• Archivio Lavoro & Salute
  • Medicina Democratica
Log in
Close
Lost your password?
Lavoro & Salute – Blog
Visita Rifondazione.it
  • Home
  • Archivio
    • Cronache Politiche
    • Cronache Sociali
    • Comitati di Lotta
    • Cronache di Lavoro
    • Cronache Sindacali
    • Movimenti di Liberazione
    • Altra Informazione
  • Sito LeS Cartaceo
  • Editoriali
  • Annali
  • Altro Blog
SFOGLIA IL GIORNALE INTERATTIVO
Chi è interessato a scrivere e distribuire la rivìsta nel suo posto di lavoro, o pubblicare una propria edizione territoriale di Lavoro e Salute, scriva a info@lavoroesalute.org Distribuito gratuitamente da 38 anni. A cura di operatori e operatrici della sanità. Finanziato dai promotori con il contributo dei lettori. Tutti i numeri in pdf www.lavoroesalute.org

  •  Seguici su Facebook Lavoro E Salute
  •  Seguimi su FacebookFranco Cilenti
Visita Medicina Democratica

LA RIVISTA NAZIONALE
MEDICINA DEMOCRATICA


Rifondazione Due per mille

Rifondazione Due per mille

Su La Testa – Argomenti per la rifondazione comunista

Su La Testa - Argomenti per la rifondazione comunista

Su La Testa - Argomenti per la rifondazione comunista

Sinistra Europea

Visita Sinistra Europea
Free Palestine
  • Intifada
  • OLP
  • Free Palestine FB Page

Blog Lavoro e Salute – Categorie

  • Ambiente e salute (2.353)
  • Blog (12.475)
    • Altra Informazione (10.749)
    • Comitati di Lotta (9.755)
    • Cronache di Lavoro (8.639)
    • Cronache Politiche (10.842)
    • Cronache Sindacali (7.878)
    • Cronache Sinistra Europea (9.081)
    • Cronache Sociali (10.721)
    • Culture (7.963)
    • Editoria Libera (6.359)
    • Movimenti di Liberazione (826)
    • Politiche di Rifondazione (10.172)
    • Storia e Lotte (7.067)
  • cronache sindacali (54)
  • Internazionale (2.056)
  • lavoratrici (31)
  • OSS sanità (11)
  • sanità e salute (5.097)
  • servizio sanitario privato (55)
  • sicurezza lavoro (1.705)
  • Uncategorized (101)

Archivio Settimanale

  • Gennaio 30, 2023–Febbraio 5, 2023
  • Gennaio 23, 2023–Gennaio 29, 2023
  • Gennaio 16, 2023–Gennaio 22, 2023
  • Gennaio 9, 2023–Gennaio 15, 2023
  • Gennaio 2, 2023–Gennaio 8, 2023
  • Dicembre 26, 2022–Gennaio 1, 2023
  • Dicembre 26, 2022–Gennaio 1, 2023
  • Dicembre 19, 2022–Dicembre 25, 2022
  • Dicembre 12, 2022–Dicembre 18, 2022
  • Dicembre 5, 2022–Dicembre 11, 2022
  • Novembre 28, 2022–Dicembre 4, 2022
  • Novembre 21, 2022–Novembre 27, 2022
  • Novembre 14, 2022–Novembre 20, 2022
  • Novembre 7, 2022–Novembre 13, 2022
  • Ottobre 31, 2022–Novembre 6, 2022

