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Un nuovo CLN per liberare il dissenso attivo

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La libertà di parola, nelle sue forme pubbliche protese alla partecipazione politica, il diritto al lavoro e le tutele che ne consentono la vivibilità e la sicurezza per la salute oggi -ma già nella nel recente periodo pre pandemia- stanno rapidamente, dopo una gestazione politica durata quarant’anni, regredendo in modo tale da riportarci nei contesti sociali dell’ottocento.

Pare raccontare una scenografia di un film storico ma è l’epoca in cui viviamo e la prova sta nella repressione di qualsiasi rivendicazione che voglia scalfire lo stato di cose presenti.

E’ il ritorno a forme statuali di fascismo? Certamente la violenza sui corpi pensanti delle fasce meno abbienti e più sfruttate come forza lavoro ci porta alle violenze quotidiane del ventennio fascista, però oggi i manganelli e la negazione delle libertà individuali e collettive hanno una regia meno visibile e più scientifica tramite l’uso tecnologico della sorveglianza di chi non si inchina al potere, siano essi organismi politici o gruppi di persone che esprimono sofferenze sulle condizioni di vita quotidiana, dalla mancanza della casa all’inquinamento industriale che fanno insorgere tumori

Un esempio fotografa la situazione. Parliamo dell’inchiesta di Piacenza contro i sindacalisti del Si Cobas che organizzano le lavoratrici e i lavoratori Fedex-TNT.
Questi fatti, tra le centinaia di altre repressioni stanno a dimostrare la crisi dello Stato democratico e di quel deviante sistema dei Partiti, creato dalle logiche di distanziamento dalla società tramite leggi di rappresentanza non proporzionale al consenso reale, che ha, secondo i dettami dell’ideologia mercantile del liberismo (libertà delle sole sfere dei potenti) delegato a settori delle strutture giudiziarie e agli organi di polizia il compito di amministrare la vita pubblica, i quali sempre più spesso si arrogano il diritto di rilasciare patenti a chi può (guarda caso gruppi di ispirazione fascista) o non può esercitare il diritto costituzionale perché critica, attivamente nelle forme pubbliche, questa pianificata riduzione delle libertà.

E’ emergenza democratica, alla pari di quella sanitaria ma entrambe determinate da scelte politiche criminali come quelle della riduzione della libertà nella partecipazione dei cittadini politicamente più sensibili alla vita di una democrazia sostanziale e della privatizzazione della sanità pubblica con l’abbattimento della medicina territoriale, la chiusura di centinaia di ospedali e la riduzione di oltre centomila medici e infermieri, come di altre migliaia di figure professionali.

Se affrontare l’emergenza sanitaria è connessa a una serie di fattori internazionali, si veda la schiavitù alla quale ci assoggettano le multinazionali dei farmaci dopo avergli regalato ogni forma di ricerca (con finanziamenti pubblici) e chiuso l’industria farmaceutica statale, affrontare l’emergenza democratica è un compito vitale che compete ai settori sociali, intellettuali, sindacali e politici che non hanno delegato il proprio pensiero ai club mediatici e politici che hanno rubato la libertà di parola.

Intanto ci sono sempre più rivolte, e prevedibile auspicabile, non solo come risposta a decenni di attacchi alle condizioni di vita di chi ha sempre avuto poco negli ultimi 40 anni ma anche perché dopo la prima ondata pandemica si è spudoratamente preteso di ricominciare come se nulla fosse e come se tutto fosse passato e ne vediamo i risultati in questi mesi.

Fa molto male il sindacato confederale a sottovalutare ( e denunciare i lavoratori in lotta come è successo a Piacenza), la scelta del governo di reprimere le lotte dei lavoratori e le proteste sociali con i decreti sicurezza Lamorgese, dopo quelli di Minniti/Orlando e Salvini.

Il silenzio oggi, come nel ventennio fascista, è esplicita complicità nel presente e sulla determinazione del futuro delle nuove generazioni oggi imprigionate dalla paura della pandemia – in aggiunta alle paure già presenti della disoccupazione e della descolarizzazione – che porta sempre più all’isolamento quando non ad altre forme di disagio psichico come i fenomeni di autolesionismo e i suicidi, cresciuti globalmente come causa di morte tra i 10 e 25 anni. Questa di oggi è la generazione soggetta a mancanza di tutele elementari e ideologia imperniata sulle parole dell’AD dell’ENEL che nel 2016 espresse il pensiero oggi operante: Bisogna creare paura nei dipendenti per assoggettarli a tutte le forme di subordinazione.

Ecco, questi spunti di ragionamento basato sui fatti reali non opinabili dovrebbe farci considerare il prossimo 25 aprile come inizio di una costruzione, non più rinviabile, di un organismo nazionale autorevole, supportato da altri territoriali, che si configuri come un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale, unitario nelle sue espressioni culturali e politiche, contro la repressione in atto per debilitare il neofascismo dei poteri che hanno svuotato la memoria della maggioranza degli italiani con il bisturi del revisionismo politico che portato al riconoscimento istituzionale del neofascismo. Forse sarà utile vedere, o rivedere per l’ennesima volta, Novecento di Bernardo Bertolucci.

Franco Cilenti

editoriale del numero di aprile del mensile Lavoro e Salute

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