Sanità in coma? Da decenni lanciamo l’allarme. Inascoltati.

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Affermare “avevamo ragione” è sempre una cosa antipatica per la maggior parte di chi ascolta ma vivendo tutti noi questo tragico stato di cose in conseguenza della pandemia non possiamo esimerci di ricordare ai potentati politici che governano da decenni il la sanità le loro responsabilità a fronte delle migliaia, tra cittadini e tra operatori sanitari. Non possiamo non ricordare loro che sarebbero state materiali le conseguenze delle politiche di tagli ai finanziamenti, agli organici e alle strutture ospedaliere come di centinaia di interi ospedali e poliambulatori sul territorio. Hanno continuato fregandosene altamente dei danni alla salute pubblica e alle tasche della popolazione.
Questi vanno condannati, sia in termini di consenso che sul piano penale in moti specifici casi, le prove dettagliate ci sono, ultime in ordine di tempo quelle che riguardano le RSA, in particolare durante la prima ondata pandemica, ma anche l’interruzione di pubblico servizio con la chiusura dei Pronto Soccorso.

Per non andare troppo indietro negli anni ricordiamo cosa scrivevamo nel numero di luglio di otto anni fa:
L’attacco alla sanità pubblica non è contingente, ha un retroterra e un disegno in itinere.
Ricordavamo ai sostenitori della bontà di quella che hanno definito la “seconda gamba” della sanità nazionale, che quel progetto avrebbe portato a sfasciare il servizio sanitario pubblico a favore di un sempre più incalzante sistema privatistico, e mentre continueremo a pagare il vecchio e dovremo anche pagare il nuovo. A sostegno di questo criminale disegno si sono levate voci petulanti, nei governi nazionali e locali, sostenute dai media televisivi e stampati, sul ruolo della famiglia come ammortizzatore sociale, operando così una squallida mistificazione per caricare sulla famiglia il peso di grossa parte della assistenza, facendo cadere, in particolare sulle famiglie povere, e di nuovo impoverimento causa le politiche di austerità ormai quarantennali, l’impatto del carico socio economico della forzata compartecipazione alla spesa sanitaria-assistenziale.

Spesa fortemente appesantita dalla compartecipazione già in atto con il termine, declinato in inglese per nascondere alla massa il significato comune, “co-payement”, quel ticket che aveva già prodotto una crescita di spesa per la famiglia.
E che dire oggi, in piena pandemia, delle persone che vivono in condizioni di estrema povertà e si rivolgono a strutture come mense e dormitori pubblici perché non hanno i mezzi per acquistare i dispositivi di protezione, con più difficoltà rispettano le misure di distanziamento e di precauzione previste e non vengono sottoposte ai tamponi o ai test rapidi, finendo in sostanza per non curarsi o per rivolgersi in ritardo ai servizi sanitari e rischiando di diventare veicolo di infezione. Quindi ampi settori di popolazione più a rischio che rischia di avere quadri clinici gravi, proprio per le condizioni di salute e di vita preesistenti?
Questa è una domanda che resterà senza risposta, in quanto questi Partiti di governo nazionale locale non rispondono più ai loro elettori e tantomeno alle critiche di piazza che le vengono rivolte, forti dei loro fortini autarchici che hanno blindato con leggi utili a coprirli, sia giuridicamente che militarmente, vedi i famigerati “Decreti sicurezza”

Sempre in quel numero di luglio 2012 facevano presente che l’attuale governance – anche questo termine inglese serve a nascondere il significato vero delle loro intenzioni di governare il sistema sanitario pubblico in subordinazione all’austerità economica imposta alla popolazione meno abbiente – avrebbe consentito la gestione a favore del privato del fondo sanitario nazionale.
Come?
Nei fatti minando alle fondamenta il sistema sanitario con le già costituite aziende sanitarie al posto alle USSL determinando un potere gestionale/dirigenziale, vedi direttori generali, avulso dal controllo pubblico sovrapponendo e distanziando la gestione cosiddetta strategica a quella operativa. Di conseguenza si è sradicata la professionalità del dipendente pubblico, penalizzando la sua azione e affiancandogli nel tempo, per poi sostituirlo, personale a contratto privato, di consulenza. Ma non certo e non solo il singolo professionista pubblico viene inesorabilmente esautorato, ma soprattutto il singolo servizio.

Con la esternalizzazione dei servizi e di buona parte degli organici, prima ammnistrativi e tecnici e poi sanitari, vengono create le condizioni per cui un servizio sanitario pubblico, qualunque esso sia, si dissolve e questo servizio viene “appaltato” a privati esterni. Per portare alla dissoluzione di un servizio sanitario è sufficiente che questo sia messo nelle condizioni di non lavorare decentemente attraverso una più o meno rapida destrutturazione. La stessa formazione e l’aggiornamento vengono affidati al privato. La certificazione definitiva dell’abbandono del governo reale, da parte dello Stato, della sanità, che avrà la firma legislativa con la prevista “Autonomia differenziata” alle Regioni che trasversalmente i grossi Partiti sostengono per consentire ai loro “Governatori” di banchettare con i nostri soldi, ricordiamo che l’ottanta per cento delle finanze locali sono nella voce “sanità”.

Quindi, l’allarme preventivo, e conseguenziale agli atti compiuti senza soluzione di continuità verso la privatizzazione, lo abbiamo lanciato, con denunce dall’interno, insieme ad associazioni come Medicina Democratica, come anche illustri studiosi esperti i sistemi sanitari.
Lo ha lanciato Rifondazione Comunista, Partito che non ha smesso di farlo, sia quando era in Parlamento e sia dopo che leggi elettorali truffaldine lo hanno tenuto fuori.

Franco Cilenti

Editoriale del numero di dicembre del mensile Lavoro e Salute

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