Archivio Mensile

  • Gennaio 2023 (207)
  • Dicembre 2022 (169)
  • Novembre 2022 (193)
  • Ottobre 2022 (178)
  • Settembre 2022 (155)
  • Agosto 2022 (110)
  • Luglio 2022 (171)
  • Giugno 2022 (152)
  • Maggio 2022 (156)
  • Aprile 2022 (148)
  • Marzo 2022 (204)
  • Febbraio 2022 (178)
  • Gennaio 2022 (202)
  • Dicembre 2021 (210)
  • Novembre 2021 (181)
  • Ottobre 2021 (152)
  • Settembre 2021 (144)
  • Agosto 2021 (68)
  • Luglio 2021 (180)
  • Giugno 2021 (167)
  • Maggio 2021 (192)
  • Aprile 2021 (219)
  • Marzo 2021 (200)
  • Febbraio 2021 (174)
  • Gennaio 2021 (203)
  • Dicembre 2020 (211)
  • Novembre 2020 (205)
  • Ottobre 2020 (192)
  • Settembre 2020 (149)
  • Agosto 2020 (124)
  • Luglio 2020 (184)
  • Giugno 2020 (123)
  • Maggio 2020 (135)
  • Aprile 2020 (166)
  • Marzo 2020 (221)
  • Febbraio 2020 (161)
  • Gennaio 2020 (148)
  • Dicembre 2019 (143)
  • Novembre 2019 (127)
  • Ottobre 2019 (113)
  • Settembre 2019 (114)
  • Agosto 2019 (83)
  • Luglio 2019 (116)
  • Giugno 2019 (103)
  • Maggio 2019 (120)
  • Aprile 2019 (107)
  • Marzo 2019 (114)
  • Febbraio 2019 (111)
  • Gennaio 2019 (106)
  • Dicembre 2018 (117)
  • Novembre 2018 (100)
  • Ottobre 2018 (112)
  • Settembre 2018 (99)
  • Agosto 2018 (91)
  • Luglio 2018 (104)
  • Giugno 2018 (102)
  • Maggio 2018 (103)
  • Aprile 2018 (96)
  • Marzo 2018 (108)
  • Febbraio 2018 (98)
  • Gennaio 2018 (86)
  • Dicembre 2017 (81)
  • Novembre 2017 (100)
  • Ottobre 2017 (98)
  • Settembre 2017 (73)
  • Agosto 2017 (50)
  • Luglio 2017 (115)
  • Giugno 2017 (100)
  • Maggio 2017 (94)
  • Aprile 2017 (108)
  • Marzo 2017 (112)
  • Febbraio 2017 (139)
  • Gennaio 2017 (126)
  • Dicembre 2016 (109)
  • Novembre 2016 (94)
  • Ottobre 2016 (97)
  • Settembre 2016 (66)
  • Agosto 2016 (37)
  • Luglio 2016 (82)
  • Giugno 2016 (76)
  • Maggio 2016 (65)
  • Aprile 2016 (78)
  • Marzo 2016 (67)
  • Febbraio 2016 (71)
  • Gennaio 2016 (71)
  • Dicembre 2015 (87)
  • Novembre 2015 (90)
  • Ottobre 2015 (91)
  • Settembre 2015 (64)
  • Agosto 2015 (28)
  • Luglio 2015 (71)
  • Giugno 2015 (69)
  • Maggio 2015 (77)
  • Aprile 2015 (87)
  • Marzo 2015 (96)
  • Febbraio 2015 (105)
  • Gennaio 2015 (107)
  • Dicembre 2014 (101)
  • Novembre 2014 (89)
  • Ottobre 2014 (120)
  • Settembre 2014 (34)
  • Agosto 2014 (18)
  • Luglio 2014 (33)
  • Giugno 2014 (33)
  • Maggio 2014 (29)
  • Aprile 2014 (27)
  • Marzo 2014 (65)
  • Febbraio 2014 (22)
  • Ottobre 2013 (11)

Commenti di Mauro Biani

    Visitatori Blog da Ottobre 2016

    • 120Questo articolo:
    • 2624045Totale letture:
    • 1072926Totale visitatori:
    • 317Ieri:
    • 9229Visitatori per mese in corso:
    • 0Utenti attualmente in linea:
    Altra Informazione, Blog, Comitati di Lotta, Cronache di Lavoro, Cronache Politiche, Cronache Sindacali, Cronache Sinistra Europea, Cronache Sociali, Culture, Politiche di Rifondazione, sanità e salute, Storia e Lotte — Aprile 19, 2020 7:52 am

    La lotta per una patrimoniale giusta è una necessità, un dovere politico. Per poter condurre questa lotta in maniera coerente e non solo testimoniale, siamo però costretti a muoverci oltre i confini del possibile che ci sono imposti dall’Unione europea.

