CORONAVIRUS. Cruda riflessione sul campo

Mi si chiede di aggiornare il precedente articolo e ancora oggi , rileggendolo, quello scritto mi sembra perdersi nel passato remoto, superato dagli eventi.
Per prima cosa una domanda: “ce la faremo ? “ Certo. La maggioranza dei cittadini ce la farà .Quindi molti ce la faranno, i più certamente ,perché ormai è certo : non tutti coloro che si ammalano gravemente muoiono e questa non è una battuta.

Vi sono varie cose che in questo frangente non sopporto . La prima è l’impiego della parola democrazia, a sproposito, in sanità pubblica: la democrazia in questo contesto epidemico si manifesta con la collaborazione attiva di ognuno di noi nel rispettare i divieti il primo dei quali è di non uscire di casa. Questo divieto è stato preso con il noto e discusso ritardo rispetto alle notizie che giungevano dalla Cina. A questo proposito mi chiedo se una delegazione tecnica , magari europea, sia mai partita per recarsi in quel territorio e osservare di persona i problemi e gli aspetti organizzativi necessari al contrasto alla epidemia. I tecnici OMS si sono recati sul posto e hanno messo in guardia i singoli paesi, ma nessuno ha provveduto convenientemente prima che si scatenasse l’evento. Ci dovremo chiedere perché? In fondo anche i media, pur confusi dagli argomenti a volte contrastanti degli esperti, hanno mostrato e riferito abbondantemente. Ci sono problemi economico finanziari dietro tutto ciò?

La seconda è: non “si muore per coronavirus ma con coronavirus” e sappiamo che non è così. Anche i malati pluripatologici fino a quel momento stabili sono deceduti per il coronavirus che ha scompensato un equilibrio. Questo approccio pronunciato da esperti, genera confusione. Ebbene quei pazienti morti erano piuttosto stabili e conducevano una esistenza dignitosa perché è pur vero che avevano qualche patologia ma erano conveniente curati . Chi di noi, ultra60 enne: non è affetto da una qualche patologia fra quelle enumerate dalle statistiche? Muoiono gli ipertesi, va bene , ma vivevano bene con un terapia adeguata. Muoiono i diabetici, va bene, ma anche questi vivevano con una terapia adeguata. A proposito delle terapie si è discusso sul ruolo di ACE inibitori e ARB che favorirebbero la progressione della infezione da Covid 19, il pubblico e la comunità scientifica sono stati fortunatamente tranquillizzati, ma allora

perché vengono prodotti altri lavori scientifici nel senso della pericolosità di tali farmaci? Che , vale dirlo, sono fra i più commercializzati al mondo.

Una terza cosa , anche sul piano della comunicazione e della percezione della realtà, è il non rendersi conto che vi sono due realtà distinte attualmente : un nord Italia sopraffatto dalla epidemia e un centro sud ancora fortunatamente poco colpito. E la comunicazione di “lieve miglioramento” del trend epidemico può ingenerare confusione, rischiando di far mollare la tenuta dei cittadini e prepara a riaprire con letale anticipo le attività appena chiuse.
Il valore dell’economia passa in secondo piano rispetto al rischio di ammalarsi. E’ da sottolineare che anche i lavoratori sottoposti a faticose attività, senza adeguate protezioni, rappresentano una categoria fragile e, in genere, sono persone che risultano affette da ipertensione, dismetabolismo sicuramente in misura maggiore rispetto agli appartenenti a classi più agiate, così come, in genere, qualora sottoposti a quarantena , non tutti avrebbero locali adeguati per isolarsi. Perché non chiudere prima le attività produttive non strategiche?

Una altra domanda che viene da porsi è se oltre che ampliare i locali per la lotta alla patologia si stia provvedendo a mantenere qualche struttura ospedaliera “free”. Il rischio di disseminare di malati o convalescenti Covid in tutti gli ospedali comporta la disseminazione del virus e la contaminazione di ogni struttura interna. Oggi chi entra in un ospedale del nord rischia , anzi è quasi certo di contagiarsi. Allora perché non costituire o reperire struttura anche piccole ma distribuite convenientemente sul territorio che siano “free” e deputate ad alcune attività di ALCS ? Sarebbero sufficienti per poche settimane anche dei posti attendati con un cardiologo, un anestesista, un medico internista e due infermieri che possano intervenire proprio a risolvere quelle patologie che richiedano pochi mezzi e pochissima degenza. I pazienti potrebbero attendere il triage salvaguardati in spazi adeguati e potrebbero essere trattati convenientemente previa

definizione di caso free. In genere una persona precedentemente sana che provenga da casa propria e che non abbia avuto alcun contatto può essere ragionevolmente esente dal Covid , e comunque saranno immessi sul mercato test rapidi che potrebbero dirimere molti interrogativi. Inoltre se le strutture fossero opportunamente realizzate potrebbero essere facilmente decontaminate. Si tratterebbe di una vera e propria attività di point of care in qualche modo a garanzia di ulteriori espansioni di virus in strutture ospedaliere e soprattutto a garanzia per i pazienti. Il personale sarebbe operativo su due turni vivendo di fatto presso il Point. Non è facile organizzare , mi rendo conto, ma potrebbe almeno essere considerato..

