Crevalcore : seguire il percorso della GKN

Solidarietà incondizionata alle lavoratrici e ai lavoratori di Crevalcore (1). La storia si ripete: i lavoratori non sono considerati persone dai padroni ma, nel migliore dei casi, limoni da spremere e da buttare via, se non veri e propri schiavi. Era prevedibile che la cosiddetta transizione ecologica, infarcita di greenwashing, si sarebbe cercato di farla pagare ai lavoratori e agli strati sociali più vulnerabili.

La crisi di Crevalcore è il banco di prova su cui “cementare” l’unità fra classe operaia e movimento ecologista: «operai e foreste uniti nella lotta» come si diceva ai tempi di Chico Mendes.

Che il motore endotermico dovesse essere sepolto è ragionevole intuizione di decenni fa. Già nel 1968 a Berkeley gli studenti seppellirono (materialmente) un’automobile. L’ effetto cancerogeno dei fumi diesel è accertato, pure questo, da decenni; non che la benzina sia meglio. Nonostante le ulteriori recenti deroghe magnanimamente concesse dalla UE, il campanello di allarme su e contro le fonti fossili è suonato da troppo tempo … tanto che il suono non è quasi più percepibile.Certamente occorre non abboccare all’idea che il litio e l’elettrico siano il “sol dell’avvenire”. Non si può pensare di risolvere le contraddizioni e gli effetti disastrosi dell’attuale “modo di produzione” con qualche marginale protesi e pannicello caldi. Occorre un ripensamento complessivo e sistemico del modo di produzione e dello stesso oggetto della produzione a cominciare dal bando di tutte le merci nocive e mortifere (armi in testa).

Alcune questioni devono essere affermate:

  1. La riconversione non deve essere fatta sulla pelle dei lavoratori
  2. Ai lavoratori va comunque garantito reddito per una sopravvivenza dignitosa nelle more dei progetti di riconversione
  3. OCCORRE IPOTIZZARE E DUNQUE METTERE ALL’ORDINE DEL GIORNO UN PERCORSO ANALOGO A QUELLO AVVIATO DAI LAVORATORI DELLA GKN finalizzato alla riconversione produttiva, se necessario, autogestita che potrebbe passare attraverso l’occupazione del sito industriale che si vorrebbe dismettere
  4. OCCORRE ANALIZZARE E FARE UN BILANCIO ESAUSTIVO DELL’IMPATTO AMBIENTALE E SANITARIO CHE FINO A OGGI LA MAGNETI MARELLI HA DETERMINATO; nel 2003 furono condotte indagini che sfociarono in una sentenza di assoluzione supportata da “perizie tecniche”: l’ipotesi era di un rapporto eziologico tra fibre ceramiche e danni alla salute; all’epoca non partecipammo al procedimento e dunque non abbiamo elementi sufficienti per esprimerci sulla fondatezza della perizia e della seguente assoluzione; RITENIAMO DUNQUE E COMUNQUE CHE IL CASO, PUR TENENDO CONTO DEGLI ELEMENTI GIUDIZIARI (PRESCRIZIONE E ALTRO) DEBBA ESSERE RIPRESO IN MANO anche alla luce dei recenti orientamenti della UE che, per esempio, con una risoluzione sull’amianto nel 2021, ha finalmente proposto un approccio adeguato al tema dei cancerogeni (assenza di soglia di sicurezza, inversione dell’onere della prova che oggi ancora grava sul lavoratore, archiviazione dell’ambiguo “limite di tollerabilità” di 100 fibre/litro per l’amianto)
  5. Facendo tesoro di precedenti esperienze con gruppi omogenei di lavoratori in condizioni di crisi occupazionale (come quella SABIEM di Bologna nel 2008) siamo consapevoli che OCCORRA METTERE IN CAMPO DINAMICHE DI SOLIDARIETA’ E DI FORTE COESIONE SOCIALE ANCHE PER MONITORARE E PREVENIRE I POSSIBILI EFFETTI DEL DISTRESS PSICOFISICO CHE GIA’ L’ANNUNCIO DI «CHIUSURA DELLA FABBRICA» E’ IN GRADO DI DETEMINARE.

Vito Totire

Portavooce della RETE NAZIONALE LAVORO SICURO

(1) I 230 lavoratori della Marelli di Crevalcore sono in lotta dal 19 settembre, dopo che l’azienda ha aperto la crisi. Fiom, Fim e Uilm hanno annunciato iniziative di protesta che coinvolgeranno tutti e 13 gli stabilimenti Marelli dal 3 ottobre.

1/10/2023

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