    La giusta patrimoniale e i suoi nemici

    Pubblicato da franco.cilenti

    Siamo ancora nel pieno della tempesta, con l’emergenza sanitaria che continua a mordere. Ma problemi almeno altrettanto drammatici sono all’orizzonte, poiché si apre una fase di crisi economica in cui serviranno tantissime risorse per finanziare le misure di sostegno al reddito, di supporto all’occupazione e di rilancio dell’economia necessarie ad evitare un disastro sociale. Una domanda sorge spontanea: come paghiamo il conto e chi lo deve pagare? Una delle possibilità ventilate è quella di un’imposta patrimoniale. Ma questa opzione è davvero possibile dentro il quadro istituzionale europeo? Cerchiamo di capirci qualcosa.

    Un’imposta patrimoniale è una tassa che colpisce non il reddito delle persone, bensì la loro ricchezza accumulata. L’idea è quella di prendere i soldi lì dove stanno, nelle tasche dei ricchi, anziché sbattere il muso sul muro di gomma che le istituzioni europee hanno posto alla possibilità di ricorrere alla leva del debito. La patrimoniale viene dipinta come la soluzione ideale per risolvere una vera e propria emergenza, evitando di scontrarci con i problemi sistemici che ci impongono dall’alto la scarsità delle risorse: sfuggire al ricatto del debito evitando di contrarre debito, e andando a prendere quelle risorse, in tempi brevissimi, direttamente a casa dei ricchi, o meglio sul loro conto in banca. Un’opzione che avrebbe il doppio effetto positivo di supplire al fabbisogno finanziario necessario e, allo stesso tempo, praticare una redistribuzione delle risorse dall’alto al basso: un potente strumento di gettito fiscale immediato e, contemporaneamente, di giustizia sociale.

    Purtroppo, i ricchi sono ricchi anche perché non si lasciano prendere così facilmente e, come ci insegna anche la storia recente del nostro Paese, le imposte patrimoniali implementate fino ad oggi sono ricadute regolarmente sulla testa della classe lavoratrice. Proveremo a spiegare che ciò avverrebbe verosimilmente anche in questo frangente, e principalmente in virtù della particolare architettura istituzionale dell’Unione Europea. Insomma, come vedremo, l’idea della patrimoniale disegnata per colpire i ricchi si scontra con una cornice istituzionale che è stata costruita esattamente per mettere i ricchi al riparo da qualsiasi rivendicazione: se vogliamo promuovere una giusta patrimoniale, capace di redistribuire risorse dall’alto verso il basso, non possiamo esimerci dal chiamare in causa i massimi sistemi, cioè quei Trattati europei che appaiono oggi, nel dramma dell’epidemia, come una vera e propria camicia di forza imposta al corpo sociale.

    Una giusta patrimoniale è un’imposta disegnata in modo da colpire i grandi patrimoni, perché opererebbe una redistribuzione del reddito, sottraendo risorse ai grandi proprietari e restituendole alla collettività attraverso opere e servizi pubblici, a partire dalla sanità.

    La ricchezza netta presente in Italia ammonta a 9.300 miliardi di euro, circa quattro volte il debito pubblico del Paese. Questa ricchezza si può suddividere in due categorie principali: la ricchezza finanziaria, consistente in denaro depositato su conti correnti, azioni e obbligazioni, che ammonta a circa 4.300 miliardi di euro; e la ricchezza non finanziaria, essenzialmente patrimonio immobiliare, che rappresenta i restanti 5.000 miliardi. Per immaginare una giusta patrimoniale dobbiamo analizzare la distribuzione di questa ricchezza, perché vogliamo levare ai ricchi per dare ai poveri, e non possiamo permetterci di colpire quel briciolo di ricchezza diffusa tra la classe lavoratrice. Un recente Rapport Oxfam sulle disuguaglianze mette in luce un dato inequivocabile: il 10% più ricco della popolazione detiene più della metà di quella ricchezza. Questo significa che la ricchezza nel nostro Paese è pesantemente concentrata nelle tasche di una classe agiata, e dunque esiste un potenziale, circoscritto bersaglio di una giusta patrimoniale. La base imponibile di tale patrimoniale, cioè il patrimonio di questa classe agiata, ammonterebbe a circa 5.000 miliardi di euro. Concentriamoci, in quanto segue, sulla sola parte finanziaria di questa ricchezza, pari a circa 2.000 miliardi di euro tra denaro e titoli: si tratta di quella quota del patrimonio che è già liquida o è immediatamente liquidabile, e dunque è idonea a fornire una fonte di gettito fiscale immediato e certo. Al contrario, il coinvolgimento del patrimonio immobiliare appare molto più farraginoso, perché il valore degli immobili non è immediatamente aggredibile: non si può pagare l’imposta con il patrimonio stesso, e dunque può essere necessario prima liquidare, cioè vendere quel patrimonio, e questo potrebbe generare una serie di ricadute economiche negative, con la corsa alla svendita da parte dei grandi proprietari, lo scoppio di una bolla immobiliare che danneggerebbe anche i piccoli proprietari di prime case ed infine il rischio di una successiva maggiore concentrazione del patrimonio immobiliare (con le grandi banche pronte, passata la patrimoniale, a fare incetta di immobili svalutati, mentre le famiglie che hanno contratto un mutuo si troverebbero tra le mani una casa dal prezzo sensibilmente inferiore al valore del debito). Dunque, guardiamo a quei 2.000 miliardi di conti correnti e titoli di proprietà del 10% più ricco del Paese, che appaiono immediatamente aggredibili, e chiediamoci: come andarli a prendere?

