Volti, nomi e sogni dei lavoratori migranti morti nella strage di Foggia

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Silvia Calderoni su facebook racconta di aver ricevuto un messaggio di una amica che ricorda Ebere, morto nella strage di Foggia. Gli spazi sociali Casa Madiba e  Casa Don Gallo di Rimini ricordano invece Bafode, giovane migrante, calciatore e lavoratore vittima anche lui dello sfruttamento. Vogliamo ricordare i nomi, ma anche gli affetti, i sogni e i ricordi di chi ha conosciuto alcuni tra i lavoratori vittime della strage di Foggia.

Riprendiamo quindi alcune delle parole pubblicate sui social network per ricordarli, perchè riteniamo importante che i numeri dei morti nella strage di Foggia si trasformino in nomi, vengano ricordati, affinchè non accada mai più, e si ricordi di loro non solo i nomi, ma gli affetti, i sogni, afficnhè ci sia spazio per i ricordi di chi li conosceva. Perché dietro quei numeri e quello sfruttamento ci sono persone, con le loro storie, i loro corpi, la spiritualità e la materialità delle loro vite, i sogni, gli incontri, gli affetti, che scompaiono dalle prime pagine dei giornali senza lasciare traccia.

Nella barbarie dello sfruttamento e del razzismo che oggi compongono le nuove mappe del lavoro nel nostro paese, parole di affetto, rabbia, dolore servono a connettere sensibilità, forme di lotta e di organizzazione, di sciopero e solidarietà per trasformare la rabbia e il dolore in cambiamento sociale.

I NOMI DEI GIOVANI LAVORATORI UCCISI DALLO SFRUTTAMENTO:

Braccianti, giovani e giovanissimi: Amadou Balde (Guinea Bissau) aveva 20 anni; Aladjie Ceesay (Gambia) 23; Moussa Kande (Guinea Bissau) 27; Ali Dembele (Mali), 30. Morti sulla strada provinciale 105 tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri. Lhassan Goultaine (Marocco, 39 anni), Anane Kwase (Ghana, 34 anni), Mousse Toure (Mali, 21 anni), Lahcen Haddouch (Marocco, 41 anni), Awuku Joseph (Ghana, 24 anni), Ebere Ujunwa (Nigeria, 21 anni), Bafoudi Camara (Guinea, 22 anni), Alagie Ceesay (Gambia, 24 anni), Alasanna Darboe (Gambia, 28 anni), Eric Kwarteng (Ghana, 32 anni), Romanus Mbeke (Nigeria, 28 anni) e Djoumana Djire (Mali, 36 anni), deceduti nell’incidente a Lesina.

#1 CIAO EBERE.

di Silvia Calderoni.

Un Alice è un amica, un’amante del teatro, una guerriera. Alice è anche la sindaca di Santarcangelo di Romagna. Oggi mi ha inviato questo sms. Non posso fare a meno di condividerlo. Credo che fermarsi cinque minuti per leggerlo sia un bel fare.

“A volte ci chiediamo chi sono da dove vengono e sembrano storie e persone che non ci riguardano…e anche se troppo tardi proviamo a raccontarla… Un caro saluto Ebere…

Ebere Ujunwa era un ragazzo nigeriano di 21 anni. E’ stato con noi a Santarcangelo da dicembre 2016 fino allo scorso mese di aprile, in prima accoglienza in una struttura di San Vito per poi entrare nel progetto Sprar, la cosiddetta seconda accoglienza. Era un ragazzo introverso, portava con sé il dolore della perdita del fratello, morto durante il viaggio verso l’Italia. Aveva partecipato con dedizione ai progetti e alle attività alle formative previste dal progetto Sprar: dalla costruzione lo scorso Natale dell’ecoalbero posizionato in via Faini ad un corso di formazione come tuttofare in cucina dove aveva dimostrato grande impegno.

Poi, a differenza dei luoghi comuni, il progetto di accoglienza termina e come tutti anche Ebere deve procedere in autonomia nel proprio cammino di vita.

Esce lo scorso 29 aprile dicendo agli operatori che sarebbe andato a Milano, dove oltre ad avere diversi amici pare avesse trovato una collocazione lavorativa. Ieri invece la notizia del tragico incidente dove 12 persone, tutti braccianti agricoli perdono la vita, Ebere era tra questi e sinceramente non sappiamo le motivazioni che lo hanno portato nelle campagne foggiane. Sappiamo però che in Italia dove qualcuno grida “è finita la pacchia” e “il problema sono tutti questi immigrati”, esistono troppe zone grigie dove il lavoro diventa sfruttamento e l’immigrazione speculazione. Sono questi i veri problemi dei quali lo Stato con i propri rappresentanti dovrebbe farsi carico.”

#2 IL PICCOLO BAFODE

Casa Don Andrea Gallo e Casa Madiba, Rimini.

Ci spostiamo adesso verso Rimini, dove l’esperienza di autogestione di Casa Don Andrea Gallo scrive la seguente nota:

Ci sono parole difficili da dire. Nel gravissimo incidente e strage dei braccianti a Foggia c’era anche il nostro piccolo Bafode (il ragazzo con la maglietta bianca). Abitante della casa e giocatore della nostra squadra Polisportiva Autside Rimini fin dal suo arrivo a Rimini. A nulla sono serviti i nostri moniti, non andare a Foggia a lavorare ci sono brutte condizioni, ma la necessità impellente di soldi, le richieste dal paese di origine, la precarietà esistenziale di una vita appesa ad un foglio di carta come il permesso di soggiorno e ad un sistema di accoglienza emergenziale, a Foggia l’hanno spinto ad andare. E a morirci.

