C’è speranza?

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Il Paese attraversa la fase forse più delicata della crisi sanitaria, in un clima di sconcerto, se non di sfiducia, e fa tristemente sorridere il goffo tentativo di Draghi di coprire il drammatico problema della scarsità dei vaccini, considerando che contro il virus la guerra non finirà presto senza un seppur ritardato piano di tracciamento di masso funzionale alla prevenzione. Quindi la speranza (ultima a morire anche con questo governo dei presunti migliori?) potrebbe derivare solo da una strategia di governo sui tempi lunghi.

Ma questo scenario oggi è un’utopia con la politica attuale che antepone strumentalmente l’economia alla salute e alla scienza con epidemiche conseguenze sociali che fanno dei fragili, in primo luogo, le vittime predestinate, con il brutale corollario di negazionismo ed egoismo individualista. E’ di fronte a tutti lo stato dei bambini senza libera socializzazione a scuola e nel dopo scuola, solo lo spazio familiare può essere vissuto come una gabbia. E cosa vogliamo dire degli anziani ricoverati soggetti a un decadimento definitivo nel rimanere per mesi rinchiusi nelle RSA senza vedere poter vedere i familiari?

Il Comitato Nazionale di Bioetica nel rapporto fra libertà individuale e solidarietà sociale, nel sottolineare il carattere di eccezionalità chiedeva criteri di proporzionalità, di efficacia, di limitazione nel tempo, ma ad oggi, oltre un anno dopo l’inizio della pandemia, non si intravede un simile percorso, anzi ci si arrabatta in dichiarazioni che vorrebbero dare rassicurazioni ma nei fatti producono percezioni di massa funzionali a una assuefazione nel camminare in un tunnel senza fine.

Il ministro Speranza ha dichiarato che vinceremo la sfida e in estate saremo protetti dell’immunità di gregge.

Beata innocenza quella del Ministro o irresponsabilità per giustificare un governo promotore di un uso sciagurato del Recovery Fund e smantellamento della sanità pubblica?

Come il Ministro dovrebbe sapere (ma certo che lo sa!) la salute dei cittadini è sottoposta alle pressioni di un coacervo di interessi insalubri portati da Regioni, logiche aziendalistiche nel pubblico, imprenditori della sanità privata, manager, interessi men che mai conciliabili con la qualità e l’efficacia che il sistema sanitario pubblico dovrebbe garantire (non fosse altro perché i cittadini pagano il SNN con la fiscalità generale e con la tangente dei ticket), in quanto portatori di conflitti di interesse e corruzione che sono stati alla base del boicottaggio della Legge di istituzione del SNN 833/78. Allora viene spontaneo chiedergli perché la sua azione non ha prodotto, almeno, un rallentamento di questa prassi politica?

Certamente in cuor suo il ministro si chiede da tempo:

  • Perché la sanità pubblica è in coma, non vigilato?
  • Perché produce maggiori diseguaglianze?
  • Perché avanza facilmente, anzi incentivato, il ritorno delle mutue con il de-finanziamento del SSN e gli incentivi fiscali alle strutture private? – Perchè la prevenzione è ridotta ai minimi termini e sopravvive solo con l’eroico impegno di pochi, anche mal sopportati?
  • Perchè avanza la distruzione dell’unità nazionale con l’autonomia regionale (certamente non “solidale” come lo stesso ministro ha dichiarato con uno spregiudicato eufemismo) guarda caso pretesa guidata da quei “governatori” che hanno dimostrato una mortale incapacità nella gestione della pandemia?

Purtroppo non si dà risposte, altrimenti avrebbe, con grande e apprezzata dignità (che non gli manca!), rassegnato le dimissioni già nel governo Conte e comunque non avrebbe accettato l’incarico nel governo Draghi che nel Documento di Economia e Finanza 2021 conferma i tagli alla Sanità nonostante ci troviamo davanti alla malasanità, ai tumori professionali, alle patologie da inquinamento, alle decine di migliaia di vittime del Covid-19, alle ormai centinaia di infermieri, medici, e di altre professioni sanitarie che hanno perso la vita causa inadeguate protezioni, in primo luogo, e inaccettabile disorganizzazione aziendalistica nel quadro dell’ormai evidente, adesso a tutti, tragico regionalismo che ha distrutto la sanità pubblica dopo la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione.

In merito, chiediamo al Ministro Speranza se il Ministero della salute è stato messo in condizione di applicare la direttiva che il Parlamento aveva emanato con l’articolo 18 del Decreto-legge 18/2020 e gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 34/2020, per il monitoraggio e l’emanazione delle direttive da imporre alle Regioni nella redazione dei programmi operativi e dei piani di riorganizzazione dei servizi ospedalieri e dei servizi territoriali, come percorso delle attività di contrasto e controllo della pandemia e, di ovvia conseguenza, del programma straordinario di vaccinazione.

A questo punto è lecito il dubbio che i governanti, nazionali e regionali di concerto, hanno deciso, per sottaciuta incapacità, di far convivere gli italiani con il virus per lunghi anni?
La conferma sta nella scelta del governo di non rivalorizzare concretamente, vedi
la riduzione del finanziamento e l’aumento di quello alla sanità privata confermano anche i grandi squilibri nord-sud, le mutue e i fondi assicurativi, spianando la strada al welfare aziendale.

