistema sanitario pubblico di una piccola regione. Corpo e cervello in cammino, quando non marcia si riposa in un ambulatorio fatiscente.

Invece, il dottor Fils Timb Timb, 34 anni originario del Camerun, impegnato anche lui nelle USCA nella lotta contro il Covid a Bologna, per lo Stato è un invisibile, perché cura gli altri, ma non avendo un permesso di soggiorno rinnovato non può iscriversi al Servizio sanitario e avere un medico di base.

Michele attende una chiamata da due mesi, si logora nell’attesa, ha voglia di iniziare dopo tutti gli anni di studio e gli ostacoli superati. Vorrebbe potersi finalmente esprimere, ma una falla burocratica lo tiene prigioniero dei giorni che passano assieme ad altri migliaia di cervelli. ‹‹ Eppure mi darei da fare, soprattutto in questo momento dove la psiche è sottoposta a forti tensioni›› dice tra sé e sé e il telefono intanto squilla, chissà!

Cos’ha subito il corpo di Petrit, morto in un’azienda agricola di Ischia di Castro (VT) nel giugno 2019? Ora urla verità, dopo i silenzi, frutto di una lunga catena di intimidazioni, il vaso si è rotto. Infatti, i suoi datori di lavoro, proprietari di varie aziende agricole zootecniche, sono accusati di aver messo insieme un sistema di riduzione in schiavitù e sfruttamento basato su intimidazioni, vessazioni e minacce, costringendo decine di braccianti alavorare per poco più di un euro l’ora e ad abitare in alloggi indegni, in condizioni igieniche scarsissime, e ai familiari di Petrit di tacere. Eppure ricevono contributi e sovvenzioni dal fondo delle politiche agricole comunitarie e dal circuito del marchio “Bio”. Stranezze.

Michele e Salvatore vagano nei corridoio del Tribunale di Siracusa, sono due demoni che provano a raccontare com’è andata quel giorno, ma un uomo togato archivia, un altro riapre il caso, e loro non possono parlare.
Sono morti nel 2015, entrambi per asfissia, per aver inalato aria priva d’ossigeno nel pozzetto dell’impianto di etilene dello stabilimento Versalis di Priolo (SR). Morti lì dentro, mentre la popolazione continua a respirare e a mangiare i frutti del sistema petrolchimico intensivo. Morti ancora, in un archivio in tribunale.

Altri fantasmi ci vengono a trovare ogni anno, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, e quando tornano ci ripetono chi sono ‹‹ Io sono Antonio Schiavone, ho 36 anni, io sono Roberto Scola, ho 32 anni, io sono Angelo Laurino, ho 43 anni, io sono Bruno Santino, ho 26 anni, io sono Rocco Marzo, ho 54 anni, io sono Rosario Rodinò, ho 26 anni, io sono Giuseppe Demasi, ho 26 anni.
Stavamo lavorando da 12 ore, 4 ore di straordinario e quando scoppiò l’incendio i sistemi di sicurezza non funzionarono. Gli estintori erano scarichi, gli idranti guasti, non eravamo tutti specializzati nello spegnimento di un incendio. Sappiamo che l’azienda voleva chiudere il nostro stabilimento e per risparmiare evitò di fare interventi di manutenzione.
Sappiamo che attribuisce a noi la colpa dell’incendio, ma il nastro fece attrito contro la carpenteria metallica, provocando un innesco e la carta impregnata d’olio lubrificante fece il resto. Sappiamo. Ma non riusciamo a dirvelo, le nostre voci sono chiuse in una campana di vetro››.
Loro almeno hanno un nome, altri no.

Un operaio, senza nome, è caduto in un cavedio mentre era impegnato in lavori di manutenzione di un albergo. Prima dell’alba di un giorno qualsiasi, in un noto albergo della città. Scivolato dalla copertura, dopo essere precipitato è rimasto intrappolato tra le mura di un edificio che si è fatto gabbia.

