Contro la “medicina scolastica”: per la “tutela della salute in età scolare”

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La pandemia da Covid-19 ancora in corso ha riportato di moda il termine “medicina scolastica” da parte di molti e in modo più o meno improprio.
Dirigenti scolastici e insegnanti, sindacati ed esponenti politici, fino al mondo dell’attivismo, l’hanno invocata dentro quel processo di analfabetismo relativo e di ritorno e di subalternità al pensiero unico “neo liberale” che sembra caratterizzare oggi la sinistra in Italia.
E’ quindi necessario fare un po’ di chiarezza soprattutto tra gli operatori sanitari e scolastici, gli studenti, i genitori, gli attivisti della salute proponendo un metodo di analisi dei problemi che parta dalla critica dell’economia politica attraverso la storia,l’economia,la teoria critica e la partecipazione al conflitto sociale (E. Turi, Per una critica dell’economia politica in sanità. Quaderni di inchiesta sociale, 2016). La prassi senza teoria è cieca e vicevesa.

Il termine più appropriato di “igiene scolastica” compare, dopo la L. n. 5489 Crispi-Pagliani, già nel Regio Decreto n. 45/1901 e con il Testo Unico delle Leggi Sanitarie del Regio Decreto n.1265/1934.
Parliamo di una norma ancora in vigore e utilizzata dagli operatori dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie (AS) in cui sono previsti anche obblighi tuttora vigenti non di poca importanza (obbligo di notifica delle malattie infettive, Sindaco autorità sanitaria, autorizzazione alle professioni sanitarie, regolamenti comunali di igiene, ecc.). Molti aspetti di questa norma sono stati invece ampliati da disposizioni di legge successive nazionali e dell’Unione Europea.
La normativa venne approvata per la prima volta dopo l’Unità d’Italia dal Governo di F. Crispi, ex mazziniano e garibaldino poi passato alla destra monarchica instaurando il fenomeno del “trasformismo” ben noto sino ai giorni nostri, fautore di scelte autoritarie (anche in sanità) e repressive che segnarono l’inizio della storia nazionale.
La norma venne rivista nel 1924 e poi rafforzata ed estesa nel 1934 durante il fascismo, collocando, non caso, la sanità nel Ministero degli interni.
Un’Italia ben diversa da oggi, in cui l’obbligo scolastico terminava alla V classe della scuola primaria (elementari).
Durante l’ Unità d’Italia infatti, la Legge Casati del 1859 istituì una scuola elementare articolata su due bienni, il primo dei quali obbligatorio. Il censimento del 1871 attestò una situazione critica dell’analfabetismo rispetto alla situazione pre-unitaria, cosicché la Legge Coppino del 1877 portò la durata delle elementari a cinque anni ed introdusse l’obbligo scolastico nel primo triennio delle elementari stesse, definendo anche sanzioni per i genitori degli studenti che non avessero adempiuto a tale obbligo. La legge Orlando prolungò l’obbligo scolastico fino al dodicesimo anno di età, prevedendo l’istituzione di un “corso popolare” formato dalle classi quinta e sesta, che si innestava subito dopo la scuola elementare; impose altresì ai Comuni di istituire scuole almeno fino alla quarta classe, nonché di assistere gli alunni più poveri, elargendo fondi ai Comuni con modesti bilanci.
La Riforma del Ministro Gentile nel 1923 durante il fascismo portò l’obbligo scolastico fino ai 14 anni d’età, probabilmente solo per aderire ad una convenzione internazionale di alcuni anni prima e infatti rimase lettera morta per la stragrande maggioranza degli studenti italiani fino al 1962-1963, quando fu avviata la riforma dell’unificazione della scuola media.

La scuola italiana aveva una impostazione autoritaria e classista che rispondeva all’esigenza di unificare una nazione molto diversa al suo interno dal punto di vista economico e sociale, contrastando i movimenti di ispirazione democratica e socialista, sotto il segno della monarchia sabauda e del fascismo. Dal massacro di Bronte in Sicilia ad opera del garibaldino N. Bixio alla legge Pica contro il “banditismo” inizia la gramsciana “Questione meridionale” che ancora divide il paese, anche osservando gli attuali dati ISTAT su istruzione e sanità.

