Non solo Cuba: è l’embargo economico totale che va fermato

Fa discutere la notizia che il governo italiano in sede delle Nazioni Unite abbia votato contro una risoluzione che condannava l’impatto sui diritti umani di sanzioni economiche unilaterali ad alcuni Stati, fra cui Cuba. A colpire è che proprio da Cuba un anno fa sono arrivati per l’Italia, in piena pandemia, i soccorsi dei medici della Brigata Henry Reeves. Ma il tema vero è un altro ed è indipendente dalla nazione che viene colpita dall’embargo economico totale. La vera domanda è: che senso hanno forme di blocco totale che colpiscono la popolazione civile? 

I risultati sono sempre gli stessi. A pagare sono i più vulnerabili. Lo confermano proprio le Nazioni Unite che qualche settimana fa erano in visita in Venezuela, uno dei Paesi colpiti dalle sanzioni. Per la relatrice speciale Alena Douhan le conseguenze sull’intero popolo venezuelano – e in particolare sui più poveri, sulle donne, sui bambini, sugli operatori sanitari, sulle persone con disabilità o malattie croniche e sulle popolazioni indigene – sono devastanti”

Secondo le indagini preliminari di un rapporto che verrà presentato il prossimo settembre, l’embargo è costato al Venezuela la riduzione del 99% delle entrate statali; il deterioramento delle condizioni di lavoro; il collasso dei salari, che nel 2015 si aggiravano tra i 150 e i 500 dollari e che lo scorso anno si attestavano invece tra 1 e 10 dollari; il crollo dei servizi pubblici, compresi quelli idrici ed elettrici; la riduzione dell’accesso ai medicinali e l’aumento dell’insicurezza alimentare.

È stato il direttore della Caritas locale a elencare, invece, gli effetti del blocco in Siria, in concomitanza con il decennale dell’inizio della guerra. Ryad Sargi ha elencato tutti i numeri della crisi siriana. In un Paese che ha contato in dieci anni 388.000 morti, 5,6 milioni di persone che hanno lasciato il Paese, 6,7 milioni di sfollati interni, 2,4 milioni di bambini che non vanno a scuola, 12,4 milioni di persone che non hanno accesso a cibo e riscaldamento, 13,4 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria, “Le sanzioni e l’embargo alla Siria – ha affermato Sargi durante un’iniziativa promossa da Caritas Internationalis – hanno colpito duramente la vita dei cittadini, specialmente i più vulnerabili. I bidoni dell’immondizia nelle strade sono diventati un posto dove cercare cibo. La carne, la frutta e la verdura sono ora un sogno per la maggioranza dei nostri fratelli in patria e si soffre per la mancanza di riscaldamento a causa della scarsità e il costo di combustibile, elettricità e gas. La maggioranza dei siriani trascorre molte ore in coda per il pane, lo zucchero e il riso, o dai benzinai”.

Per Cuba, invece, siamo ormai entrati nel sessantesimo anno di bloqueo, un embargo commerciale, economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti all’indomani della rivoluzione castrista. Dal 1992 le Nazioni Unite si sono pronunciate già quasi una trentina di volte contro questo embargo ma senza alcun risultato. La popolazione cubana, sebbene impoverita, ha resistito grazie a una politica che ha scommesso fin dall’inizio sull’auto-produzione. Ed è anche per via di questa capacità se oggi Cuba può permettersi di produrre da sola un vaccino anti-covid offrendo comunque la disponibilità al resto del mondo di usufruirne per cure sanitarie universali. 

C’è blocco e blocco. C’è embargo ed embargo. Un conto è fermare l’export verso le armi in un Paese che si macchia di crimini contro l’umanità e che viola i diritti umani. Un conto è affamare degli innocenti.

Per Susanna Camusso, responsabile delle politiche internazionali della Cgil: “Non arriverà mai troppo tardi il ripensamento del sistema stesso degli embarghi, del bloqueo, di quelle sanzioni che impoveriscono le popolazioni e oltretutto in alcuni casi funzionano anche da strumenti nelle mani dei governi per non migliorare le condizioni economiche o democratiche delle popolazioni. Infatti gli embarghi da strumento di pressione sui governi sono diventati strumenti che stremano i popoli. Colpisce che la riflessione sulle sanzioni si faccia solo quando si parla di grandi Paesi, pensiamo a quelle decise, in sede europea, verso la Cina in ragione della repressione, dello sfruttamento, della lesione dei diritti umani della minoranza uigura, sanzioni dirette verso coloro che hanno compiuto gli atti che si condannano. Viene da chiedersi se anche in questo ci siano due pesi e due misure, che non sembrano dipendere dalla valutazione degli atti da condannare ma dalla possibilità di ritorsioni, dall’idea che tra Paesi del primo mondo sia meglio essere più attenti, mentre nei Paesi più poveri o in via di sviluppo si possa trascurare di ragionare delle conseguenze gravi e strutturali che ricadono sulla popolazione. Sono molte le ragioni che non ci convincono del voto europeo e italiano all’Onu (diritti umani) contro la condanna di embarghi contro i Paesi, ma quella soprascritta ci pare la domanda fondamentale: perchè colpire i popoli?”

Martina Toti

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29/3/2021 https://www.collettiva.it

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