Non vogliamo cadere nella logica del complotto teorizzando un consapevole uso del covid per radicalizzare un sistema di sorveglianza sociale atto a debilitare proteste e lotte come corollario autoritario per l’imposizione legislativo del principio “ prima il profitto e poi, se possibile, sprazzi di salute”, ma – come recita un detto popolare – a pensar male spesso s’indovina.

Prendiamo, tanto per dire, per buono questo nostro “pensar male” allora pare ovvio, addirittura logico “ Lo slogan 24/7, prodotto dal capitalismo del XXI secolo, alimenta sempre di più un concetto di massa che, a mano a mano, sta entrando a far parte della nostra quotidianità. A ciò si ricollega la parallela distruzione del concetto di riposo. L’essere umano riceve così un invito. Il cui scopo è quello di far sì che la produttività e la capacità di consumare siano sempre e ovunque attive. Pertanto, per bloccare momentaneamente questo meccanismo, tutto ciò che rimane all’essere umano è il sonno.” (Roberto Villani -gli effetti dell’automazione nella società dei consumi- ntersezionale.com- 24/4/2021).

E’ il sonno della ragione che vuole anche il Ministro che ha nelle sue mani il nostro stato di salute, non solo inteso come assenza, o riduzione, di malattia ma anche psicologico?
Domanda peregrina la nostra? No, perché la pandemia ci lascerà pesanti segni sulla salute mentale che aggraverà in forme radicali le già presenti patologie di questi ultimi decenni, conseguenti alle disuguaglianze sociali derivanti da una esponenziale povertà di nuove ampie fasce di popolazioni soggette a disoccupazione permanente.
Pesanti segni che, appunto, porteranno alla debilitazione di ogni forma di critica di massa e quindi al sonno della ragione.

Da uno studio accurato del Laboratorio di psicopatologia del lavoro rileviamo “sindromi da disadattamento, reazioni acute da stress, disturbi d’ansia, depressione e anche disturbi post- traumatici da stress. La pandemia ha determinato una sospensione della routine, delle abitudini, creando un senso di instabilità e smarrimento. (…) Tra le difficoltà che abbiamo rilevato, vi era anche quella di dover lavorare da casa gestendo i figli che non andavano a scuola, ma anche il vissuto di solitudine e la mancanza delle relazioni sociali.(….). In generale quello che è stato osservato dalle nostre interlocutrici tra i lavoratori del settore sociosanitario è che se in un primo momento prevalevano un forte senso del dovere e la volontà di dare il proprio contributo, in seguito è subentrato un forte senso di stanchezza e di frustrazione. Anche se ad oggi non ci sono ancora statistiche sull’impatto di questa pandemia sulla salute psichica dei lavoratori, quello che è stato osservato dal Laboratorio di psicopatologia del lavoro è che spesso, nelle situazioni già critiche dove erano in corso tensioni o conflitti sul posto di lavoro, queste si sono inasprite, arrivando il più delle volte alla necessità per la persona di avere un distacco dall’ambiente lavorativo o addirittura di sciogliere il rapporto di lavoro. (….).

Da criticare chi vuole lasciare di fronte a questi numeri?: oltre 400 i decessi tra medici e infermieri, gli infortuni nel 2020 sono stati tre volte quelli del 2019 e in tre quarti dei casi hanno riguardato il contagio da Covid

I 17.634 (numeri di Speranza) assunti a tempo indeterminato in un anno di covid sono esigui numeri a fronte della mancanza di oltre 60mila medici, di oltre 80mila infermieri, di un incalcolato numero di OSS e fisioterapisti, per avvicinarci alla media europea. Ministro, vogliamo farne a meno anche di altre migliaia?
Dopo che per decenni sono state/i:

Obbligate/i alla metà di quanti servirebbero; Obbligate/i a lavorare anche per chi non assumono; Obbligate/i ad allungare l’orario di lavoro; Obbligate/i a lavorare a cottimo; Obbligate/i a saltare i riposi;
Obbligate/i alla reperibilità 24 su 24; Obbligate/i a sbuffare contro precarie/i interinali; Obbligate/i a fare pausa pranzo e cena come capita; Obbligate/i a litigare tra noi sui carichi di lavoro; Obbligate/i all’elemosina dei premi di produttività; Obbligate/i a soprassedere sulla prevenzione; Obbligate/i a monetizzare i rischi; Obbligate/i a litigare contro le sfruttate delle pulizie; Obbligate/i a sfruttare i famigliari dei malati; Obbligate/i a giustificare le liste d’attesa dei malati; Obbligate/i a chiedere la repressione delle proteste; Obbligate/i a miseri contratti; Obbligate/i a silenziare la nostra etica professionale; Obbligate/i al sasso in bocca con l’omertosa fedeltà aziendale;

ci pare ovvio chiedere al Ministro: c’è speranza? Per noi c’è solo con la lotta. Con parole e fatti! Con parole e fatti!

Franco Cilenti

editoriale pubblicato del numero di maggio del mensile Lavoro e Salute

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