Dopo la seconda guerra mondiale e la sconfitta del nazifascismo, l’Italia, come è noto, ebbe un impetuoso sviluppo economico, una vera e propria rivoluzione industriale, con una imponente industrializzazione soprattutto nel Settentrione, i fenomeni migratori dal Sud al Nord e dalle campagne alle città, l’aumento dei consumi e dell’inquinamento ambientale,l’esplosione del problema delle abitazioni, delle infrastrutture e dei servizi (acqua, liquami, trasporti, scuole, sanità,ecc.) che resero improvvisamente obsoleto l’impianto normativo post unitario sia in campo sanitario che scolastico, portando dopo anni di lotte operaie e studentesche a significative riforme in questi settori.

Già l’articolo 34, comma secondo della Costituzione, entrata in vigore nel 1948, aveva stabilito che “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. Viene sancita la libertà di istituire scuole “senza oneri per lo stato” formula chiara, grazie a Piero Calamandrei, ma che avrà una interpretazione strumentalmente controversa negli anni successivi comportando effettivi oneri di spesa a favore delle scuole private, soprattutto cattoliche.

L’ art .32 della Costituzione sul diritto alla salute purtroppo non sarà altrettanto chiaro relativamente all’aspetto dei finanziamenti pubblici al privato in sanità, ponendo le basi della situazione attuale,con il largo ricorso al finanziamento di attività sanitarie private con fondi pubblici, fino ad inquinare in tal senso la successiva L. n. 833/1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con i convenzionamenti con il privato previsti dagli artt. 25 e 26 (“bombe a orologeria”, ormai esplose).

Nel dopoguerra vigeva dunque ancora il sistema scolastico precedente: scuola elementare quinquennale e i tre anni successivi divisi in “scuola media” (che permetteva di proseguire gli studi grazie alla materia del latino) e “scuola di avviamento professionale” (che senza l’insegnamento del latino, escludeva da qualsiasi proseguimento degli studi).

Sono gli anni della ripresa del conflitto operaio in fabbrica, del movimento degli studenti che porteranno al lungo Sessantotto italiano dopo il biennio ‘68-’69 sino al biennio ’78-’80, anni in cui il ciclo si chiude con il rapimento e l’uccisione di A.Moro, la sconfitta operaia della FIAT e l’inizio della stagione del “Compromesso storico” che al di là, delle più nobili intenzioni di E. Berlinguer più o meno condivisibili, porterà alla fase successiva (terrorismo, craxismo, berlusconismo), come ci ricordano R.Rossanda e P. Ingrao (Appuntamenti di fine secolo,1995).

In quegli anni le lotte operaie e studentesche pongono con forza il tema della salute a partire dalla nocività nei luoghi di lavoro e la selezione sociale nelle scuole.

I libri di Don Milani (Lettera a una professoressa,1967) e M.Lodi (Il paese sbagliato,1970 ) sono pietre miliari di questo percorso, in cui si incontrano la necessità di garantire un più esteso diritto all’istruzione con l’utilità per l’ industria di avere manodopera più qualificata. Viene abolito il numero chiuso per l’accesso all’università (poi reintrodotto).

Il lungo Sessantotto si chiude con la fine dei “Trenta gloriosi”: anni di accumulazione capitalistica favoriti dal Piano Marshall nel quadro della competizione politico militare con le rivoluzioni socialiste e anticoloniali, mentre con il colpo di stato in Cile inizia la controffensiva conservatrice e reazionaria a livello internazionale (M. D’Eramo, Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi, 2020), che in Italia muove i primi passi con la strage di Piazza Fontana a Milano nel 1969.

In questo contesto, molto prima della Riforma sanitaria adottata con la Legge n. 833 del 1978, il Partito Comunista Italiano (PCI) propone, già dal 1959, un progetto di legge che prevede l’istituzione di una scuola media unica con l’obbligo dall’età di sei anni fino ai quattordici. Il ministro della Pubblica Istruzione della Democrazia Cristiana G. Medici elabora nello stesso anno il “Piano per lo sviluppo della scuola”, con la medesima proposta di innalzamento dell’obbligo dell’età fino ai quattordici anni.

