Chi sono i lavoratori parasubordinati in Italia

Si collocano a metà tra i lavoratori dipendenti e i professionisti con partita Iva iscritti a un albo, sono oltre 1 milione e i loro redditi sono piuttosto bassi. A soffrire di più sono donne e giovani. Ecco la fotografia dei parasubordinati in Italia scattata dalla Fondazione Di Vittorio

In Italia sono 1 milione e 430 mila e si collocano a metà tra chi ha un contratto da dipendente e chi, iscritto a un albo, svolge un’attività come autonomo con più committenti. Parliamo dei lavoratori parasubordinati, per i quali quel prefisso noto a chi mastica il greco – parà – indica una condizione lavorativa particolare, come specifica l’Inps.

I parasubordinati, iscritti alla gestione separata dell’Istituto nazionale di previdenza, si possono infatti suddividere in due gruppi: i collaboratori con attività di collaborazione coordinata e continuativa o con contributi versati dal committente entro il mese successivo alla ricezione del compenso e i professionisti con partita Iva che non fanno riferimento a una cassa previdenziale, come invece avviene per giornalisti, avvocati, eccetera.

Dei loro redditi bassi, della difficoltà legata al pay gender gap e di come tutto questo influisca anche sul loro orizzonte previdenziale, parla il working paper della Fondazione Giuseppe Di Vittorio, pubblicato nell’aprile scorso e curato dal ricercatore Nicolò Giangrande, dal titolo “Il reddito dei lavoratori parasubordinati in Italia. Un’analisi della Gestione Separata dell’INPS (2019-2021)”.

Parasubordinati in Italia: oltre 1 milione, la maggioranza collaboratori

L’analisi interessa un periodo molto particolare per quel che riguarda il mondo del lavoro: tiene in considerazione un anno prepandemico come il 2019 e fa riferimento ad anni come il 2020 e il 2021, molto difficili perché contrassegnati dalla crisi causata dal Covid-19 e dalle conseguenti restrizioni.

La fotografia che emerge è questa: i parasubordinati sono quasi 1 milione e mezzo di cui 995.600 sono collaboratori, vale a dire il 69,6% e 434.900 sono professionisti, ossia il restante 30,4 per cento.
In confronto all’anno prepandemico, ossia il 2019, si nota un aumento complessivo di 80.300 persone per entrambe le tipologie: 32.800 professionisti e 47.400 collaboratori che inizialmente sono diminuiti nel 2020 per poi aumentare nel 2021.

Sono lavoratori definiti “esclusivi“, vale a dire che negli anni presi in esame hanno vissuto solo dell’attività da parasubordinati, senza altre entrate che potessero concorrere a formare il reddito, come contratti da dipendenti anche a termine, per esempio.

Quanto al reddito medio di entrambe le categorie, ossia collaboratori e professionisti, come emerge dal documento, nel 2021 è stato di 21.800 euro, con una crescita del 3% rispetto al 2020. Un importo che è prossimo al salario lordo annuale medio osservato per i lavoratori dipendenti del settore privato. Solo che, per i parasubordinati, non sono previste indennità di malattia, permessi, assicurazione aziendale e altri benefit che chi è dipendente ha e, come vedremo, anche situazioni contributive particolari.

Il che evidenzia, rispetto a chi ha un contratto di lavoro subordinato, una situazione di maggiore povertà e ristrettezze, considerando anche il fatto che sia i collaboratori sia i professionisti lavorano per un unico committente, quindi non hanno altre entrate.

Disaggregando i dati, e cioè andando a vedere le differenze reddituali dei due gruppi che fanno parte dei subordinati, i collaboratori hanno visto, nel triennio 2019-2021, aumentare il loro compenso, cosa che non è successa ai professionisti con partita Iva.

In dettaglio, il reddito dei collaboratori, che nel 2019 era pari a 23.700 euro, è risultato sostanzialmente stabile nel 2020 (+0,1%) e in aumento nel 2021 (+3,3%), quando infine si è attestato a 24.500 euro (+3,4% rispetto al 2019).