Perdiamo un giovane grande uomo e con lui altre 15 fratelli morti stritolati fra le lamiere di un furgone gestito chissà da chi, morti come bestie. Questo è oggi il valore della vita umana: nessuno!

Al dolore per questa immensa perdita per tutti e tutte noi, si aggiunge tanta rabbia per tutte le ingiustizie i soprusi gli abusi che il piccolo Bafode e tante altre persone subiscono quotidianamente nella loro vite. Forever young, Bafode per sempre con noi, nei nostri cuori, nei nostri passi.

Un altro ricordo di Bafode lo scrivono da Casa Madiba Network, sempre a Rimini, ricordando come il giovane migrante giocasse a calcio nella polisportiva Autside Rimini, un progetto di calcio popolare ed antirazzista.

 

Lunedì pomeriggio avevamo deciso di promuovere una conferenza stampa partecipata davanti alla sede degli albergatori di Rimini, in solidarietà con tutti i lavoratori e le lavoratrici stagionali di questo paese sfruttati nell’industria turistica e in agricoltura, con i braccianti morti nei due incidenti a Foggia e in sostegno della mobilitazione dei berretti rossi promossa da Usb.

Nella notte è arrivata la notizia che fra i braccianti uccisi da un sistema radicato di sfruttamento della manodopera migrante da immettere nella filiera produttiva del pomodoro c’era anche il nostro piccolo Bafode.

Bafode era prima di tutto per noi un calciatore di quelli veri, la palla nei piedi gli strappava sempre un sorriso a tutto tondo. Da due anni era il difensore della Polisportiva Autside Rimini, un progetto di calcio popolare e antirazzista di cui lui era molto orgoglioso.

Bafode ha affrontato tutti i passaggi dell’accoglienza emergenziale fino all’ultimo periodo nello Sprar. Forte era il suo desiderio di autonomia, doloroso quando ci comunicò che sarebbe andato a Foggia a lavorare per la raccolta del pomodoro. Non sono bastati nemmeno i racconti di chi lì nella Capitanata c’era già stato.
Sono decenni che funziona così, in questo caso lo chiamano caporalato in altri casi sono i trafficanti ma la realtà ci dice che è proprio il sistema economico a produrre queste stragi quelle sulle strade, nei campi, nelle industrie e nel mare Mediterraneo.

Sono decenni che funziona così ma nulla è cambiato, anzi ora si è legittimati anche a sparare contro i braccianti di colore, contro le persone di colore e da consumatori a spendere pochi centesimi per una passata di pomodoro o un capo di abbigliamento senza chiederci chi ha pagato la differenza. L’hanno pagata loro ragazzi come Bafode.

Mentre scriviamo queste parole apprendiamo che un altro ragazzo transitato nei progetti di accoglienza di Rimini, Ebere, attivo nel progetto della Cicloofficina è morto insieme a Bafode a Foggia.

Un altro ragazzo accolto sempre nei progetti a Rimini è in gravi condizioni. Bafode e Eber erano nostri concittadini, nuovi riminesi. Abitavano qui, qui avevano i loro affetti e le loro relazioni amicali. Chiediamo che il Comune di Rimini proclami un giorno di lutto cittadino.

Rimini è chiamata a dare un grande segnale perché questa città non ha protetto Bafode e nemmeno Eber. Rimini gli avrebbe offerto un lavoretto di quelli stagionali magari in qualche ristorante o hotel, stessa paga e condizioni della raccolta di pomodoro (2 o 3 euro all’ora, senza giorno libero, nessuno straordinario riconosciuto, alloggi fatiscenti) e stesse umiliazioni.

Anche nel turismo se ve lo siete dimenticati abbiamo pianto i nostri morti, Eva, Florentina due lavoratrici stagionali morte in due aziende turistiche sono li a ricordacelo. Per loro nessuna giustizia e nessuna verità.

E’ arrivato il momento di dire basta a questo stato di cose, dove il costo del lavoro, della vita umana viene stabilito dalle aste elettroniche al doppio ribasso della Grande distribuzione organizzata (Gdo), soprattutto tra i gruppi discount, aste che causano un effetto a cascata, “ogni attore della filiera finisce per rivalersi su quello più debole: le aziende strozzate dalle aste cercano di ottenere il prodotto agricolo a prezzi più bassi e i produttori provano a risparmiare sul costo del lavoro” come recentemente emerso in un inchiesta di Liberti e Ciconte su Internazionale.

E’ arrivato il momento di rivendicare politiche del lavoro e politiche sociali degne di questo nome, alloggi, trasporti gratuiti e sicuri, guardia medica e presidio sociale per tutti i lavoratori stagionali occupati nel nostro paese, perché l’alloggio e la mancanza di denaro o di reti amicali sono il primo strumento di sfruttamento e di ricatto su questa tipologia di lavoratori e lavoratrici.

È il momento del dolore, quello forte, che deve lasciare spazio però alla forza di organizzarci, di scendere nelle strade, di scandire questi nomi, i tanti morti del lavoro, del razzismo, delle mancate politiche sociali.  Ciao Bafode ti ameremo per sempre.

Invitiamo tutti e tutte a partecipare, senza bandiere.  Invitiamo tutti e tutte a dare una risposta pubblica e partecipata portando cappellini o fazzoletti rossi.  Sarà una lunga manifestazione che dal mare vuole raggiungere il centro città.
#MaiSchiavi #MaiSchiave

10/8/2018 www.dinamopress.it

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