Dopo lunghe trattative tra Democrazia cristiana e Partito socialista Italiano, viene approvata la legge n.1859/1962. Essa prevede l’abolizione della scuola di Avviamento al lavoro e di altre scuole particolari, con la creazione di una sola tipologia di scuola media unificata che permetta l’accesso a tutte le scuole superiori. Nello stesso periodo vengono aumentate in Italia le classi miste maschili e femminili, che progressivamente sostituiranno le classi composte esclusivamente da elementi del medesimo sesso. Permane comunque un’ambiguità sulla questione “Latino”, di cui in II Media si studiano obbligatoriamente “Elementi” insieme all’Italiano, mentre diventa materia facoltativa nel terzo e ultimo anno, ma necessaria per l’accesso al liceo; non è invece richiesto lo studio di nessuna materia specifica per accedere agli istituti tecnici e professionali. Questa ambiguità verrà superata solo a distanza di quindici anni, con l’abolizione dello studio del latino nelle scuole medie, propugnata sin dal dopoguerra dal socialista P.Nenni.

Nel 1968 viene istituita la Scuola materna statale e nel 1969 vengono emanati gli Orientamenti per la scuola materna.

Dagli anni Settanta del XX secolo, l’obbligo scolastico in Italia valeva dunque fino al conseguimento della licenza di scuola media inferiore e, in ogni caso, fino a 14 anni di età (il vincolo era quindi di tipo anagrafico). Lavori a qualunque titolo e tipologia contrattuale per persone di età inferiore ai 14 anni erano dunque una forma di lavoro minorile, che costituiva reato.

E’ dunque in questo contesto che vengono promulgate le norme che poi daranno origine al termina di “medicina scolastica”: i Decreti del Presidente della Repubblica n. 264/1961 (Disciplina dei servizi e degli organi che esercitano la loro attivita? nel campo dell’igiene e della sanità pubblica) e n. 1518/1967 (Regolamento per l’applicazione del Titolo III del D.P.R. 11.12.1961, n.264, relativo ai servizi medicina scolastica),che all’art. 2 prevede che “Il servizio di medicina scolastica comprende la profilassi, la medicina preventiva, la vigilanza igienica, il controllo dello stato di salute di ogni scolaro e si avvale della collaborazione della scuola nell’educazione igienico-sanitaria. Le prestazioni sanitarie di medicina preventiva e d’urgenza, nell’ambito dei servizi della medicina scolastica, agli alunni e al personale della scuola sono gratuite. Fermo restando il disposto dell’art. 12, comma terzo e quarto del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1961, n. 264, i servizi di medicina scolastica utilizzano convenientemente le prestazioni degli istituti e dei centri che operano nel comune per finalità assistenziali gratuite. Le amministrazioni comunali e consorziali provvedono, alla occorrenza, a stipulare convenzioni con enti pubblici o privati per i servizi specialistici necessari, allorchè non siano realizzabili nella sfera operativa della medicina scolastica”. In questo ultimo comma è dunque previsto l’utilizzo del privato.

Ma l’impianto di questa norma va letto nel contesto economico, sociale e politico descritto. Un’Italia ancora “arretrata” ma scossa da profonde trasformazioni e conflitti che portano a riforme nel segno del welfare e del “compromesso socialdemocratico” tra capitale e lavoro come risposta del sistema alle rivoluzioni anticapitaliste che attraversavano il “secolo breve” (Hobsbawm,1994)

Di poco successivo infatti è il Decreto Ministeriale (DM) del 1975 (Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici minimi di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica),che aggiorna le varie precedenti norme in materia previste sin da F. Crispi nel 1888, DM a sua volta modificato da successive disposizioni di legge.

La Riforma Sanitaria del 1978 che istituisce il SSN, come trasformazione della precedente organizzazione sanitaria post unitaria, fascista e democristiana (mutue, ospedali, medico provinciale, ufficiale sanitario) modifica, nei fatti, tutto l’impianto normativo preesistente che riguarda la salute e la sanità in vari ambiti, comprese le scuole o meglio la “salute in età scolare”, definizione più appropriata.

Ma purtroppo,come spesso accade in Italia, le norme precedenti non vengono eliminate, modificate o integrate nelle norme successive ma convivono,più o meno volutamente o per negligenza, in una stratificazione complessa e contraddittoria.

Molte delle funzioni previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1518/1967 ormai nei fatti sono svolte da numerosi servizi delle Unità Sanitarie Locali – poi Aziende sanitarie (AS) con il D.Lgs. 502/1992- ad iniziare dal Pediatra di famiglia o di libera scelta (PLS) già dal 1979, che pur rientrando nei convenzionamenti con il privato, costituisce una importante novità garantendo l’assistenza sanitaria gratuita a tutti minori di 14 anni (poi viene garantita dal Medico di medicina generale/MMG). C’è piuttosto da domandarsi oggi se riesca ad assolvere alle proprie funzioni, anche di prevenzione e promozione della salute e non solo di cura, con il modello basato sulla convenzione.