Il reddito dei professionisti, che nel 2019 era di 16.700 euro, ha registrato invece una forte flessione nel 2020 (-7%) e un incremento moderato l’anno successivo (+1,1%), attestandosi così nel 2021 a 15.700 euro (-6% rispetto al 2019).

Il che evidenzia la diversità sostanziale tra chi ha un contratto di collaborazione e chi ha una partita Iva. Differenza che, come spiega Giangrande, è data dal fatto che all’interno dei collaboratori rientrano anche gli amministratori e i sindaci delle società che sono contrassegnati da redditi nettamente più elevati rispetti agli altri (essendo parte dell’organo di controllo della società).

Pro.Co.PA e professionisti esclusivi

Ecco perché all’interno di questi gruppi la ricerca analizza in particolare due sottoinsiemi di lavoratori con un unico reddito da lavoro parasubordinato, composti dai collaboratori esclusivi a progetto, coordinati e continuativi e presso la Pubblica amministrazione (definiti Pro.Co.Pa.) e da tutti i professionisti con partita Iva esclusivi, ossia che svolgono unicamente attività di lavoro parasubordinato.

Tra questi collaboratori esclusivi, i Pro.Co.PA nel 2021 erano 211.000 persone, i professionisti 341.100. In questo caso la situazione si inverte, rispetto alla totalità dei parasubordinati, e sono i Pro.Co.Pa ad avere redditi nettamente più bassi rispetto ai professionisti.

Chi lavora con contratti di collaborazione nel settore pubblico ha un reddito medio di 8.500 euro, contro i 15.800 dei professionisti esclusivi. La situazione peggiora poi per le donne e i giovani sia per i Pro.Co.Pa sia per i professionisti.

Donne e giovani: i più svantaggiati tra collaboratori della Pa e professionisti

Nel primo caso, il reddito delle donne, che era già basso nel periodo pre-pandemia, subisce una contrazione nel 2020 (-2,6%), per poi avere un aumento nel 2021 del 9,3 per cento.

Un aumento che comunque non va a colmare il pay gender gap, come si vede nel grafico: mettendo a confronto il reddito degli uomini nel 2021, che è di 11.013 euro, contro i 7.022 euro delle donne, ci sono quasi 4.000 euro di differenza, nonostante le donne rappresentino il 60% di questo sottoinsieme.

I giovani collaboratori della pubblica amministrazione

Anche i giovani collaboratori – termine con cui si indicano gli under 34 – che rappresentano il 48,4% dei Pro.Co.Pa, hanno redditi più bassi, legati probabilmente al fatto di essere considerati con meno esperienza e come tali pagati meno.

Nel 2021, nonostante abbiano visto un aumento, così come è successo per le donne, il loro reddito medio si è attestato sui 5.000 euro, rispetto al reddito dei senior che è stato di 11.000 euro per chi ha tra i 35 e 64 anni e di 14.453 euro per chi ha superato i 65 anni.

Il reddito medio dei professionisti parasubordinati

Per quel che riguarda i professionisti, il reddito medio nel 2021 di chi ha un’attività esclusiva è di 16.900 euro, più alto rispetto ai professionisti totali (15.700 euro) e ai professionisti concorrenti (15.200 euro), ossia a chi ha redditi da dipendente e pensione e integra con collaborazioni.

Anche in questo caso si notano differenze di genere e legate all’età. Se appunto 16.900 euro è la media, andando a vedere il dettaglio le donne guadagnano meno degli uomini: nel 2021 sono 13.200 euro contro 18.400 euro e questo nonostante rappresentino circa la metà del sottoinsieme. Risulta evidente, quindi, un pay gender gap significativo.

Per i giovani fino a 34 anni, corrispondenti al 33,4% dei professionisti esclusivi, il reddito nel 2021 è di 12.300 euro mentre quello dei senior, dai 35 a 64 anni, è di 17.609 euro e degli over 65 di 18.431.

Donne e giovani sono dunque i più penalizzati di entrambi i sottoinsiemi.

