Secessione. Fermiamoli ora, per l’uguaglianza dei diritti sociali

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L’APPELLO di Giovanni Russo Spena

Siamo alla stretta finale. Calderoli, con la sua furbesca e sofisticata capacità tattica parlamentare, che gli dobbiamo riconoscere, sta tentando di portare ad approvazione il suo disegno di legge sull’autonomia secessionista quasi in punta di piedi. Tocca, allora, a noi che l’avversiamo comprendere il livello dello scontro e farlo vivere nel paese. Non è sufficiente qualche emendamento in Parlamento.

La tattica parlamentare è utile solo se viene abbattuta l’ideologia secessionista che il centrosinistra ha votato con la controriforma del 2001, che ha aperto la prateria al leghismo. E’ controproducente una tattica emendativa, peraltro modesta, per contrastare un Calderoli che ti dice che il suo disegno di legge ( non a caso non è una proposta di riforma costituzionale) è una mera attuazione della riforma costituzionale del 2001.

Per fare chiarezza, infatti, noi che nel 2001 abbiamo votato contro la stolta proposta di D’Alema, Amato, Rutelli, succube dell’egemonia leghista dell’epoca (ricordate che la Lega era considerata una “costola della sinistra” da D’Alema?) ci battiamo per l’abrogazione dell’ articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

Se nel 2001 eravamo un paese segnato da forti diseguaglianze territoriali, oggi, a livello europeo, in Italia abbiamo tra le regioni più ricche e più povere d’Europa. Il disegno Calderoli, che procura contraddizioni anche nelle forze di maggioranza, tra una Lega secessionista ultraliberista e Fratelli d’Italia populista/nazionalista, è una vera e propria eversione costituzionale. E’ l’introduzione mistificata di quello che Giovanni Moro ha definito lo “ius domicilii”, cioè il diritto di chi vive nelle regioni più ricche di avere per legge maggiori diritti e prestazioni sociali di chi vive nel Centro Sud.

Vengono scardinati, quindi, gli stessi blocchi sociali appagando le esigenze del capitale di un corpo a corpo tra poteri dominanti e un paese frantumato, impoverito, impaurito. Ma mutano radicalmente le modalità stesse di attuazione delle fondamentali politiche pubbliche dello Stato sociale univercale ( che è il cuore della nostra Costituzione).

Se il disegno Calderoli venisse approvato dal Parlamento, attraverso lo scambio mercantile Autonomia secessionista alla Lega / premierato autocratico alla Meloni, credo dovremo prepararci, senza manfrine tatticistiche, al referendum abrogativo, in base al principio: i cittadini italiani devono godere, tutte e tutti, ovunque vivano, di un livello garantito ed uniforme di diritti di cittadinanza.

Allo Stato spetta l’onere di determinarli e quantificarli; e di rendere disponibili a chi deve erogare i servizi le risorse necessarie, anche attraverso un “fondo perequativo”, senza vincoli di destinazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante”. Il principio è chiaro: al decentramento delle funzioni non deve corrispondere una discriminazione tra i cittadini. Se essa vi è ( e cresce), come avviene nel Mezzogiorno, va eliminata e superata. La Costituzione, in tutta la sua prima parte, che è sacra e immodificabile, è chiara: diritti diseguali è un ossimoro insopportabile per la legalità costituzionale. Le chiacchiere di Calderoli sono farlocche.

L’ Autonomia Differenziata è la istituzionalizzazione delle diseguaglianze e, quindi, contraddice l’impianto costituzionale di eguaglianza sostanziale (articolo 3, secondo comma) L’ articolo 3 si muove nello spazio della giustizia sociale; l’A.D. esalta l’orizzonte competitivo, è autoreferenziale, alimenta egoismo territoriale. E’, quindi, incubatrice di razzismo. In un paese che risulterebbe ulteriormente spaesato, sventrato, eroso dalla secessione, più facilmente sarebbe accettato, a livello di consenso sociale, la svolta presidenzialista.

Il disegno della Meloni è chiaro: autonomia e presidenzialismo (sotto forma di premierato, pare) devono camminare insieme e concludersi insieme; solo un comando autoritario, un rapporto plebiscitario tra capo e popolo, senza l’intermediazione del Parlamento e senza il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica, può rendere governabile, dall’alto, un paese frantumato dalla secessione in regioni, macroregioni, staterelli, feudi.

Abbiamo un tema forte, che dobbiamo far valere e su cui creare “connessione sentimentale”: l’AD è in contrasto con l’art.5 della Cost. , in cui l’autonomia è articolazione della Repubblica “una e indivisibile”.

Tocca a noi rilanciare la “democrazia di prossimità”, il ruolo centrale dei Comuni, la partecipazione, l’autorganizzazione come ossatura dell’impianto costituzionale. Non dovremo cincischiare, immaginare mediazioni impossibili. La secessione populista/ liberista si sconfigge solo rilanciando i valori e le pratiche di comunità.

Giovanni Russo Spena
Giurista

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