Ma quanto previsto dalle normative precedenti o successiva alla L. n. 833/1978 è assai più ampio della ormai inadeguata “medicina scolastica” in un paese trasformato dall’impetuoso sviluppo capitalistico tra benessere e disuguaglianze.

Il Dipartimento di Prevenzione assicura i controlli di igiene, sicurezza del lavoro, igiene degli alimenti e della nutrizione negli istituti scolastici e le vaccinazioni in raccordo con i Distretti e i PLS.

Si pensi agli interventi per la rimozione dell’amianto dalle scuole che improvvidamente venne introdotto negli edifici scolastici proprio negli anni della “medicina scolastica”!

Oppure le vaccinazioni obbligatorie che sono passate da cinque a dieci con un enorme carico di lavoro aggiuntivo per i servizi delle AS e per le scuole stesse, cui oggi si aggiungono quelle anti SARS CoV2 per la fascia di età 5-18.

I Servizi per le dipendenze (SERD), istituiti per la prima volta nel 1975 intervengono sulle sostanze di abuso (progetto Unplugged, educazione tra pari).

I Consultori nati con la L. n. 194/1978 intervengono sulla salute della donna e la maternità responsabile, attraverso la contraccezione e l’aborto,gli interventi dell’area psicosociale e lo “spazio giovani”.

L. n. 180/1978,superando l’ospedale psichiatrico, i stituisce i Centri di salute mentale garantendo interventi anche in età adolescenziale.

La L. n.104 /1992 supera le “classi differenziali” (istituite durante il fascismo dal Regio Decreto n.577/1928 “Testo unico sull’istruzione elementare, post-elementare e sulle sue opere d’integrazione”) destinate ad alunni disabili con problemi di apprendimento e di socializzazione, con i servizi di Tutela della salute mentale e della riabilitazione in età evolutiva.

Più recenti sono i protocolli d’intesa tra Ministeri della salute e dell’ Istruzione per somministrazione di farmaci in ambito scolastico.

Accanto a questi interventi pubblici,spesso realizzati anche con un ampio ricorso al privato convenzionato, come vedremo successivamente, ci sono l’applicazione di normative in cui l’istituzione scolastica procede autonomamente per obbligo di legge (D.Lgs.n. 81/2008 per la sicurezza degli ambienti di lavoro tramite il Servizio di prevenzione protezione e il Medico competente e le norma igieniche per la somministrazione di alimenti HACCP).

Nulla di paragonabile per quantità e qualità al “medico scolastico” del 1967.

Chi oggi lo richiede sembra ignorare volutamente o meno gli enormi passi avanti fatti in quella che più appropriatamente andrebbe definita “Tutela della salute in età scolare”, più preoccupato di cautelarsi di fronte ai rischi che l’attività scolastica, come qualunque altra attività, comunque pone, attraverso figure di comodo come il medico o l’infermiere scolastico: con quali specializzazioni? In quale numero quando non bastano gli operatori delle ASL per le attività già previste? Che capacità avrebbero di fronte alla complessità degli interventi sopradescritti per non citare eventuali reali casi di pronto soccorso? Senza considerrae l’ampio contenzioso medico legale che si proporrebbe in quanto il paziente è diventato sempre più “esigente” (I. Cavicchi, 2007) anche come effetto delle “empowerment” economico sociale determinato dal welfare, dall’istruzione e oggi da internet.

E’ inoltre il prezzo che la scuola, paga alla figura del Dirigente scolastico “preside manager” introdotto dalla “buona scuola “ del Governo Renzi nel 2015 (copiando i processi da anni in atto nel SSN anche come verticalizzazione autoritaria), in ossequio al pensiero unico neoliberale dominante della “scuola-azienda”, che all’AS chiede di fare un po’ di educazione sanitaria nella sfera dell’affettività e della sessualità,casomai per rempire l’offerta formativa (PTOF) oppure trasformando i problemi sociali (reddito,casa, ambiente, periferie, istruzione, relazioni sociali) in problemi sanitari attraverso una medicalizzazione degli stessi (sportelli psicologici affidati a professionisti privati con i fondi scolastici), come aveva previsto I. Ilich (Nemesi medica,1976).