    Nel rispondere a questa domanda, ci renderemo conto che una giusta patrimoniale appare impraticabile dentro all’Unione europea, perché la libertà di movimento dei capitali, uno dei pilastri del processo di integrazione europea, consente alla grande maggioranza di quei patrimoni di sfuggire a qualsiasi tentativo di redistribuzione della ricchezza operato tramite la leva fiscale. L’impalcatura ideologica dell’Unione europea vuole che i capitali siano liberi di muoversi, poiché poggia sull’idea che solo il libero agire delle forze di mercato possa condurre alla migliore allocazione delle risorse, generando crescita e benessere. Dietro questa patina di teoria economica dominante si cela l’interesse del capitale a muoversi liberamente per cercare gli impieghi più profittevoli e fuggire qualsiasi forma di tassazione. Se dunque ci proponessimo di imporre una patrimoniale capace di colpire i più ricchi, saremmo praticamente certi di arrivare ai loro conti quando i buoi sono già usciti, diretti magari non verso località esotiche, ma verso i porti certi dei paradisi fiscali interni all’Unione europea quali il Lussemburgo, l’Olanda o l’Irlanda, Paesi che hanno incentrato il loro equilibrio economico sul continuo afflusso di capitali esteri attratti proprio dal trattamento favorevole garantito alle grandi ricchezze finanziarie.

    Viviamo in un’epoca in cui basta un click per spostare milioni di euro da un capo all’altro del pianeta: una persona qualsiasi può, in pochi minuti, aprire un conto corrente in qualsiasi Paese del mondo e trasferirvi il proprio denaro. Tuttavia, ciò non basterebbe ad eludere l’imposta, dal momento che il fisco colpisce chiunque abbia la residenza fiscale in Italia: la persona qualsiasi di cui sopra si sarebbe liberata del malloppo senza modificare la base fiscale, procedura articolata e complessa che impone di fornire prove circa il trasferimento all’estero del proprio baricentro economico o sociale (lavoro, impresa, famiglia). Una strada davvero impervia per una persona qualsiasi, appunto, ma il problema è che noi non stiamo parlando di persone qualsiasi, bensì delle circa 2,5 milioni di famiglie più ricche d’Italia, che hanno – solo per la parte finanziaria, cioè pur escludendo oltre metà del loro patrimonio, costituito da beni immobili – una media di 800.000 euro tra conti correnti e titoli azionari e obbligazionari (dati Banca d’Italia). Bene, a meno di credere che queste persone abbiano vinto tutte la lotteria, o abbiano accumulato pian piano questi risparmi con umili lavoretti – cioè a meno di credere alle favolette borghesi che le classi agiate amano raccontare – è del tutto evidente che stiamo parlando, per la grande maggioranza, di persone radicate nel mondo degli affari, e dunque già abbondantemente inserite in una fitta rete di società estere, holdings e altre complesse forme di schermatura del patrimonio che sono l’ecosistema naturale delle grandi ricchezze. Anche assumendo che una piccola parte di queste famiglie danarose sia rappresentata da risparmiatori particolarmente ‘fortunati’ e poco avvezzi a manovre finanziarie, e non quindi da speculatori e squali pronti a sguazzare alla ricerca di paradisi fiscali, non si tratterà in generale di persone qualsiasi. A loro basterà davvero un click per trasferire fondi da uno dei loro conti, aperto in Italia, ad una società lussemburghese a loro collegata. Giusto per fare un esempio, la cassaforte della famiglia Agnelli è una società olandese denominata Giovanni Agnelli BV, una scatola (asset mangement company) che controlla la holding Exor, che a sua volta controlla FCA, Ferrari e decine di altre imprese e fondi di investimento, anch’essi ramificati in nodi societari distribuiti in Europa e nel mondo. Non appena si profilasse all’orizzonte l’ipotesi di un’imposta patrimoniale, pensate che gli Agnelli in persona dovranno mettersi a spostare la loro residenza fiscale altrove? Evidentemente no, gli basterà muovere le loro ricchezze da una scatola societaria all’altra in modo da eludere l’imposizione fiscale.

    Insomma, i veri ricchi non hanno bisogno di imbarcarsi su un cargo battente bandiera liberiana per sfuggire al fisco: il loro capitale ha già una rete di conti e società più o meno fittizie su cui muoversi alla velocità di un click per eludere qualsiasi tipo di imposizione patrimoniale. Pertanto, la stragrande maggioranza di quelli che vorremmo raggiungere con la giusta patrimoniale e che si trovano al di sopra della parte più bassa della piramide dei ricchi sono esattamente gli unici ad avere i mezzi necessari a schivare il colpo. La loro ricchezza, cioè proprio l’obiettivo su cui è puntata l’imposta, è essa stessa la chiave per eludere il fisco senza alcun ostacolo. Si tratta di una chiave capace di aprire tutte le porte?

    La risposta a questa domanda chiama in causa il contesto entro cui è organizzata la nostra economia. Infatti, la possibilità di eludere l’imposta patrimoniale dipende in maniera cruciale dall’assenza di qualsiasi limite al movimento dei capitali. I ricchi avranno pure la loro rete di conti esteri, ma la possibilità di portare il denaro fuori dall’Italia verso una di quelle destinazioni dipende dalla cornice di libera circolazione dei capitali che è stata definitivamente sancita, nel nostro Paese, con il Trattato di Maastricht (1992), dopo un percorso già definito e avviato all’inizio degli anni ’80.

    Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) fornisce la disciplina di dettaglio, e prevede esplicitamente, all’art. 63, il divieto di qualsiasi restrizione alla libera circolazione dei capitali e ai pagamenti internazionali, una regola accompagnata da alcune eccezioni specificate nel successivo art. 65. Proviamo a capire se tali eccezioni forniscono agli stati strumenti utili ad impedire che i grandi patrimoni sfuggano ad un’imposta patrimoniale.

    La prima deroga alla libera circolazione dei capitali è prevista al comma 1, lettera a), laddove si consente agli Stati membri “di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale”. Partiamo male, insomma, perché questa norma serve esattamente agli scopi opposti rispetto a quelli che ci interessano: garantisce infatti “agli Stati membri la possibilità di praticare una tassazione agevolata per i non residenti al fine di favorire l’afflusso nei loro territori di capitali provenienti dall’estero”. In pratica, la norma stabilisce la legittimità dei regimi fiscali agevolati per non residenti che hanno garantito a Paesi come il Regno Unito, l’Irlanda e l’Olanda ingenti flussi di capitali esteri.

    La seconda deroga è contenuta, sempre al comma 1 dell’art. 65 del TFUE, nella successiva lettera b), e ci dice che sono consentite “tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza”. Sono individuate dunque due distinte fattispecie entro cui appare possibile bloccare il movimento dei capitali: i casi di “violazione” di leggi nazionali – e qui si cita esplicitamente il settore fiscale – ed i casi in cui venga compromesso l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza.

