Libri & Conflitti. Il “miracolo” economico italiano è stato in realtà un disastro. Dietro la favola della crescita e del progresso si è nascosto un sistema industriale che ha avvelenato un Paese intero. La maggior parte della superficie nazionale, insieme alle persone che la abitano, è stata svenduta al profitto, con la complicità della politica. Oggi, che l?Italia non può più ignorare il prezzo troppo caro in termini di vite umane che ha versato e continua a versare, anche le bonifiche si rivelano un grande business. Da Taranto a Napoli, da Rosignano a Brescia, passando per il Lazio e la Sicilia, il libro ripercorre la genesi del fenomeno biocidio che sta uccidendo il Belpaese. E delle comunità che hanno scelto di ribellarsi.

L’estratto da IL PAESE DEI VELENI (BIOCIDIO, VIAGGIO NELL’ITALIA CONTAMINATA)

DI VELENI SI MUORE

Se il territorio si ammala e la cura, ovvero le bonifiche, si trasforma nell’ennesimo grande affare che non produce risultati concreti, a pagare il prezzo più alto sono le persone che abitano, respirano, mangiano, bevono e vivono su quei territori. L’Italia è un paese gravemente inquinato e le bonifiche registrano, laddove siano state progettate, un gravissimo ritardo. Da Nord a Sud le aree contaminate dalla presenza di attività industriali, dai postumi di attività inquinanti ormai dismesse o preda del traffico illecito di rifiuti speciali, diventano dei veri e propri laboratori di cancerogenesi a cielo aperto. Tecnicamente sono neoplasie. Più notoriamente conosciute come tumori. Dalla laringe ai polmoni, dalla prostata al fegato ed al pancreas, i nostri organi subiscono la violenza devastante di una vera e proprie epidemia, conseguenza di un’industrializzazione spinta e incontrollata. Una realtà il più delle volte taciuta. Nonostante gli studi di medici indipendenti, molto spesso è stato lo stesso Istituto Superiore di Sanità a minimizzare i fenomeni. In alcuni casi l’opinione pubblica diventa complice del silenzio. Raccontare la drammaticità dei dati per mortalità tumorale di alcune zone, in Campania, in Puglia, in Sardegna, in Lombardia o in Veneto, senza dubbio rischia di costruire un’immagine negativa di quel territorio. Ma al tempo stesso tacere significa nascondere un dramma che quotidianamente impone un prezzo impressionante, in termini di vite umane. Ci sono voluti tanti, troppi studi per arrivare a portare appena in superficie l’emergenza sanitaria che investe gran parte dell’Italia. Molti studi sono giunti a conclusioni incredibili. È il caso, ad esempio, dello studio Sebiorec, sullo stato di salute dei cittadini campani, pubblicato nel 2010 a cura dell’Istituto Superiore di Sanità. Lo studio, da un lato rivelò che in siti come la discarica di Pianura a Napoli non era stato possibile effettuare i rilievi perché le sonde calate nelle strane fumarole tossiche provenienti dal sottosuolo venivano liquefatte dal calore, dall’altro stabilì che i cittadini campani non avessero nulla di cui preoccuparsi.L’Italia è il Paese del “complottismo” sfrenato. Spesso anche esponenti politici tutt’altro che marginali si lasciano andare ad accreditare tesi alquanto fantasiose, alimentando su svariati temi, dall’immigrazione al terrorismo, un allarmismo spesso ingiustificato. Proprio sull’impatto dell’inquinamento sullo stato di salute dei cittadini cala invece un silenzio imbarazzante. A romperlo sono stati alcuni medici coraggiosi e indipendenti, o in altri casi gli stessi studi ministeriali che, sotto la pressione popolare, non possono più nascondere la triste realtà. Nel Paese dei veleni, la mobilitazione dei cittadini, dei comitati, dei movimenti, della società civile, è stata ed è tutt’oggi indispensabile per portare a galla la verità e per rivendicare misure urgenti in difesa della salute e dell’ambiente.

La Campania dei veleni

Donato Greco è un epidemiologo consulente dell’Istituto Superiore di Sanità. Verso la fine del Duemila, Greco è stato ripetutamente inviato in Campania per rassicurare i cittadini sul fatto che la monnezza non facesse male. Ad ogni fase emergenziale, per ognuna delle quali la magistratura ha aperto un’inchiesta e scoperto loschi traffici, Greco girava tutti i talk show, da quelli più impegnati a quelli della domenica pomeriggio: un volto rassicurante. Fosse stato per il ministero della Salute, oggi parleremmo ancora di alcune zone della Campania come di terre rigogliose e fertili e non di zone avvelenate che reclamano una immediata bonifica e sulle quali è in atto un’emergenza sanitaria. Invece è grazie a medici come Antonio Giordano che oggi parliamo di “biocidio”, ovvero il danneggiamento del Dna dei cittadini di alcune zone della Campania, causato dall’inquinamento derivante dallo smaltimento abusivo di rifiuti speciali, che comporta una maggiore facilità a contrarre tumori. Giordano dirige lo Sbarro Insititute for Cancer Research and Molecular Medicine presso la Temple University di Philadelphia, ha ricevuto un finanziamento dal governo degli Stati Uniti di soli 150 mila euro per dimostrare il legame tra sversamento di rifiuti ed aumento dei tumori in Campania. I numeri dello studio di Giordano lasciano senza fiato. Tra Napoli Nord e Caserta Sud c’è un indice di mortalità pari al 9,2% per gli uomini e 12,4% in più per le donne rispetto alla media nazionale.