.“Allarmarsi più del dovuto non è il caso”. Che cosa è significato? E’ certamene un titolo giornalistico e un monito a non eccedere per non irritare la popolazione. E’ comprensibile sotto certi aspetti ma è una strategia debilitante poiché non aiuta a convincere e favorisce la non volontà di comprensione negli egoisti. E’ indubbio che il ritardo nelle misure di contenimento della infezione in Europa non sia stato prodotto solo dalle varie bestialità che sono state dette in TV .

E’ stato anche un tentativo di proteggere quella sedicente popolazione psicologicamente fragile ma nei fatti non è avvenuto così: siamo tutti spaventati e se non lo siamo allora vuol dire che non abbiamo compreso la portata del problema. Le persone devono essere condotte direttamente nel dramma. E’ doveroso, almeno per prendere sul serio il pericolo.
Temere che la popolazione si stressi poiché si dice la verità è fanciullesco . E se questo succede vuol dire che la nostra popolazione o parte di esse è fanciulla , insensibile. Un governo ha la responsabilità di valutare le reazioni ma deve provvedere, e , anche in democrazia, deve provvedere duramente.
Ma le persone sono capaci di collaborare e anche se vi sono alcuni idioti con scarso comprendonio, questi che vanno puniti.
Allarmarsi prevedere, provvedere e tentare di risolvere.
Queste azioni sono possibili solo se il terreno sul quale avvengono è già pronto a recepirle.
Il vero problema è questo: il terreno cioè il servizio sanitario pubblico, in Italia è stato destrutturato e la destrutturazione è avvenuta da molto tempo.
La sfiducia manifestata per anni dai lavoratori della sanità doveva essere tenuta in considerazione (vedi le numerose dimissioni per prepensionamenti), ma gli obiettivi della politica economica andavano in direzione opposta.

Il nostro sistema sanitario, in particolare i DEA, in genere collassa nella “normale “ routine stagionale , e, anche se sussistono eccellenze, come si poteva pensare che avrebbe retto all’impatto? In Italia, a prescindere da Covid, non c’è analogia di trattamento tra i vari territori , non c’è capacità di contenimento dei tempi di attesa, non c’è personale a sufficienza, non c’è adeguata formazione, non c’è programmazione per i ricambi generazionali, i nostri ospedali sono obsoleti, le strutture di medicina primaria e di prossimità sono fatiscenti, la ricerca medica e la industria sanitaria sono sconfortanti, il sistema non avrebbe retto anche verso un decimo di quanto sta accadendo.
Un altro aspetto ancora non sufficientemente esaminato è quello della sicurezza sul lavoro. Un secolo di progressi non ha fatto seguire adeguate protezione e sicurezza nei confronti del personale. Questo ha condizionato negativamente la protezione passiva degli operatori (percorsi adeguati, locali spogliatoi, DPI…) e l’ abilità degli stessi a proteggersi per la scarsa formazione avvenuta, la scarsa applicazione dei protocolli, e la scarsa dotazione di dispositivi.

Le facoltà mediche e in particolare le scuole di specializzazione sfornano un numero ristretto di specialisti perché questi devono essere pagati dallo stato e questo rappresenta un costo che qualcuno definisce elevato, mentre il loro lavoro costituisce un vero sfruttamento. Cioè sono subpagati rispetto all’impegno che devono profondere.
I luoghi di lavoro in cui versa il personale operativo fanno pena, in genere, la riduzione dei posti letto, la costrizione del sistema sanitario nazionale verso la privatizzazione non è solo una responsabilità attribuibile ai pochi ma anche all’intera nazione europa che nei suoi programmi sembra voler portare alla deriva i paesi con sistemi di wellfare avanzato, come (era) è il nostro.