Parasubordinati e pensione: orizzonti limitati e trattamento Inps

A tutto questo, bisogna poi aggiungere il cosiddetto orizzonte contributivo: nel periodo analizzato, l’aliquota pensionistica per i collaboratori esclusivi è pari al 33%, a cui va aggiunta un’aliquota di 0,72% (per le prestazioni non pensionistiche come maternità, assegni per il nucleo familiare e malattia) e un’ulteriore aliquota di 0,51% (per il finanziamento dell’indennità di disoccupazione Dis-Coll (prevista per collaboratori, assegnisti, dottorandi di ricerca con borsa di studio, amministratori e sindaci iscritti alla Gestione Separata in via esclusiva). Nel caso dei collaboratori, quindi, risultano due aliquote complessive: la prima pari al 33,72% (comprensiva dello 0,72%) e la seconda pari al 34,23% (comprensiva sia dello 0,72% che dello 0,51%).

C’è comunque da ricordare che, nel caso dei collaboratori i contributi sono a carico del committente per 2/3 e per 1/3 a carico del lavoratore.

Per quanto riguarda, invece, i professionisti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie – i cui contributi sono comunque tutti a carico loro –  l’aliquota è invece pari al 25% a cui si aggiunge un’aliquota di 0,72% per le prestazioni non pensionistiche (maternità, assegni per il nucleo familiare e malattia). Quindi, tutti i professionisti esclusivi ricadono nell’aliquota complessiva del 25,72% (comprensiva dello 0,72%). Inoltre a partire dal 2021 per i professionisti esclusivi è prevista un’ulteriore aliquota pari allo 0,26% per l’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (Iscro), indennità prevista per i lavoratori autonomi richiedibile una sola volta nel triennio 2021-2023 ed erogata per sei mensilità.

Dallo studio è dunque emerso che per quanto riguarda le aliquote, la maggioranza dei Pro.Co.Pa ricade nell’aliquota superiore, vale a dire versa sia l’aliquota aggiuntiva per le prestazioni non pensionistiche che per il finanziamento della Dis-Coll) così come la totalità dei professionisti esclusivi (che, pertanto, versano l’aliquota per le prestazioni non pensionistiche).

C’è da dire, come evidenzia il paper che ogni anno di contribuzione, ai fini pensionistici, è considerato per intero solo se sono stati versati i contributi su un reddito non inferiore al reddito minimale previsto per i commercianti. Da quest’ultima analisi risulta un’ampia platea di collaboratori esclusivi Pro.Co.Pa. e di professionisti esclusivi (rispettivamente l’85,1% e il 66,1% nel 2021) con meno di 12 mesi accreditati ai fini pensionistici.

L’articolo 2 comma 29 della legge 335/1995 prevede, infatti, che il lavoratore iscritto alla gestione separata abbia diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare cui si riferisce il versamento solo se l’importo corrisposto non è inferiore a quello calcolato sul minimale di reddito stabilito degli Artigiani e commercianti (nel 2021 era di 15.953 euro).

In caso di contribuzione anno inferiore a tale importo, i mesi di assicurazione da accreditare vengono ridotti in proporzione alla somma versata e vengono attribuiti temporalmente al periodo corrispondente a partire da inizio dell’anno solare fino a concorrenza del periodo riconoscibile. L’arrotondamento è sempre per difetto.

Cosa significa? Che, se per esempio un lavoratore ha guadagnato 7 mila euro con un contratto che ha una durata di 12 mesi, l’Inps accrediterà solo 5 mesi ai fini pensionistici (7 mila euro/1.353,58 euro).

La maggioranza dei parasubordinati è dipendente dal monocommittente

Inoltre, l’altissima percentuale di collaboratori esclusivi Pro.Co.Pa è monocommittente (90,9% nel 2021), il che influisce sul reddito medio ed evidenzia una dipendenza economica non trascurabile. Se il datore di lavoro con cui si collabora dovesse chiudere, cambiare il compenso o altro, questo inciderebbe moltissimo sul guadagno.

La stessa cosa vale per i professionisti esclusivi.

Da questo studio emerge come i parasubordinati, e nella fattispecie i Pro.Co.PA e i liberi professionisti senza cassa, rientrino tra le categorie più precarie, contrassegnate da discontinuità lavorativa e bassi redditi che condizionano non poco il loro orizzonte previdenziale.

Cristina Maccarrone

17/5/2023 https://www.osservatoriodiritti.it

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