Cosa succede usando il gettone negli ospedali?
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I medici a gettone sono il risultato della tempesta perfetta che si è abbattuta sugli ospedali pubblici. Da un lato la gobba pensionistica, con 4300 medici ospedalieri che in Italia nel 2022 hanno raggiunto l’età pensionabile, dato in aumento fino al 2027, dall’altro condizioni di lavoro sempre più usuranti, che inducono circa 3000 medici ogni anno a licenziarsi volontariamente dagli ospedali e quasi 1.000 a cercare lavoro all’estero.
Ma a fronte di queste uscite, negli ultimi anni non sono stati formati abbastanza specialisti, ed essendo il titolo di specialità indispensabile per essere assunti in ospedale, è un problema sostituire i colleghi e colmare le carenze. Le borse di studio sono state aumentate un po’ nel 2019 e in modo considerevole solo nel 2020, ma per beneficiare dell’ aumento dobbiamo aspettare i 5 anni del corso di specialità. I primi specialisti in più si vedranno nel 2024.
Infine , poiché il lavoro in ospedale è sempre più pesante, molti giovani neolaureati prediligono le specialità che portano lontano dall’ ospedale: all’ ultimo concorso ben il 76% delle borse di specialità per l’emergenza urgenza non sono state assegnate, a fronte del tutto esaurito per dermatologia, cardiologia e chirurgia plastica.
Ma se gli specialisti scarseggiano, i pazienti invece no. La popolazione invecchia, ha patologie croniche che periodicamente riacutizzano e talvolta necessita di ricovero.
Così, per non chiudere i servizi , le ASL che non trovano specialisti da assumere esternalizzano i turni ad agenzie di somministrazione lavoro (impropriamente dette coop).
Le agenzie fan prezzi di mercato, ovvero carissimi. I medici li trovano, le competenze non è detto, non foss’altro che non vengono valutate dall’asl, come accade ad un normale dipendente, ma le valuta l’agenzia stessa.
E così nei reparti, oramai di quasi tutti gli ospedali, ci sono medici (stranieri, neolaureati, pensionati) che fanno, a prezzi doppi di un dipendente, prestazioni occasionali. Un giorno in un ospedale, un giorno in un altro.
Se oramai 10 anni si ricorre ai medici a gettone nei Pronto Soccorso, adesso i medici a gettone sono ovunque.
Nell’ultimo rapporto del Piemonte, la Corte dei Conti ha pubblicato una eloquente fotografia delle esternalizzazione dei servizi sanitari medici:
la spesa totale per i medici a gettone dal 2021 a 2022 è più che raddoppiata , raggiungendo nel 2022 la cifra di 49 milioni di euro, mentre parallelamente , si è ridotta di 15 milioni la spesa per i medici dipendenti.
La corte dei conti ci dice che in Piemonte i reparti con maggiore necessità di appoggiarsi alle coop sono il Pronto Soccorso, la Pediatria seguiti da Ginecologia, Rianimazione e Radiologia .
Ma a questi si aggiungono dati inediti e spia di una situazione sempre più grave. Se nel 2020 le specialità che dovevano esternalizzare erano 7, nel 2022 raddoppiano, salendo a 14.
In particolare, dal 2022 compare la spesa di oltre un milione di euro per la Psichiatria, che negli anni prima non c’era e in un solo anno decuplica la spesa per la Neurologia, che arriva subito a oltre 600 mila euro.
Oltre a questi, per riuscire a gestire i reparti, iniziano a doversi appoggiare a medici a gettone anche l’Oncologia, la Nefrologia, la Medicina Interna.
La spesa per i reparti di Medicina Interna quadruplica in 2 anni, stessa cosa per l’Ortopedia.
Ma ad avere i medici a gettoni si paga un prezzo non solo economico.
Se il Pronto Soccorso per sua natura non richiede una continuità assistenziale, perché i pazienti non dovrebbero sostare in PS (non dovrebbero, ma spesso lo fanno) avere medici a prestazione occasionale nei reparti compromette la qualità delle cure, perché non danno la continuità che i casi complessi ricoverati richiederebbero.
Inoltre, rovina l’ambiente di lavoro: il senso di equipe e la possibilità di formare un gruppo affiatato viene meno con i gettoni di colleghi che oggi ci sono e domani non più.
I medici a gettone non conoscono l’organizzazione della struttura, le procedure, il software di gestione delle cartelle dei pazienti e l’ azienda non ha alcun interesse ad investire nella loro formazione, essendo solo di passaggio.
Infine, esternalizzare alle agenzie demotiva il personale dipendente, che lavora gomito a gomito con colleghi che guadagno il doppio ed hanno contemporaneamente molta più autonomia e flessibilità di orari.
Quando le coop entrano in un ospedale, è l’inizio della fine.
Ma nessuno sembra esserne realmente consapevole. Sarebbe necessario fotografare i rientri in Pronto Soccorso dei pazienti appena dimessi, i tempi di degenza, l’ appropriatezza nell’ esecuzione degli esami diagnostici e nella prescrizione delle cure . E quanti medici, nell’ arco di poco tempo dopo questa scelta , decidono di chiedere trasferimento o di licenziarsi.
Da anni denunciamo questa pratica, da anni non veniamo ascoltati.
La risposta alla nostra denuncia è sempre la stessa: meglio così che chiudere. Il meno peggio che dura da anni e diventa sempre peggio.
Con questa ponzio-pilatesta posizione, nessuno si è preoccupato di intervenire per limitare i medici a gettone, che invece sono esplosi.
La colpa è sempre di un altro. Le Asl rimbalzano alle Regioni, le Regioni al Ministero della Sanità, quello della Sanità a quello dell’Università, e da ultimo a quello dell’Economia.
Il fatto è uno solo: la salute delle persone (di tutte le persone) non interessa, se non quando rende.
Se gli allarmi, ripetuti, ci sono stati e sono stati ignorati, non possiamo che pensare che siano stati deliberatamente ignorati, per lasciare spazio ad altre priorità di investimento economico o, peggio, per lasciare spazio al privato. Che infatti lo spazio vuoto l’ha occupato eccome.
Cosa si può fare? La prima, fondamentale e urgente cosa da fare è considerare il SSN un bene comune prezioso. Esserne orgogliosi, difenderlo. E quindi investire.
La linea guida di tutte le scelte deve essere il potenziamento del SSN: tutti gli investimenti devono per prima cosa rilanciare il pubblico, le prestazioni migliori devono essere del pubblico, i medici migliori devono lavorare nel pubblico.
Con questa idea, si troverà anche la soluzione per i medici a gettone.
Perché se gli ospedali torneranno ad essere un bel posto dove lavorare nessun medico scapperà più o andrà all’ estero. E i gettoni diventeranno come quelli delle cabine telefoniche, dei vecchi ricordi.
Chiara Rivetti
Segretaria regionale Anaao Assomed Piemonte
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