In tutti questi mesi di epidemia non mi sembra che dal Governo, dalle Regioni, dai Comuni,dalle istituzioni scolastiche e dalle AS siano partite iniziative significative per realizzare ambienti scolastici e trasporti più sicuri, mentre si attende la realizzazione di quanto previsto in tal senso dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Ma se sono aumentate le funzioni del SSN nell’età scolare non è detto che queste siano espletate o espletate in modo corretto e uniforme dalle AS, per aspetti sia economici che culturali.

I provvedimenti che i governi nazionali e regionali di centrodestra e centrosinistra hanno operato nel corso degli anni, in ossequio alle politiche dell’UE e ai parametri di Maastricht, con il pareggio in bilancio in Costituzione, il commissariaimento delle regioni in disavanzo, hanno determinato il blocco delle assunzioni di personale, aggirato con l’aumento della spesa per acquisizione di beni e servizi e quindi il ricorso al privato, le esternalizzazioni e il lavoro precario e atipico.

Stessi problemi della scuola in realtà. Ma la risposta è sempre il ricorso al privato.

Si pensi agli interventi di salute mentale e riabilitazione in età evolutiva sinora sempre più spesso,se non quasi completamente,affidati dalle AS a medici specialisti ambulatoriali convenzionati (in carenza di dipendenti) e con un Accordo della Conferenza Stato-Regioni (2012) che apre copletamente agli specialisti privati la diagnosi e il Gruppo di Lavoro Handicap-Operativo (GLH-O). Casomai sarebbe anche ora di cambiare la parolina Handicap no? ( Non fosse altro che per sua infausta origine).

E che dire dell’ Assistente Educativo Cultutale (AEC) in mano a cooperative,sottopagato e precaro di cui va chiesta subito la reinternalizzazione e il passaggio alla dipendenza.

Daltronde è la stessa strada che si stava prendendo con la Legge di bilancio 2021 con il bonus (voucher) per il sostegno psicologico e la psicoterapia: non è la modalità che da sempre il centrodestra chiede per l’assitenza domiciliare o la scuola privata? ll sostegno psicologico è previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che le Regioni e le As sono tenute a garantire: quindi si assumano psicologi nel SSN.

Ma accanto ai temi economici vi sono ,e ad essi sottendono, più gravi e profondi problemi culturali con l’egemonia incontrastata del pensiero neoliberale.

Il welfare da conquista democratica e del mondo del lavoro è diventato terreno di investimento dell’imprenditoria (“white economy”, assicurazioni, gruppi della sanità privata) per cui il SSN è oggi un contenitore di attività private con denaro pubblico in un esteso processo di “rimutualizzazione “ del SSN,per cui non è necessario che il SSN produca direttamente servizi, trasformandosi in una moderna grande mutua. Questo processo è favorito dal controllo da parte dei quadri collocati ai vari livelli del SSN: le classi dominanti si sono appropriate del welfare. Con un contentino al privato sociale in ossequio al cattolicesimo della sussidiareità orizzontale.

Non è accaduto lo stesso per la scuola? Maccacaro, Basaglia, Don Milani e Lodi cosa ne direbbero oggi?

Così a livello territoriale le AS non sono mai state in grado di garantire tramite i Distretti l’integrazione delle molte funzioni previste (D.Lgs. n. 229/1999) anche per la salute in età scolare e tra i servizi AS (con filiere dipartimentali verticali spesso incomunicanti) e i Comuni. Gli interventi hanno seguito un approccio non partecipato, calato dall’alto che si è coniugato con la forte medicalizzaione dei problemi sociali,fino al Distretto “committenza” che sancisce questa contraddizione.

La sanità e la scuola pubbliche gratuite sono le due principali conquiste del movimento operaio e democratico e il loro grado di tenuta è il termometro dello stato del welfare, peraltro assai diverso nell’UE.

Non si possono difendere la sanità e la scuola publiche senza una critica radicale dei profondi processi involutivi di cui la sinistra è stata corresponsabile, a partire da un forte richiesta di diretta produzione pubblica dei servizi da parte del SSN con personale dipendente a tempo indeterminato per non regalare il già iniquo prelievo fiscale alla corsa ai profitti in medicina,mentre la rivoluzione informatica in atto, come la già globalizzazione finanziaria, travolgono il lavoro e la democrazia.

Edoardo Turi

Medico. Direttore di Distretto ASL, attivista di Medicina Democratica e del Forum per il Diritto alla salute

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