Bilancio del primo anno di guerra in Ucraina

C’è un’antica storiella russa, che mia madre, Teresa Mattei, raccontava: un mugik incontrò nella Taiga innevata un uccellino che cinguettava disperatamente per il freddo. Non sapendo come salvarlo dal gelo della notte, poiché portandolo nella sua Izba i suoi figli affamati lo avrebbero divorato, lo ricoprì coi suoi caldi bisogni, affinché superasse la notte. L’uccellino, ringalluzzito dal calduccio, cinguettò ancora di più. Un lupo lo sentì, e se lo mangiò.

Qui finisce la storia, ma ci sono tre morali da trarre: 1) non tutti quelli che ti mettono nella merda lo fanno per il tuo male; 2) non tutti quelli che ti tolgono dalla merda lo fanno per il tuo bene, e 3) quando sei nella merda fin qui, ti conviene startene zitto. L’uccellino, in questo caso, è Zelensky.

Il bilancio del primo anno di guerra in Ucraina è abbastanza chiaro: i Russi sanno che l’Ucraina, oltre ai danni da loro inflitti negli ultimi dodici mesi, si dovrà preparare a essere dilaniata, e certamente anche smembrata, da tutti gli “amici” occidentali che l’hanno “aiutata”, coi quali si è indebitata — o c’è ancora qualcuno che crede che gli “aiuti” fossero a fondo perduto? E gratis? Quando mai si è visto?

Il debito che l’Ucraina ha contratto con l’Occidente sarà pagato per lungo tempo dalle generazioni future, e presto con lo smembramento di pezzi del Paese, che i lupi affamati, come la Polonia, vogliono mangiarsi, ma anche in altro modo: BlackRock e JP Morgan hanno già firmato i protocolli d’intesa con Zelensky.

La Russia non ha fretta: sa che potrà lasciare finire la sua opera di demolizione agli occidentali, ai lupi affamati, perché sa bene che il credito può essere più distruttivo della guerra. Al punto in cui sono giunte le cose, l’esercito russo potrebbe anche serenamente rinunciare ad ulteriori offensive, e godersi lo spettacolo della distruzione e spartizione di ciò che resta dell’Ucraina e delle sue ricchezze da parte dei suoi famelici “amici” occidentali, coadiuvati efficacemente dalla corruzione locale, tutti “alleati oggettivi” della Russia nella demolizione dell’Ucraina.

L’incognita vera è l’uso che faranno delle montagne di armi i reduci sopravvissuti di ritorno dal fronte: quelli che hanno visto, e pagato in prima persona, le stragi e le atrocità perpetrate dagli ufficiali nazisti ucraini con le decimazioni delle truppe, la violenza inaudita della coscrizione e le menzogne di tutta la narrazione della propaganda. Questi reduci potrebbero anche, come in Italia dal 1943, iniziare una vera Resistenza contro il nemico interno e contro i falsi amici stranieri. E così anche la denazificazione completa del paese sarebbe cosa fatta. In ogni caso la denazificazione dell’Ucraina deve essere opera degli Ucraini stessi. Nessuno, in quel Paese crede alla leggenda occidentale di uno Stato democratico. Se c’è una bandiera sotto la quale combattere, questa è la gloriosa bandiera nera dell’eroico Nestor Machno, che si batté, al tempo della Rivoluzione, contro gli Austro-Tedeschi, i Russi bianchi e i bolscevichi. Un eroe ucraino scomodo, che perciò oggi viene sistematicamente ignorato. Morire per morire, tanto vale morire con onore.

Per quanto riguarda l’ignominiosa e bellicosa Europa ufficiale, somma della verbosa impotenza dei suoi Stati membri – i cui dirigenti si sono completamente allineati, per pavida stupidità e per corruzione indecente, alla mafia al potere in Ucraina, e agli ordini d’oltreoceano –, essa indica alle sue popolazioni chi sono e dove sono i loro veri nemici. Dopo un anno di questa guerra, due di lockdown, di repressione del dissenso e di caccia aperta ai c.d. no-vax, c’è forse qualcuno in Europa che sia pronto a morire per una cosca che non nasconde legami con gruppi criminali  e che si riconosce in Ursula von der Leyen?

Questo breve bilancio del primo anno di guerra nella zona di attrito, la crush zone*, dove si toccano i due dispotismi, l’Orientale e l’Occidentale, non perde di vista il più vasto conflitto mondiale che si è appena iniziato nel cuore dell’Europa. Sarà lungo: esso configura già e darà forma dappertutto al XXI secolo, e forse anche ai seguenti. Il mondo è troppo piccolo per le ambizioni e gli appetiti degli opposti dispotismi**.

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* Questa è l’espressione usata nel 1917 da James Fairgrieve per descrivere l’Europa centrale e orientale in Geography and World Power (1917).
** Cfr. Gianfranco Sanguinetti, Il Dispotismo Occidentale, aprile 2020.

NOTE

  1. Nestor Ivanovic Machno, anarchico rivoluzionario ucraino nacque nel 1889 e morì di tubercolosi, in esilio a Parigi. Dopo la pace di Brest Litovsk, nel 1917, guidò la resistenza ucraina contro le truppe austriache che l’avevano invasa. Il movimento anarchico (la c.d. Machnovcina) fra il 1917 e il 1921, diede vita al primo esperimento di autogestione contadina, attuando, per la prima volta nella storia e su larga scala, i principi dell’autogoverno, senza stato, scontrandosi prima con le truppe reazionarie dei controrivoluzionari bianchi poi con il nuovo governo bolscevico. Finì con una sconfitta e Machno fu costretto all’esilio in Francia, sempre attivo nel movimento anarchico fino alla morte.
  2.  Denis Shmyhal (Leopoli, 1975) è il primo ministro dell’Ucraina dal 4 marzo 2020. In precedenza era stato un manager di alto livello nella società Burshtyn Tes, nel settore di produzione dell’energia elettrica a carbone, gruppo di Rinat Akhmetov, il capitalista più ricco dell’Ucraina. Akhmetov ha accumulato ricchezza in modo assai chiacchierato; lo si accusa di essere stato un criminale mafioso (la mafia tatara del Donetsk), legato a Akhat Bragin (criminale accertato e morto in un attentato anni addietro). Il 10 ottobre 2022 due missili russi hanno colpito la centrale elettrica Bursctyn Tes.

Gianfranco Sanguinetti

3/3/2023 http://effimera.org

Foto di apertura: 5.7.2022. Lugano. Ukraine Recovery Conference 2022: il primo ministro ucraino Denys Shmyhal presenta una mappa della divisione del territorio da ricostruire tra i vari Paesi occidentali. La promessa pubblica ha tuttavia un difetto: buona parte dei territori assegnati sono attualmente in mano dei russi che non sembrano avere intenzione di restituirli (nota apposta dall’autore).

(24 febbraio 2023)

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