La Monsanto dichiara guerra all’Oms sulla pericolosità del glisofato e bara anche sulla classificazione.

È guerra tra la multinazionale Monsanto e l’Organizzazione mondiale della sanità, dopo l’annuncio dell’inclusione del glifosato, un diserbante di cui la società possedeva il brevetto fino al 2001, tra le sostanze classificate come probabilmente cancerogene. La decisione è arrivata negli scorsi giorni, con la pubblicazione di uno studio dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) (presente per ora anche su Scribd), un panel di esperti che valuta per conto dell’Oms le conoscenze scientifiche disponibili sui rischi che una determinata sostanza possa provocare l’insorgenza di tumori.

Il glifosato è un cosiddetto erbicida totale, ovvero un diserbante non selettivo, sviluppato dalla Monsanto, che ne ha detenuto il brevetto fino al 2001. Oggi è commercializzato da diverse aziende, tra cui proprio la Monsanto, che continua a venderlo sotto il nome commerciale di Roundup. Secondo le stime dello Iarc, sarebbe contenuto in almeno 750 prodotti disponibili nel mondo, e la sua presenza nelle zone agricole è riscontrabile non solo nel suolo, ma anche nell’atmosfera, nell’acqua e nel cibo.

Le vendite del glifosato (già estremamente alte) sarebbero inoltre in aumento negli ultimi anni grazie al diffuso utilizzo negli Stati Uniti di colture ogm resistenti a questa sostanza, e oggi rappresenta una buona fetta degli utili annuali della Monsanto.

L’analisi dello Iarc ha valutato gli studi esistenti sull’associazione tra esposizione al glifosato e l’insorgenza di tumori nell’uomo, e quelli svolti su animali e cellule per verificarne la sicurezza. Le ricerche svolte sull’uomo non avrebbero prodotto risultati che confermino la presenza di rischi apprezzabili, se non in tre studi che avrebbe evidenziato un piccolo aumento di incidenza di linfomi non Hodgkin tra gli agricoltori statunitensi, canadesi e svedesi. Per questo, nello studio dello Iarc, le prove di carcinogenicità sull’uomo (così come quelle sugli animali) vengono definite limitate.

Dati più preoccupanti arriverebbero però dagli studi di laboratorio, da cui emergerebbe che il glifosato induce nelle cellule danni a livello genetico e stress ossidativo, entrambi fattori di rischio importanti per lo sviluppo di tumori. Per questo, lo Iarc ha deciso di inserire il glifosato tra le sostanze classificate come 2A, ovvero probabilmente carcinogene.

La risposta della Monsanto ovviamente non si è fatta attendere. In una dichiarazione, la società americana ha replicato assicurando che: “Tutti gli utilizzi indicati del glifosato sono sicuri per l’uomo e certificati dal più ampio database mai compilato per gli effetti di un prodotto agricolo sulla salute umana. In effetti, ogni diserbante contenente glifosato presente sul mercato aderisce i rigorosi standard decisi dalle agenzie regolatori e dalle autorità sanitarie per proteggere al salute umana”.

A supporto della sicurezza del glifosato, Monsanto cita diversi studi (il più recente svolto in Germania) che non avrebbero evidenziato un collegamento tra la sostanza e lo sviluppo di patologie tumorali, e ricorda come nessuna agenzia regolatoria abbia stabilito la presenza di rischi per la salute.

Entrando nel merito della decisione dello Iarc, l’azienda americana ricorda inoltre che la classificazione nel gruppo 2 non comporti la prova di un legame tra la sostanza e i tumori. Di questo gruppo farebbero infatti parte anche il caffè, le verdure sottaceto, l’aloe vera e i cellulari. In questo caso però va sottolineato che l’affermazione di Monstanto non è del tutto corretta, perché le sostanze citate nella risposta fanno parte della classificazione 2B, ovvero sostanze che “potrebbero” essere carcinogene, mentre il glifosato è stato inserito tra le 2A, cioè sostanza “probabilmente” carcinogene.

Simone Valesini

24/3/2015 www.wired.it/

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