In sciopero della fame a Bergamo. Perché questa strage si poteva evitare

Care tutte e tutti,

domenica 28 giugno Mattarella verrà a Bergamo per ascoltare il Requiem di Donizetti e commemorare le vittime del Covid.

Abbiamo deciso di aspettarlo in piazza. Non per mettere in discussione il Requiem: è una iniziativa di commemorazione delle vittime e, in quanto tale, pur non sentendoci rappresentati, la rispettiamo. Ma a noi non basta un Requiem a elaborare collettivo un lutto così enorme e voltare pagina. Per questo abbiamo deciso di essere in piazza Matteotti, sotto il Comune di Bergamo, da oggi pomeriggio fino a tutto il 28.

Perché questa strage si poteva e si doveva evitare. Prima di tutto, se il profitto non fosse stato anteposto alle nostre vite (a cominciare dalla vicenda della Val Seriana) e se per anni non si fosse tagliata la sanità pubblica per quella privata. Quello che vogliamo è che ciò che è accaduto abbia dei responsabili, di fronte alla storia prima ancora che in tribunale, e si possa un giorno poter dire MAI PIÙ!

Restituendo alla sanità pubblica e ai presidi medici territoriali quanto è stato tolto negli ultimi anni.

Mettendo in discussione i finanziamenti alla sanità privata.

Imponendo che le nostre vite vengano prima del profitto di pochi.

Impedendo che lavoratori e lavoratrici vengano mandati al massacro a mani nude.

Non permettendo più che una intera generalzione di anziani sia abbandonata a se stessa.

E ripensando la società stessa per non rassegnarci a questa cappa di smog e inquinamento che probabilmente ha facilitato la trasmissione del virus.

E, infine, costruendo un mondo in cui non possa più accadere di avere centri commerciali aperti e scuole chiuse.

Sono tutti problemi che abbiamo sempre denunciato ma che durante l’emergenza sono letteralmente esplosi e hanno fatto la differenza tra una epidemia e una vera e propria strage, stravolgendo le vite di tutti, anche di quelli che questi problemi non se li erano mai posti o non ritenevano fossero importanti nelle loro esistenze.

Staremo qui, giorno e notte, aspettando il Presidente della Repubblica. Abbiamo chiesto di parlare con lui. In realtà non ci aspettiamo risposte, ma vogliamo che senta in qualche modo la nostra verità, perché dirla a lui significa dirla a tanti. Soprattutto speriamo che le parole che verranno dette e raccontate a questo microfono da questo presidio arrivino alle tante ragazze e ragazzi, giovani e giovanissimi, che per la prima volta nella loro vita hanno toccato con mano cosa significa vivere in un sistema profondamente ingiusto

Aspetteremo qui due giorni, giorno e notte. Penso che abbiamo la responsabilità di provarci e soprattutto penso che ne valga la pena. Anche per questo ho deciso che aspetterò che arrivi il Presidente in sciopero della fame.

Voglio dire una cosa, soprattutto alle mie compagne #RIBelle, perché so quanto, soprattutto loro, quotidianamente si prendano cura di me. Non vi preoccupate neanche un minuto per me, perché la mia dottoressa verrà al presidio a controllare. E poi perché ne sono convinta e non sarò sola.

Lo sciopero della fame non è un gesto di disperazione ma di ribellione. Non sono disperata ma arrabbiata. E come femminista, rivendico, come sempre, il partire da noi stesse, dalle nostre vite e dai nostri corpi. E credo che ci siano momenti in cui sono proprio i nostri corpi a rifiutarsi di obbedire a un sistema profondamente ingiusto e non vedono altra via per farsi ascoltare che ricorrere al sacrificio di una parte vitale di sé. Mai come ora mi pare di aver vissuto sulla mia e sulla nostra pelle una profonda e radicata ingiustizia.

Se potete, passate al presidio per salutarci e sostenerci. Soprattutto per raccontare questi mesi. Fino al 28 mi trovate lì, insieme a tante e tanti altri, in piazza Matteotti a Bergamo.

Eliana Como

Il sindacato è un’altra cosa, Area della Cgil

27/6/2020

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