23 novembre. Saremo rivolta
È tempo di dire basta alla Giustizia Patriarcale: se in Parlamento la Pas (sindrome da alienazione parentale) finisce nel cassetto insieme al Ddl Pillon, nelle cause di divorzio è sempre più frequente il suo utilizzo per giustificare l’allontanamento dei minori dalle madri, diventando così uno strumento punitivo per le donne che si separano e un deterrente alla denuncia per le donne che subiscono violenza domestica. Vogliamo la Pas fuori dai tribunali!
Il Codice Rosso ha già fallito confermandosi una mera operazione propagandistica: è necessario riconoscere le donne come soggetto attivo e intervenire efficacemente prima e non dopo che la violenza o il femminicidio si compiono.
Per questo il lavoro dei centri antiviolenza femministi va riconosciuto, garantito e valorizzato perché siamo stanche di finire sul banco degli imputati o ricordate in maniera strumentale in qualche pessimo articolo di giornale. Gli spazi femministi sono invece sotto attacco in tutto il Paese e le risorse per le realtà che sostengono le donne che resistono alla violenza sono sempre più vincolate e carenti. Difendiamo e moltiplichiamo gli spazi femministi e transfemmninisti, come Lucha y Siesta, le case delle donne e tutti gli spazi di autodeterminazione sotto minaccia di sgombero!
L’indipendenza economica è la condizione fondamentale per affrancarsi dalla violenza, per essere libere di scegliere: le molestie e gli abusi si riproducono in condizioni di minaccia e di ricatto, nella vergogna e nella solitudine, ma ancora permane il limite di un anno di tempo entro cui denunciare. Questo limite è un’arma in mano a molestatori e stupratori.
Vogliamo essere liber* dalla povertà, dallo sfruttamento, dal rischio di licenziamento o del mancato rinnovo di contratto e dei documenti di soggiorno. In un paese in cui solo una donna su due lavora, la maternità può costarti il posto di lavoro e la disparità salariale è un dato di fatto, non serve la propaganda, ci vogliono atti concreti: vogliamo un salario minimo europeo, un reddito di autodeterminazione svincolato dalla famiglia e dai documenti di soggiorno, congedi di maternità, paternità e parentali di uguale durata e retribuiti per entrambi i genitori.
Se scegliere di fare un figlio non è semplice, non lo è nemmeno non farlo: obiezione di coscienza dilagante e smantellamento del welfare ostacolano la nostra autodeterminazione psicologica, sessuale e riproduttiva. Riprendiamoci i consultori pubblici e rompiamo il monopolio degli obiettori sulle nostre scelte: vogliamo educazione sessuale per conoscere, educazione al rispetto di generi e orientamenti sessuali, spazi per condividere, contraccezione gratuita per proteggerci, la pillola abortiva senza ricovero e fino a 12 settimane per decidere. Vogliamo servizi socio-sanitari pubblici e laici che garantiscano la salute e la libera scelta di tutte e tuttu.
L’Italia è il paese in Europa con il più alto numero di uccisioni di persone trans ‒ spesso donne trans, migranti e sex workers. La presa di parola delle persone trans e lgbtqiap+ contro la violenza di genere e dei generi è un fiume che ingrossa e rafforza la marea femminista e transfemminista che si riverserà a Roma il 22 novembre con la Trans Freedom March: l’autodeterminazione non ha confini!
La guerra contro le persone migranti sta raggiungendo intensità senza precedenti, non soltanto nel Mediterraneo, e colpisce soprattutto le donne facendo dello stupro un’arma di soggezione. Vogliamo fermare la violenza degli accordi che esternalizzano le frontiere, disseminando Europa, Mediterraneo e Nord Africa di lager del XXI secolo. Vogliamo essere liber* di muoverci attraverso i confini e di restare se lo vogliamo. Vogliamo l’abrogazione dei decreti sicurezza che criminalizzano la migrazione, la solidarietà e il dissenso, di tutte le leggi che legano il permesso di soggiorno al lavoro o alla famiglia e di quelle che alimentano il razzismo negando la cittadinanza a chi è nat* o cresciut* in Italia. Un permesso di soggiorno europeo senza condizioni, asilo e cittadinanza sono i soli strumenti possibili contro violenza e sfruttamento. Reclamiamo l’accesso al welfare per tutt* contro la distruzione dello Stato sociale che anno dopo anno taglia risorse mentre aumenta la spesa militare.
La lotta femminista e transfemminista crea resistenza e alternativa nella costruzione di legami e intrecci attraverso la riappropriazione dello sciopero come pratica di conflitto come processo di trasformazione dell’esistente che opponga la cura, l’autodeterminazione e l’equità sociale allo sfruttamento dei corpi e dell’ambiente.
Scendiamo in piazza il 23 Novembre anche per tutte quelle donne e quelle persone che vedono limitata la propria libertà. Le donne e le persone trans detenute, le persone sottoposte a misure restrittive o confinate all’interno di strutture psichiatriche che le sottopongono a misure di contenimento inappropriate e violente.
Il 23 Novembre saremo a Roma, saremo insieme, porteremo in piazza i nostri corpi e le nostre relazioni, quelle che costruiscono la discontinuità che nessun governo può garantirci, quelle che uniscono le vite di milioni di donne e soggettività lgbtqiap+ in tutto il mondo. Il 24 novembre ci incontreremo in assemblea nazionale verso lo sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo. Di fronte alla violenza di questa società non facciamo un passo indietro: noi siamo rivolta!
23 e 24 novembre Manifestazione nazionale di Non una di meno contro la violenza maschile e di genere
Info logistiche I pullman Form da compilare per ospitalità e partecipazione ai tavoli tematici dell’Assemblea Nazionale del 24 novembre
Non una di meno in piazza: Composizione testa corteo e percorso
Non una di meno in difesa degli spazi femministi
La manifestazione dell’anno scorso
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