Il sistema sanitario pubblico che si avvale dei famosi pilastri del convenzionato e del privato non coordina questi , ma se ne serve come scarico di competenze, come area di svolgimento di libera professione per incapacità di governare correttamente l’intramoenia, e per altri scopi che ora non è il caso di sottolineare.
Un sistema sanitario non deve essere per forza tutto privato o tutto pubblico, anzi, in

un tempo di tecnologie in espansione potrebbe trovare giovamento da sane collaborazioni. Ma non deve mancare di un coordinamento nazionale.
Uno dei grandi obiettivi dei piani sanitari recenti era l’ampliamento della assistenza domiciliare e sappiamo quanto questa sia deficitaria in norme, personale, mezzi e obiettivi. In questa epidemia un vero sistema di assistenza e cura di prossimità avrebbe sgravato gli ospedali diminuendo l’impatto del virus. Lo sviluppo dei point of care e della medicina di prossimità extraospedaliera infatti è subito saltato perché , nei fatti, inesistente .
Da tempo le case della salute sono un sogno. La assistenza ai fragili e soprattutto alle loro famiglie che si sobbarcano il peso reale della stessa, naviga nella approssimazione.
Il problema quindi non era non era allarmarsi più o meno del dovuto, ma nella giusta misura senza misconoscere i problemi. E centrando le risoluzioni in tempo. E questo non è avvenuto e lo dimostra la cronaca.

Il rispetto delle indicazioni della scienza che postulavano un incremento della destinazione delle risorse alle patologie acute e gravi e alle degenze a bassa intensità è navigato nelle chiacchere su parole mediate dall’inglese ( hub è una di queste) , non solo sottodotando i front line cioè i DEA ma anche le strutture di ricovero post acuzie e soprattutto le lungodegenze. Mentre le residenze per cronici sono state pressoché interamente dedicate al privato/ convenzionato con depauperamento delle poche risorse economiche dei fruitori costretti a partecipare alla gravosa spesa di mantenimento.
Le strutture ospedaliere nostrane in genere sono costruite senza percorsi distinti definiti per soggetti potenzialmente contagianti anche se qualcosa è stato fatto a causa ( direi grazie oggi) alla diffusione dei batteri multiantibiotico resistenti. Ma certo questo non basta contro una patologia altamente diffusibile. E allora mi chiedo : gli ospedali appena costruiti o progettati prevedono questo? Teniamo presente che l’OMS sta dicendo da lustri che siamo a rischio di patologie nuove insorgenti. Vogliamo rivedere questi progetti? Abbiamo in mente solo begli ospedali con design ad effetto,

ma prevediamo in essi alcune fondamentali strutture e percorsi che ci insegna il passato dei nostri grandi igienisti?
Abbiamo discusso sulla possibilità di far entrare i nostri cani e gatti nei reparti di degenza e questa epidemia ci ha dimostrato che chi muore lo fa lontano dagli occhi dei propri cari e la sua salma viene condotta direttamente al crematorio.
La formazione è stata adeguata? Abbiamo preparato il nostro personale all’impatto e all’impegno? Lo abbiamo dotato dei necessari dispositivi di protezione?
Da questi pochi accenni risalta come la imprevedibilità di una patologia diffusiva e grave abbia fatto saltare il sistema.

Lo stare a casa non è antidemocratico bensì è una misura di prevenzione.
Abbiamo tutti tardato a chiudere le frontiere e i viaggi aerei in particolare . Ancora in questi giorni vi sono navi da crociera che sbarcano passeggeri vacanzieri e vi sono notizie di concittadini che in piena epidemia sono andati a fare vacanze all’estero propagando il virus o rischiando di farlo o rischiando di infettarsi. Questo comportamento deriva dai tentennamenti circa le misure drastiche da applicare e dalla abitudine consumistica che ormai ha pervaso la nostra società e che non si ferma neppure davanti ad un tale dramma.

I ritardi nel prendere provvedimenti radicali non sono solo in testa ad una guida politica ma alla abitudine ai talk sguaiati alla ricerca del consenso, come avviene per esempio in altre circostante di salute pubblica: faccio un esempio il danno prodotto da certe sostanze impiegate dalla industria se da una certa parte della comunità scientifica è percepito e dimostrato da una altra parte è diniegato. Molte inchieste giornalistiche indipendenti hanno più volte spiegato infatti come la industria sia in grado di controprodurre ricerche a suo proprio vantaggio.
E’ indubbio che il ritardo nelle misure di contenimento della infezione in Europa non sia stato prodotto solo dalle varie bestialità che sono state dette in TV . Non credo che e spero che non sia così nessuna delegazione tecnica si sia recata in Cina per verificare come veramente stessero le cose.

Perché non sono state interrotte le attività industriali non strategiche dal principio?
La attualità ha dimostrato alcune verità nascoste: l’Europa aveva strumenti per intervenire a favore di stati in default invece che metterli alla gogna (Grecia, Italia..) e questo dovrà comportare una sana rivalutazione del contesto internazionale in cui versiamo come continente, in particolare a livello del controllo del potere sovranazionale. Non può esistere una

struttura nazionale o locale che non abbia potere di intervento a favore dei propri cittadini perché legata da vincoli di bilancio incomprensibili, così come non sarà più possibile che un singolo stato non possa intervenire per condizionare le proprie aziende. Se fosse stato possibile, forse, una nazione avrebbe potuto subito indurre una industria a fabbricare quanto necessario pe sostenere la lotta alla malattie, in tempo ( esempio mascherine e respiratori) e non quando ormai è tardi.