    Il primo caso, nonostante le apparenze, non ci aiuta in alcun modo, perché colpisce solamente quei movimenti di capitale operati per violare la normativa fiscale, cioè per evadere le tasse. Vale qui la pena ricordare quale sia la distinzione tra evasione ed elusione fiscale: sono entrambi metodi per sfuggire al fisco, ma mentre l’evasione passa per la violazione delle leggi, l’elusione si muove sul crinale della legalità, consistendo in tutte quelle manovre che sfruttano le pieghe della legge per sottrarre base imponibile al fisco. Ecco, i Trattati europei ci dicono che possiamo fermare i capitali che stanno fuggendo dopo essere stati dichiarati base imponibile, cioè dopo essere stati oggetto di un’obbligazione a pagare. Ma la stragrande maggioranza dei nostri ricchi, veri gentleman che non vogliono certo sporcarsi la reputazione, si muovono più che agevolmente dentro alle regole, e hanno tutti gli strumenti per spostare il denaro in maniera perfettamente legittima e ben prima che arrivi la cartella del fisco. I grandi patrimoni finanziari tagliano la corda non appena sentono l’odore di una patrimoniale in lontananza. Si pensi che tra il giugno 2011 e il giungo 2012, cioè quando l’Italia fu investita dalla crisi del debito pubblico che portò al Governo tecnico presieduto da Mario Monti, il Fondo Monetario Internazionale ha stimato un deflusso di capitali dall’Italia pari a circa il 15% del Pil, circa 235 miliardi di euro: non si trattava certo di un governo socialista, ma bastarono un dibattito su una Mini-Patrimoniale pari all’1 per mille della ricchezza finanziaria e sentori di instabilità finanziaria per dare il via alla fuga. Immaginatevi cosa potrebbe accadere se si parlasse dell’1 per cento, o addirittura di un’aliquota più alta, quale quella che ci piacerebbe poter introdurre per operare un po’ di sana redistribuzione dei redditi.

    Per questo, i movimenti di capitali che vorremmo bloccare noi non rientrano nella prima fattispecie del comma 1, lettera b) dell’art. 65 del TFUE, ma si muovono agevolmente dentro al quadro normativo europeo, anche perché spesso e volentieri assumono la veste di investimenti diretti esteri (IDE). Questi sono investimenti volti all’acquisizione di partecipazioni ‘durevoli’ (di controllo) in un’impresa estera o alla costituzione di una filiale all’estero, che comporti un certo grado di coinvolgimento dell’investitore nella direzione e nella gestione dell’impresa partecipata o costituita. Nella maggior parte dei casi, gli IDE sono destinati alla costituzione di holding companies nei paradisi fiscali: nessun investimento in una reale attività industriale, ma mere scappatoie per i patrimoni in fuga dal fisco. Prendiamo un dato che vale più di mille parole: le statistiche di Banca d’Italia mostrano come Lussemburgo, Olanda e Regno Unito siano le mete preferite dei capitali in uscita dal nostro Paese. Nel 2018 lo stock di investimenti diretti era pari a 48 miliardi verso il Lussemburgo, 73 miliardi verso l’Olanda contro soltanto 32 miliardi diretti negli Stati Uniti. Pensate forse che il Lussemburgo o l’Olanda abbiano una struttura produttiva capace di attrarre più investimenti produttivi degli Stati Uniti? Ovviamente, dietro agli IDE si celano meri trasferimenti di fondi, tutt’altro che investimenti produttivi: le autostrade create dall’Unione europea per far viaggiare i capitali in libertà hanno molte corsie e non ammettono ostacoli agli interessi dei più ricchi.

    Per quanto riguarda l’ultima deroga, si parla dei casi in cui sia compromessa la pubblica sicurezza o l’ordine pubblico. Si tratta di una fattispecie creata per arginare i movimenti di denaro delle organizzazioni terroristiche e criminali, oppure per tutelare la stabilità finanziaria di un Paese (e dunque dell’intera Unione monetaria, in virtù delle forti interconnessioni tra le economie), come è avvenuto nei casi di Grecia e Cipro. Nulla che possa favorire l’applicazione di una giusta patrimoniale.

    In sintesi, i capitali in fuga dalla patrimoniale non starebbero violando alcuna legge, né starebbero compromettendo l’ordine pubblico o la sicurezza pubblica, e quindi avrebbero – come sempre è avvenuto – il semaforo verde da parte delle istituzioni europee.