Eppure subito dopo la presentazione degli studi condotti dal professor Giordano insieme con il dottor Giulio Tarro, l’allora ministro della Salute Renato Balduzzi rispose ad un’interrogazione parlamentare sostenendo che la precoce mortalità dei cittadini di alcune zone della Campania era dovuta ai cattivi stili di vita. In pratica i rifiuti e l’inquinamento, secondo l’ex ministro, non c’entrano nulla: è tutta colpa del fatto che i campani mangiano troppo e fumano troppo. Ignazio Marino del Partito democratico, già presidente della Commissione Sanità al Senato e oggi sindaco di Roma, è stato tra i principali sostenitori delle tesi del professor Giordano. Marino commentò così la presa di posizione di Balduzzi: «Sono affermazioni senza alcun valore scientifico. È evidente che con lo stile di vita dei campani non c’entra nulla lo smaltimento dei rifiuti, la cui gestione spesso è stata affidata alla criminalità».Il quadro dell’emergenza sanitaria in Campania si è arricchito di elementi tanto importanti quanto drammatici. Nell’autunno del 2012 l’Osservatorio oncologico del Comune di Napoli, voluto dal sindaco Luigi de Magistris, ha diffuso i dati sulla mortalità per tumore in città, divise per quartiere. I dati riferiti al decennio 2001-2010 rivelano nella città di Napoli un trend che vede l’aumento di mortalità per tumore di circa il 2% ogni anno. Un dato che ci parla di due decessi per tumore ogni dieci decessi complessivi. Ma mentre emergevano questi dati, i governi Berlusconi e Monti hanno deciso di assumere posizioni minimizzatrici. Balduzzi parlava di stili di vita, mentre Clini non ha mai affrontato l’argomento. C’hanno pensato i comitati ed i movimenti a lanciare una battaglia a tutto campo per la bonifica del territorio e per reclamare con forza il potenziamento di un servizio sanitario che, mentre l’emergenza sanitaria si manifestava in tutta la sua drammaticità, andava progressivamente smantellando ospedali e servizi. È stata ed è la battaglia della Rete Commons, del Coordinamento Comitato Fuochi, dell’Isde e di tanti che si sono battuti perché si conoscesse quella che il nuovo ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, appena insediatosi, non ha potuto che riconoscere come “un’emergenza”.Un’emergenza che riguarda non solo il passato. Spesso infatti si commette l’errore, in Campania come altrove, di inquadrare temporalmente l’azione delle ecomafie al passato. È il giugno del 2013 quando un ingente carico di amianto sbriciolato viene sversato sul trafficatissimo “Asse Mediano”, una sorta di Raccordo anulare che collega Napoli con i comuni della provincia. L’amianto era stato gettato sul manto stradale all’altezza del Comune di Orta di Atella. L’intenso passaggio di auto ha fatto sì che le polveri killer si diffondessero in una zona vastissima. Poche settimane dopo a Caivano, sempre in provincia di Napoli, il corpo della guardia forestale dello Stato ha sequestrato un’area di ben 60 mila metri quadrati tutti coltivati ad ortaggi, principalmente pomodori. Il campo era irrigato con l’acqua proveniente da un pozzo avvelenato da floruri, manganese e toluene, pericoloso solvente talmente corrosivo da non poter essere contenuto in recipienti di plastica.L’azione delle ecomafie è quotidiana. Veleni nei campi, veleni trasportati dal vento e veleni che finiscono anche nelle rotonde delle strade statali come avvenuto a Sessa Aurunca nel basso pontino alla foce del fiume Garigliano, ai confini tra Lazio e Campania. Lì, a poche centinaia di metri dalla ex centrale nucleare del Garigliano, un tratto della statale Appia è stato sequestrato dalla magistratura perché durante i lavori di costruzione di alcune rotonde sulla statale, in un tratto di 400 metri sotto l’asfalto, sarebbero stati sversati rifiuti pericolosi7. Gli eco-criminali dispensano veleni, tutti i giorni.

Andreina Baccaro, 32 anni di Taranto. Giornalista professionista, lavora per il settimanale Wemag. Ha lavorato a L’Unità di Bologna. Nel 2007 ha vinto il premio “Ilaria Alpi Maria Grazia Cutuli” della Camera dei Deputati con la tesi di laurea “Il diritto all’informazione in tempo di guerra”.

Antonio Musella, 32 anni, giornalista ed attivista, reporter del giornale online Fanpage.it e collaboratore del settimanale Left. Ha pubblicato Mi rifiuto (Sensibili alle foglie, 2008, è coautore di Chi comanda Napoli (Castelvecchi, 2012).

Il paese dei veleni (Biocidio, viaggio nell’Italia contaminata)

di Andreina Baccaro e Antonio Musella

robin round edizioni – collana: Fuori rotta – pagine: 120 – isbn: 9788895731964 -prezzo: € 13

Isabella Borghese

16/3/2014 www.controlacrisi.org

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