Proprio come Michele Santoriello, 47 anni, che invece stava lavorando alla manutenzione di un capannone a Cava de’ Tirreni. Caduto al suolo dopo sei metri di volo. I destini di due sconosciuti, analogie, differenze, condizione sociale, età

Fathma, cerca di organizzare i turni dei suoi due figli per svolgere la didattica a distanza. A casa hanno un solo computer, quindi si alternano tra la postazione ricavata in cucina e il suo cellulare. Si districa tra fornelli e faccende di casa, tenendolo costantemente d’occhio, perché potrebbe arrivare una telefonata improvvisa dal macello della zona, dove lavora a chiamata per una cooperativa al reparto confezionamento.
Il marito ha ripreso da poco a lavorare, è stato in “cassa” per molti mesi e l’affitto, le cure mediche e le bollette si sono fatti sentire ultimamente.
Non ha detto niente a lui, ma al lavoro un caposquadra spesso utilizza parole offensive con lei e le altre. Lei lo guarda dritto negli occhi con disprezzo, provando a trovare negli altri occhi supporto e solidarietà, ma non è il momento del coraggio. Respira profondamente, mentre dentro di sé immagina quando sarà il tempo di graffiare, come le operaie della Yoox, non molto lontane da qui.

Manuel non sopporta di stare fermo davanti al computer solo per ascoltare una voce lontana, e le interruzioni, i rumori forti e improvvisi, il sovrapporsi di voci gli creano uno stato di agitazione che, a volte, arriva alla soglia dell’attacco d’ansia.
Ogni notte resta quasi sempre sveglio, preoccupato per l’indomani mattina. Vorrebbe stare in classe con la sua insegnante, rivedere le facce dei compagni, poter dire qualcosa di sorprendente per gli altri e la altre, e vederli sorridere tutti insieme, vedere gli occhi gioiosi del prof., sentirsi al centro dell’attenzione per un istante. In fondo ha lavorato sodo lo scorso anno scolastico, ha superato molte sue paure, e sta capendo cose gli piace fare davvero. Forse presto, potrà tornare a stare in classe con la prof. e qualche amico e amica. Non sa come sarà, ma così sa che non sta bene.
Sua madre fa l’infermiera, lavora tanto e non riesce più a stare molto tempo con lui a casa, il papà non è molto affettuoso, lo sente distaccato anche se sa che gli vuole bene. Per fortuna che c’è la prof., che ha capito. Lui nota che, da qualche tempo, grazie a lei qualcosa è cambiato. Per questo vorrebbe tornare in classe, perché si sente più sicuro da quando c’è lei.

Di fronte all’Adriatico un boato si infrange contro la Maiella, proprio mentre il Presidente della Repubblica prepara il discorso di ringraziamento ai militari impegnati nelle “missioni di pace” all’estero e sull’importanza del loro ruolo nella lotta al Covid19 in Italia. Proviene dalla Esplodenti Sabino di Casalbordino (CH). L’ azienda si occupa di demilitarizzare tutti i tipi di munizionamento convenzionale, bombe di aereo, sistemi d’arma, razzi, mine navali. I materiali recuperati dalla demilitarizzazione vengono riutilizzati in campo civile. Venti ettari di terra, un’esplosione, tre morti tra i lavoratori. ‹‹ Nicola, Paolo, Carlo ! ›› ha urlato al ritorno la tramontana buttandosi in mare.

Intanto, i semi vengono gettati lontano, trascinati dal vento, sono tristi e appaiono deboli, infertili, eppure conservano il vero. Fioriranno solo se la mano stringerà il giusto e cambierà questo ciclo tossico della sconfitta certa. Tutto si ferma per un attimo, scorgiamo dalle finestre il muoversi silenzioso dentro le case, qualcuno prepara la cena, una donna fissa fuori la strada, i demoni cercano qualche caro che pronunci il loro nome prima di addormentarsi. Nessun oblio, se il passo deciso solcherà il cammino.
Delle dita accarezzano una pagina di un libro, gli occhi vibrano impercettibilmente e una voce bisbiglia nel silenzio della notte, compiendo piccoli movimenti con le labbra secche:
‹‹ E gli occhi dei poveri riflettono, con la tristezza della sconfitta, un crescente furore. Nei cuori degli umili maturano i frutti del furore e s’avvicina l’epoca della vendemmia››. (Furore – John Steinbeck , 1939.)

Renato Turturro

Tecnico della prevenzione

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

Pubblicato sul numero di gennaio 2021

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