L’indifferenza uccide

Indifferenza peggio della cattiveria

Solo nel Novecento si è cominciato a cogliere come spesso l’indifferenza faccia più danni della cattiveria. Una ‘indifferenza protettiva’, la chiama qualche studioso. Non ci si indigna più in politica, dove la tracotanza è diventata la norma, né delle ormai diffuse prevaricazioni sociali. Il mondo colto cita Sofocle che fa sfidare ad Antigone il pensiero prevalente che voleva l’uomo indifferente alle ingiustizie.

L’Antinferno di Dante

Nella Divina Commedia Dante condanna l’ignavia, il vivere secondo indolenza, viltà e, appunto, indifferenza. Nel III canto dell’Inferno gli ignavi, per Dante, sono condannati per l’eternità a sostare nell’Antinferno: non avendo preso mai posizione, essi non hanno mai commesso né il bene né il male e, di conseguenza, non sono meritevoli di entrare nemmeno all’Inferno.

Novecento esistenzialista

L’indifferenza diventa tema centrale della letteratura esistenzialista. Tra gli italiani, Alberto Moravia, con la suo opera più nota, «Gli Indifferenti». Indifferenza sofferta per il protagonista di Moravia, indifferenza come regola di vita per «Lo straniero» del francese Albert Camus. Indifferenza che quando supera tutte le sovrastrutture morali, giuridiche e religiose che l’uomo si impone, arriva a considerare persino l’omicidio, come esito possibile di un semplice fastidio. La quasi attualità tragica indegna di parole dirette.

Orson Wells, nel film di Pasolini

Orson Wells, che interpreta il regista nel film, si rivolge ad un mediocre giornalista dicendo: «Lei non ha capito niente perché è un uomo medio».
«Lei sa cos’è un uomo medio?».
«È un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista».

Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917: «Vivere da partigiani»

«L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti».

Peso morto della storia

«L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare».

Le poche mani che tessono la tela

«Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?».

Piagnistei da eterni innocenti

«Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime».

Sono partigiano

«Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti».

Papa Francesco: “l’indifferenza uccide”

«L’indifferenza uccide. È come dire all’altra persona: ‘Tu sei morto per me’, perché tu l’hai ucciso nel tuo cuore». «Per offendere l’innocenza di un bambino basta una frase inopportuna. Per ferire una donna può bastare un gesto di freddezza. Per spezzare il cuore di un giovane è sufficiente negargli la fiducia. Per annientare un uomo basta ignorarlo».

E papa Bergoglio cita la frase del primo omicida, Caino, dopo che il Signore gli chiede dove sia suo fratello. Caino risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?’». «Così parlano gli assassini» ammonisce papa Francesco.

Ennio Remondino

31/7/2022 https://www.remocontro.it

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