Tutti i governi europei sono arrivati in ritardo. Sono arrivati in ritardo rispetto alla comprensione della gravità della malattia, alla necessità di una organizzazione a livello di reparti di degenza dedicati e alla disponibilità di respiratori con personale adeguato, sono in ritardo nel mantenere esenti alcune strutture ospedalieri per gravi patologie non covid, sono arrivati tardi nel campo dei dispositivi di protezione , sono arrivati in ritardo nel definire percorsi salvaguardati per malati non-covid, sono arrivati in ritardo per la formazione e la protezione del personale di soccorso che in genere opera in condizioni non proprio allineate alle norme di sicurezza, sono arrivati in ritardo sulla protezione delle forze di pubblica sicurezza per la loro salvaguardia, sono in ritardo per i mezzi e le metodologie di pulizia ambientale, sono arrivati in ritardo per i la assistenza di prossimità, sono arrivati in ritardo per i provvedimenti economici.

Quello che si è ben compreso è che le persone sono serbatoio e fonte in particolare negli agglomerati sociali e pubblici ( bar , ristoranti, locali vari, negozi “affollati”, scuole…). Queste considerazioni giustificano le indicazioni relative al distanziamento sociale raccomandato, a cominciare dalla chiusura degli istituti scolastici, e a tutte le altre restrizioni necessarie in parte, ma non completamente, attuate.

Potrei dire che questa epidemia è stata affrontata all’inizio come se si fosse trattato di un evento catastrofico meccanico per esempio un terremoto, o potrei dire che le strutture sanitarie e assistenziali di prossimità coi cittadini non sono state adeguatamente formate, organizzate e protette, o potrei dire che i soccorritori ( e qui sarà opportuno aprire un grosso capitolo di analisi “dopo”) erano sostanzialmente nella confusione dal punto di vista formativo, informativo e strutturale ( quanti soccorritori tornanovano a casa con la propria uniforme dopo un turno?). potrei dire queste e molte altre ovvietà ed è questo che fa male: si tratta di ovvietà che abbiamo tutti sotto gli occhi ma da bravi italiani abbiamo pensato che l’avremmo sfangata.

Senza entrare nel merito dei particolari (ma proprio dai particolari scaturisce la infezione) le nostre strutture organizzative e operative sono messe nelle condizioni non solo di proteggersi direttamente ma di manipolare nella misura inferiore possibile materiali potenzialmente contaminati? Si sono viste centrali operative i cui tavoli erano ingombri di cartaceo, mai sufficientemente puliti, non dico disinfettati, si vedono volontari ai telefoni avvicendarsi uno dietro l’altro e chissà se quelle cornette telefoniche sono sufficientemente pulite? Costa poi così tanto una cuffia microfono personale e un allaccio a spinotto?

Quante cose dovremmo imparare da questa epidemia ma ci si chiede: non è che le sapessimo già? Non è che i nostri nonni e bisnonni igienisti del primo novecento ce le dicevano e noi non le abbiamo applicate o ce le siamo semplicemente scordate? Non è che al posto di una aerazione naturale di un ambiente ci siamo fidati solo di grossi aspiratori supertecnologici a HEPA con filtri da cambiare….
La nostra protezione e il nostro distanziamento sociale servono a proteggere noi stessi, gli altri e i nostri medici infermieri

personale che opera presso ospedali, persone e professionisti che stanno pagando a volte con la vita il loro impegno.
Ma senza vaccino il nostro SSN, i nostri ospedali , che non sarebbero stati in grado di sostenere neppure una “banale” influenza stagionale come potranno farcela? senza vaccino.

Voglio terminare con una strofa della poesia di Tennyson commemorativa della inutile carica della cavalleria leggera a Balaclava:

Mezza lega, mezza lega
avanti, una mezza lega,
nella valle della Morte
cavalcarono tutti i seicento.
” Avanti la Brigata Leggera !
Avanti contro quei cannoni ! ” disse.
Nella valle della Morte
cavalcarono i seicento.

Però ce la faranno i nostri eroi che stanno lavorando duro.

Roberto Bertucci

Infettivologo

Collaboratore redazionale del periodico Lavoro e Salute

Torino 21/3/2020 http://www.lavoroesalute.org/

Articolo pubblicato sul numero di marzo di Lavoro e Salute

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