Una “schiforma” è una schiforma

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No no no. E no. È chiaro che sto parlando del “no e poi no” alla riforma costituzionale Renzi-Boschi, meglio nota come Deforma o Schiforma, quella che verrà sottoposta a referendum il prossimo ottobre. Beh, sono andata a vedere articolo per articolo e sì, il nome più consono è Schiforma. No e poi no, non solo in nome della Costituzione, ma pur anco della lingua italiana.

L’”aggiustamento”, hanno fatto sapere da Palazzo Chigi, è costato alla Boschi-testolina e al suo staff – il Dipartimento per le riforme istituzionali, mica quisquilie – qualcosa come due anni di “duro” lavoro. E infatti gli articoli deformati, come si può vedere, non sono pochi. Ben quarantuno, un vero lavoraccio.

L’emblema del quale è l’ormai noto e infamato art.70; quello che – Sezione II. La formazione delle leggi – nel “vecchio” testo costituzionale è così formulato: «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere». Semplicissimo, chiarissimo, inequivocabile. Nove parole in tutto.

Ebbene, la neo formulazione della Boschi-testolina è composta da 31 righe. E quali righe! Tipo, «Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata». Evviva!

Di Senato in Senato. Nel “vecchio” testo, l’art.55 è formulato nel solito semplice modo, parole 31, righe 4: «Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione».

Il Senato, già; dal momento che, secondo il nuovo testo, «Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali. Concorre, paritariamente, nelle materie di cui agli articoli 29 e 32, secondo comma, nonché, nei casi e secondo modalità stabilite dalla Costituzione, alla funzione legislativa ed esercita funzioni di raccordo tra l’Unione europea, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea e ne valuta l’impatto. Valuta l’attività delle pubbliche amministrazioni, verifica l’attuazione delle leggi dello Stato, controlla e valuta le politiche pubbliche. Concorre a esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge».

Ad maiora! E però c’è un però.

Dato che – sempre art.70 del nuovo testo – tal Senato «Per i disegni di legge che dispongono nelle materie di cui agli articoli 114, terzo comma, 117, commi secondo, lettera u), quarto, quinto e nono, 118, comma quarto, 119, terzo, quarto, limitatamente agli indicatori di riferimento, quinto e sesto comma, 120, secondo comma, e 132, secondo comma, nonché per la legge di cui all’articolo 81, sesto comma, e per la legge che stabilisce le forme e i termini per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei suoi componenti». Sic. Sic.

Così sta scritto, fa caldo e questo sta per essere il pezzo più noioso e illeggibile della mia vita (giornalistica); ma vi voglio dare qualche altro scampolo dello scempio (in tutti i sensi) proposto dal brainstorming renzistico.

Per esempio, l’art. 72, sempre attinente alla formazione delle leggi: in 31righe, nel “vecchio” testo si dice che «ogni disegno di legge, presentato ad una Camera, è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale». Per concludere che <la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi».

Certo, si tratta di articoli di legge e non di racconti dei fratelli Grimm, ma il senso è chiaro e accessibile a tutti. Niente di paragonabile al monstre del nuovo testo boschiano. Eccone qualche assaggio (mi dispiace per voi). «…Si può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto». Non basta, dato che «Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni». E che inoltre «Il regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell’articolo 70, terzo comma. Esclusi i casi di cui all’articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in materia elettorale, le leggi di ratifica dei trattati internazionali e le leggi per la cui approvazione è prescritta una maggioranza speciale, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare che un disegno di legge, indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo, sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla votazione finale entro sessanta giorni dalla richiesta»…

In quanto che, «Decorso il termine, il testo proposto o accolto dal Governo, su sua richiesta, è posto in votazione, senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale. In tali casi, i termini di cui all’articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà».

Si suda, non solo per il caldo; e bravo chi ci capisce un’acca.Terzo comma, lettera u, decorso il termine, lingua italiana manomessa…Mandiamoli a casa.

In ottobre.

Maria R.  Calderoni

3/7/2016 www.rifondazione.it

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