CILE: L’ALBA DI UN NUOVO GIORNO

Nonostante il formale ritorno alle istituzioni democratiche, ad opera di Patricio Aylwin (ex oppositore di Salvador Allende), eletto Presidente nel 1990, quella del popolo cileno è stata una lunga ed estenuante attesa.
Sono occorsi quarant’anni, infatti, prima di poter liberare il Paese dal pesante fardello lasciatogli in eredità dal criminale (1) fascista Augusto Pinochet!

Una Costituzione che, approvata nel 1980 attraverso un referendum farsa, prevedeva un secondo referendum, da tenersi nel 1988, con il quale il popolo cileno avrebbe dovuto esprimersi per, eventualmente, rinnovare il mandato presidenziale a Pinochet oppure prevedere l’elezione di un altro Presidente.

Quella Carta costituzionale che, ad esempio, proibiva lo sciopero dei dipendenti pubblici e, in ossequio ai più esasperati principi economici del nascente neoliberismo (2), sanciva la privatizzazione dell’acqua e prevedeva maggioranze “bulgare” (oltre l’assenso del Tribunale Costituzionale) per qualsiasi ipotesi di riforme in materia di salute, pensioni e scuola.

Senza dimenticare l’istituzione di tutele permanenti per i militari e l’ostracismo politico nei confronti di chi (persone, partiti e movimenti) fosse stato giudicato, dal suddetto Tribunale, “ostile alla democrazia”.

Conseguenzialmente, nel corso degli anni successivi – nonostante il Paese fosse (ormai) libero dal soffocante e brutale giogo del regime fascista e potesse contare su elezioni formalmente libere (3)– contro l’invalicabile muro della Costituzione si sono infrante le attese e le speranze legate alle più elementari conquiste sociali.

Non a caso, il Cile è l’unico paese dell’America Latina la cui (vigente) Costituzione pinochetista non riconosce l’esistenza dei popoli indigeni e rispetto alla quale sarebbe anticostituzionale, ad esempio, pretendere il ritorno al carattere pubblico di alcuni servizi essenziali o la gratuità della scuola.

Senza poter neanche immaginare la rivendicazione e il riconoscimento di elementari diritti civili quali: la “parità di genere” o l’aborto!

La conseguenza è rappresentata da un Paese che, nel corso degli ultimi anni, anche se ha notevolmente ridotto la percentuale di popolazione in stato di povertà – dal 30 per cento del 2000 al 6,4 per cento del 2017 (4) – – presenta un sistema fiscale inefficiente (che tende a gravare sui più poveri) e ha finito per essere, in definitiva, uno dei peggiori al mondo in termini di disuguaglianze sociali.

Contro tutto questo, evidentemente, ha inteso esprimersi, appena qualche giorno fa, quel 78 per cento di elettori che ha optato per il definitivo superamento di un ingombrante retaggio dei “tempi bui”; nel corso dei quali, se è vero che il Pil del Paese crebbe molto, è altrettanto vero che il debito pubblico – tra il 1974 e il 1988 – aumentò del 300 per cento.

Così com’è drammaticamente attendibile la stima di oltre 3.000 (tremila) desaparecidos (5) e circa 30.000 (trentamila) oppositori imprigionati (spesso torturati) da un regime spietato e sanguinario.

Ma in quale contesto si pone il grande risultato del referendum?

A valle del 25 u.s. per il popolo cileno pare essere giunta l’ora di non poter più desistere rispetto al percorso intrapreso e dimostrare il massimo della coesione possibile.

Le proteste e gli scontri di piazza che, in particolare nel corso degli ultimi due anni, hanno coinvolto centinaia di migliaia di cittadini, che contestavano l’assenza di provvedimenti governativi tesi a migliorare le condizioni di vita delle fasce più deboli – dall’aumento delle pensioni alla copertura delle spese mediche più costose, passando attraverso un adeguato salario minimo garantito – vanno gestiti con “oculata attenzione e prudenza”.

In fin dei conti l’interlocutore istituzionale, il conservatore Sebastian Pinera, Presidente dal dicembre 2017, si è già prodotto – nell’ottobre dello scorso anno – nella proclamazione dello stato di emergenza, così come le forze armate, nell’istituzione del coprifuoco notturno; provvedimenti preoccupanti che richiamano infausti precedenti!

A questo va aggiunto che rappresenterebbe una gravissima omissione ignorare che, al malcontento antigovernativo, si aggiunge, da parte di tanta parte del popolo cileno, una protesta – che definirei “cristianofobia” – già concretizzatasi in una serie di veri e propri attacchi contro le chiese cattoliche.

Rinviando agli addetti ai lavori e agli esperti della materia eventuali approfondimenti di merito rispetto a ciò che, in termini di geopolitica della religione, “bolle in pentola”, un po’ in tutta l’America Latina – dalla protestantizzazione (6) organizzata dalla chiesa evangelica nordamericana al penetrante proselitismo islamico (7) – sarebbe molto interessante studiare con maggiore cura un certo tipo di fenomeno.

Mi riferisco a una lunga serie di atti – apparentemente di tipo vandalico – perpetrati di recente contro alcuni luoghi di culto (8).

La sensazione, infatti, è che essi rappresentino una sorta di “avvertimento a futura memoria” a una Chiesa che Emanuel Pietrobon definisce “oggetto d’odio generalizzato per via del ruolo giocato durante la dittatura” e per i recenti scandali legati ad abusi sessuali su minori.

In definitiva, appare scontato che il popolo cileno si appresti, oggi, ad affrontare un inedito – stimolante e complicato – percorso democratico; per la stesura di una nuova Carta Costituzionale che garantisca, tra l’altro, diritti fondamentali quali, ad esempio, l’assistenza sanitaria gratuita e la possibilità di accesso all’istruzione da parte di tutti.

Risulteranno pertanto fondamentali tanto la elezione degli oltre 150 “costituenti” (9) quanto la loro capacità di coniugare legittime istanze sociali e politiche con principi di civiltà e norme – di carattere formale e sostanziale – ispirate alle migliori democrazie europee.

NOTE

  1. L’11 settembre del 1973 Augusto Pinochet, alla testa dei militari e appoggiato dalle élite economiche nazionali e dalle multinazionali americane, con il sostegno attivo della CIA e del Dipartimento di Stato americano, rovescia il governo del socialista Salvador Allende e instaura unna dittatura militare.
    2- Secondo David Harvey, nella sua “Breve storia del neoliberismo”, quello del Cile di Pinochet fu il primo esperimento di Stato neoliberista, attraverso politiche che, negli anni successivi, sarebbero state adottate da Margareth Thatcher e Ronald Reagan.
    3) Grazie a un sistema elettorale che limita il potere delle sinistre e favorisce i politici uscenti, riducendo il turnover politico.
    4) Ultimo dato certo disponibile.
    5) Tra i quali, secondo i responsabili de “L’Archivio Desaparecido”, curato da Alfredo Sprovieri, Elena Basso e Marco Mastrandea, tanto in Cile, quanto in altri Paesi dell’America Latina – dal funesto regime dittatoriale di Vileda (in Argentina) alla tragedia salvadoregna del Generale Romero – anche decine di migliaia di cittadini italiani.
    6) Secondo Emanuel Pietrobon:” Tra il 1970 ed il 2014 la popolazione latino-americana di appartenenza cattolica si è ridotta drasticamente, passando dal 92 al 69 per cento del totale” (INSIDEOVER del 12 luglio 2019).
    7) Sempre secondo ciò che scrive Emanuel Pietrobon, nel solo Brasile, dal 2000 al 2010 la popolazione musulmana sarebbe aumentata del 29,1 per cento.
    8) La chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione, data al fuoco e, soprattutto, la chiesa di San Francesco Borgia (sede abituale delle cerimonie istituzionali dei famigerati Carabineros) con la distruzione degli arredi e la profanazione dei simboli religiosi.
    9) È previsto che l’Assemblea costituente inizi i lavori nel maggio 2021, per poi sottoporre la nuova Costituzione a un voto referendario da tenersi nel secondo semestre del 2022. Quando approvata, la nuova Carta entrerà in vigore immediatamente.

Renato Fioretti

Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute

29/10/2020

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