    Eccoci giunti alla conclusione che, purtroppo, nessuna patrimoniale giusta, come nessuna forma di sostanziale redistribuzione, è possibile nel contesto di libera circolazione dei capitali imposto dai Trattati europei. Tornando all’oggi, promuovere l’introduzione di un’imposta patrimoniale per raccogliere le risorse necessarie e fronteggiare l’epidemia è un nobile segnale del desiderio di provare ad invertire una tendenza che vede la ricchezza concentrarsi sempre di più nelle mani dei pochi. Rischia, tuttavia, di essere poco più che una lodevole enunciazione di principi, a causa dell’architettura istituzionale dell’Unione europea: se opportunamente disegnata in modo tale da colpire solo i ricchi, l’imposta finirebbe per raccogliere poco o nulla a fronte di una rapida ma ordinata fuga dei capitali. Per questa ragione, è altamente probabile che si opti per una patrimoniale ben diversa da quella che sogniamo, e cioè per la solita patrimoniale che ricade sulla testa dei lavoratori, sulla quota di ricchezza diffusa tra i piccoli e piccolissimi risparmiatori, quelli che non hanno i mezzi per eludere il fisco. Lavoratori e pensionati che pagano il conto della crisi: è la ricetta dei nostri nemici, non ci stupiamo se il PD la mette sul tavolo, ma evitiamo di portare acqua a quel mulino.

    La lotta per una patrimoniale giusta è una necessità, un dovere politico. Per poter condurre questa lotta in maniera coerente e non solo testimoniale, siamo però costretti a muoverci oltre i confini del possibile che ci sono imposti dall’Unione europea. Siamo costretti a mettere in discussione i Trattati, la libera circolazione del capitale e tutti i vincoli che impediscono ai lavoratori di ambire ad una vita migliore.

    Coniare Rivolta

    Collettivo di economisti

    17/4/2020 https://coniarerivolta.org

    Tags: capitale capitali circolazione Coronavirus Covid-19 Crisi governo libera circolazione mobilità dei capitali Paolo Ferrero patrimoni patrimoniale PD poveri ricchi rifondazione comunista soldi tassa tassare tasse
    • Condividi questo post:
    • Facebook
    • Twitter
    • Delicious
    • Digg
    Autore: franco.cilenti
    © Copyright 2023 — Lavoro & Salute – Blog. All Rights Reserved - Created by Pep Web - Privacy Policy
    blog-lavoroesalute.org è un blog collettivo di giornalisti e di autori e non una testata giornalistica. Il suo aggiornamento è infatti senza periodicità. blog-lavoroesalute.org non è quindi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. I contenuti e le opinioni di blog-lavoroesalute.org devono per questo motivo essere considerati espressione esclusiva di chi ne è autore e, in ogni senso, sotto la sua individuale e personale responsabilità. I contributi multimediali utilizzati da blog-lavoroesalute.org- testi, foto, video, audio e grafiche - se non di produzione o di proprietà dei giornalisti e degli autori o concessi esplicitamente da autori terzi o dalle persone ritratte, sono di pubblico dominio perché, ove possibile, offerti dalla rete e trattati, in relazione alle loro opzioni di riproduzione o elaborazione, come contenuti di blog-lavoroesalute.org, nel rispetto dei 6 livelli di tutela dell’autorialità previsti dalla versione inglese e dalle bozze italiane del CCPL 4.0 per la gestione della pubblicazione e della elaborazione di Creative Commons. Se gli autori o i soggetti ritratti o riprodotti fossero contrari, nella forma utilizzata o in assoluto, alla pubblicazione su blog-lavoroesalute.org di contenuti che li riguardano, hanno facoltà di inviare una segnalazione a blog-lavoroesalute.org per la loro correzione, in ogni modo indicato, o per la loro rimozione, con il diritto di stabilire la rilevanza della eventuale rettifica, compreso anche quanto pubblicato sui social-network. Ogni contribuzione volontaria o entrata pubblicitaria ricevuta da blog-lavoroesalute.org è esclusivamente funzionale al suo mantenimento.
    Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Cliccando sul tasto o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.
    Accetto
    Privacy & Cookies Policy

    Privacy Overview

    This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
    Necessary
    Sempre abilitato
    Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
    Non-necessary
    Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
    ACCETTA E SALVA