COS’È ILTTIP? Perché va fermato

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I SERVIZI Negli ultimi vent’anni le multinazionali, colpite nei loro utili dalle crisi di sovraproduzione di prodotti e di saturazione dei mercati, stanno cercando attivamente altre fonti di guadagno. Oltre alle attività di speculazione finanziaria, che ormai sono la loro prima voce di profitto, si sono rivolte al mercato dei servizi, soprattutto quelli essenziali (acqua potabile e servizi igienici, assistenza sanitaria, istruzione, trasporti, gestione dei rifiuti), di cui le persone non possono fare a meno e la cui richiesta in molti casi dura tutta la vita. Quindi un mercato estremamente ghiotto. Nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o WTO) si è discusso a lungo del GATS (General Agreement on Trade Services), poi le trattative si sono arenate soprattutto per l’opposizione di alcuni paesi emergenti alle proposte di liberalizzazione del mercato agricolo. Oggi, nell’ambito sia del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), attualmente in discussione tra UE e USA, sia del CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), in fase finale di trattativa tra UE e Canada, sia del TISA (Trade In Services Agreement, accordo sul commercio dei servizi, in negoziato segreto tra 48 paesi, tra cui ancora USA e UE e tutti i più ricchi, che si vorrebbe concludere entro il 2015), si discute di nuovo di commercio dei servizi. Sono esclusi soltanto quelli di esclusivo monopolio statale (per intenderci, tipo la ma gistratura e l’esercito), e non sarà possibile avere forniture esclusive (tipo aziende municipalizzate) nemmeno a livello locale o regionale. Con l’aggravante, prevista da questi accordi, della possibilità per le multinazionali di chiamare direttamente gli stati e gli enti pubblici a giudizio presso l’ISDS (vedi scheda sul tribunale ISDS), con possibilità di pesantissime sanzioni a carico dei cittadini in caso di condanna per leggi e regolamenti (sulle tariffe, la qualità dei servizi, i diritti dei lavoratori e degli utenti ecc.) che possano limitare i profitti delle multinazionali. Per esempio, se il Parlamento italiano approvasse la legge d’iniziativa popolare sull’acqua per applicare l’esito dei referendum del giugno 2011, l’Italia potrebbe essere chiamata in causa da qualsiasi multinazionale fosse interessata alla gestione del servizio idrico, con richiesta di rimborsi di milioni o addirittura miliardi di euro. Lo stesso varrebbe per ogni altro servizio, dalla scuola alla salute ai trasporti: qualsiasi normativa attuata dall’ente pubblico per salvaguardare il servizio pubblico potrebbe essere considerata “concorrenza sleale” nei confronti delle multinazionali e impugnata. Già adesso, la pressione delle grandi imprese (anche europee, particolarmente potenti nell’ambito di alcuni servizi come quelli idrici) sulle commissioni che stanno trattando sono fortissime: basti pensare che i lobbisti delle multinazionali che lavorano presso la Commissione Europea sono circa ventimila e che, prima dell’inizio delle trattative, su tutti gli incontri avuti dai negoziatori con altri soggetti il 92% è stato con rappresentanti delle corporations. Di fatto, se passassero questi accordi come vengono proposti dalle multinazionali, il concetto di diritto a qualunque servizio essenziale (istruzione, assistenza sanitaria, acqua potabile e fognature ecc.), verrebbe cancellato e resterebbe solo il rapporto privato tra cliente e fornitore. Tutti i servizi verrebbero totalmente deregolamentati. Infine, secondo le clausole lock-in dei trattati, sarebbe estremamente difficile, se non impossibile, ripubblicizzare un servizio privatizzato, a causa dei termini previsti dall’ISDS e del fatto che una modifica del trattato deve essere approvata all’unanimità dalle parti coinvolte. Non solo: se si aprissero altri settori d’interesse pubblico in futuro, questi dovrebbero forzatamente essere da subito posti sul mercato, non essendo stati esplicitamente esclusi dal trattato originale. ECCO ALCUNI ESEMPI SANITÀ Un documento firmato dall’Associazione statunitense delle industrie farmaceutiche chiede la riduzione del controllo sul prezzo dei farmaci, il che comporterebbe un forte aumento della spesa sia per i privati sia per gli stati. Lo stesso succederebbe con il prolungamento dei tempi dei brevetti sui medicinali (fino a 90-120 anni!), impedendo di fatto la produzione dei farmaci generici; per non parlare della brevettazione di procedure diagnostiche o chirurgiche, già proposta dalle corporations statunitensi nell’ambito del TTP (accordo di libero scambio tra USA e paesi asiatici), che comporterebbero, se approvate, il pagamento di pesanti royalties per chiunque le utilizzasse.

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