Appunti sugli strumenti utilizzabili per tutelare gli operai e gli abitanti di Taranto.

Come tutelare gli operai ILVA?

Dopo aver perso tre anni e mezzo facendo finta di salvare la nave (l’ILVA), direi che è il caso di cominciare a predisporre il piano di salvataggio dei marinai e non della nave.

Sono passati tre anni e mezzo da quel 26 luglio 2012 che portò al sequestro dell’impianti dell’area a caldo dell’ILVA e del protocollo d’intesa per le bonifiche, in realtà per una serie di interventi in parte già previsti per Taranto, quali i lavori del porto.

Il clima in città è segnato dalla paura degli operai, degli abitanti e dal nervosismo dei politici.

I ritardi nel piano governativo di “ambientalizzazione”, i rinvii delle scadenze previste dal Riesame 2012, la grave situazione debitoria dell’ILVA che produce dai cinquanta ai sessanta milioni di euro di debiti al mese, il rinnovo della “solidarietà” a più di 3.000 operai a rotazione, i tanti morti per incidenti nello stabilimento, l’avvio di due procedure europee contro l’Italia sono alla base di questa paura e di questo nervosismo. Sempre di più gli operai si convincono che le scelte del 2012 non stanno portando i frutti promessi e cioè non stanno dando garanzia di salvare l’ILVA e il loro posto di lavoro; le prospettive per il futuro diventano sempre più nere, senza che le istituzioni abbiano finora dato prova di essere in grado di costruire un’alternativa valida per 11.000 dipendenti e sostenibile per una città di 200.000 circa abitanti.

Bisognerebbe spiegare a tutti che, giustamente hanno paura di perdere lo stipendio, che l’Unione Europea non vieta di aiutare i lavoratori, ma solo di aiutare le imprese. Di questo abbiamo parlato nella conferenza stampa di Peacelink con Antonia Battaglia e Alessandro Marescotti che si è tenuta il 18 gennaio scorso.

E’ molto grave che gli operai siano tenuti nell’ignoranza di quello che si potrebbe fare per loro con diverse tipologie di finanziamenti e che non viene programmato dalle istituzioni.

La Commissione europea apprezzerebbe interventi a favore degli operai e potrebbe autorizzare anche la “no tax area” o altri interventi straordinari come le bonifiche, se adeguatamente motivati in base all’articolo 107 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che vieta gli aiuti alle imprese, ma non ai lavoratori e alle zone economicamente più fragili.

Infatti l’articolo 107 del TFUE recita: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

Sono sicura che non sarebbe una passeggiata preparare l’apposito dossier, sia per la complessità dell’intervento da realizzare a Taranto, sia perché le risorse europee interessano anche ad altri Paesi Membri della Unione, ma (dopo aver perso tre anni e mezzo) penso che sia proprio arrivato il momento di avviare tutto quello che può servire a salvare i marinai e non la nave. La battuta è di Cataldo Ranieri del Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti.

La domanda potrebbe essere perché non lo si è fatto finora, ma io preferisco chiedere a chi di dovere di farlo e subito, considerato che l’ILVA sembra non avere le risorse per continuare a produrre e/o per attuare le prescrizioni AIA.

Tra l’altro lo strumento più conosciuto e comprensibile perché già utilizzato più volte nelle crisi industriali di grandi gruppi (Natuzzi ad esempio), è di competenza della Regione che ha a disposizione il Fondo sociale europeo ed in particolare i fondi per la formazione continua, quelli per i dipendenti delle imprese private.

La formazione continua (in inglese “continuing vocational training”) è volta a migliorare il livello di qualificazione e di sviluppo professionale delle persone che lavorano, assicurando alle imprese e agli operatori economici sia pubblici che privati, capacità competitiva e dunque adattabilità ai cambiamenti tecnologici e organizzativi.

Le disposizioni legislative che predispongono interventi nazionali per la formazione continua sono l’articolo 9 della Legge 236/93 e l’articolo 6 della Legge 53/00. Tali norme prevedono la ripartizione annuale delle risorse erariali a favore delle Regioni che, a loro volta, emanano avvisi pubblici destinati a imprese e lavoratori per il finanziamento di piani formativi aziendali, settoriali e individuali e voucher formativi (aziendali e individuali).

Inoltre, per la formazione dei propri dipendenti, le imprese possono scegliere di aderire a uno dei Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, organismi di natura associativa costituiti attraverso accordi interconfederali, stipulati tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

L’offerta formativa si realizza attraverso la proposta a catalogo di percorsi interaziendali di aggiornamento del personale occupato; corsi interaziendali di alfabetizzazione, qualificazione, riqualificazione e specializzazione, volti all’acquisizione o allo sviluppo di nuove competenze professionali richieste in ambito lavorativo o per l’arricchimento del proprio patrimonio culturale; percorsi aziendali di riqualificazione e aggiornamento del personale occupato.

I corsi sono destinati a diverse categorie di persone, tra le quali:

–         soggetti occupati;

–         soggetti in CIG e mobilità, inoccupati, inattivi e disoccupati per i quali la formazione è propedeutica all’occupazione;

–         lavoratori con contratti di apprendistato e a progetto.

Sono argomenti proposti ripetutamente dal 2012 in poi ed inseriti nel programma amministrative 2012 di “Tarantorespira” che aveva Angelo Bonelli come candidato sindaco e di cui sono coportavoce Vittoria Orlando Giovanni Carbotti.

Analizzai questo problema nel maggio 2012, anche in un seminario di Peacelink in cui presentai i fondi strutturali utilizzabili.

Da allora però si contano sulle punta delle dite le interviste dei responsabili delle politiche del lavoro a livello di Governo e Regione. Sono stati al contrario molto frequenti le dichiarazioni del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), mentre (a mio modesto avviso) sarebbe stato opportuno avviare delle analisi su come tutelare i dipendenti diretti dell’ILVA, attraverso forme di prepensionamento e percorsi di riqualificazione. I responsabili delle politiche del lavoro a livello regionale e nazionale hanno taciuto finora!

Prepensionamenti, CIG, solidarietà, CCNL ecc, strumenti delle politiche del lavoro, sono di competenza del Ministero del lavoro e dell’apposito Assessorato regionale. Inutile protestare con il sindaco di Taranto com’è stato fatto negli ultimi anni. Si deve andare a Bari o a Roma. La prima indicazione che i sindacati dovrebbero dare agli operai è qual è l’interlocutore giusto con il quale prendersela. Gli strumenti della lotta sindacale quali scioperi, blocchi del ponte e delle statali e presidi non si devono utilizzare ancora una volta ai danni di chi vive in città.

Fulvia Gravame

20/1/2016 www.peacelink.it/index.html

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *