Decreto Semplificazioni: niente gare e meno ambiente

La ricetta è sempre la stessa: saltare le regole per fare presto investimenti pubblici. A ben poco serve dimostrare che questo non ha mai funzionato, se non per gli arresti a posteriori dovuti alla corruzione, all’aumento dei costi e alla pessima qualità dei progetti. Invece di puntare a consolidare un sistema trasparente, concorrente, che premi le imprese e i progetti di qualità, che semplifichi e riduca le migliaia di stazioni appaltanti: sono queste le semplificazioni di cui abbiamo urgente bisogno. 

Nel 2019 era stato approvato, ultimo in ordine di tempo, il Decreto Legge “Sblocca Cantieri” dalla coalizione Lega-Cinquestelle del primo governo Conte, che prevede l’aumento della trattativa privata, del subappalto, oltre ai commissari straordinari per le grandi opere. Poi il “modello Genova” della ricostruzione, che non è replicabile come sostenuto anche dalla ministra dei Trasporti Paola De Micheli e dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Un caso straordinario e giustificato di eccezioni che se venisse esteso annienterebbe il Codice Appalti, il mercato di lavori, servizi e forniture e la concorrenza tra imprese. Un modello che il leader della Lega Matteo Salvini ha chiesto da tempo con la sospensione totale del Codice Appalti.

Adesso è arrivato il Decreto Legge “Semplificazioni” proposto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ora al confronto nella maggioranza giallorossa e poi del Parlamento, come risposta contro la crisi economica e occupazionale arrivata con la pandemia Covid-19. Si tratta di una proposta di circa 50 articoli che intervengono su: contratti pubblici, semplificazioni per edilizia privata e rigenerazione urbana, responsabilità dei funzionari della Pubblica amministrazione con la riforma del danno erariale e dell’abuso d’ufficio; semplificazione del procedimento amministrativo; semplificazioni per gli interventi green (come il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, PNIEC), corsia veloce per interventi di digitalizzazione e banda larga; procedura semplificata della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).

Un confronto che vede due inediti schieramenti dentro la maggioranza di governo sulle questioni più calde: da un lato Italia Viva e Movimento 5 Stelle per la sospensione del Codice Appalti e i super-commissari per ogni opera, dall’altro Pd e Leu che chiedono regole e uso limitato dei commissari. Il primo esito del confronto è stato lo stralcio delle norme per i condoni mascherati, vedremo cosa produrrà l’interlocuzione sui fronti del danno erariale e dell’abuso d’ufficio, degli appalti senza gara, della lista delle grandi opere e i commissari.

Affidamenti senza gara e super-commissari per le grandi opere

Nel testo in bozza del dl “Semplificazioni” viene prevista per un anno, di fatto, la sospensione del Codice degli Appalti con la cancellazione delle gare:

  • innalzando a 150.000 euro (dai 40.000 attuali) l’affidamento diretto di lavori e servizi;
  • portando da 1 a 5,25 milioni di euro la soglia entro cui procedere con procedura a inviti per lavori, quindi ampliando di cinque volte la discrezionalità, senza gare aperte;
  • sopra ai 5,2 milioni di euro facendo diventare regola la procedura ristretta a inviti già prevista dal Codice Appalti ma solo per cause eccezionali.

Un altro nodo ancora in discussione riguarda l’elenco delle infrastrutture strategiche da realizzare sulla base del “modello Genova”, che Italia Viva e 5 Stelle vorrebbero applicare con superpoteri a un esteso numero di opere, già in elenco nel dl o da approvare contestualmente. Vi sarebbe un’ipotesi di mediazione della ministra De Micheli che punta a un elenco contenuto e definito secondo precisi criteri. Anche in questo caso sorprende la proposta di nuove norme sui commissari straordinari, perché già lo “Sblocca Cantieri” del 2019 ne ha istituito la figura e i poteri, e fino a dicembre 2020 il presidente del Consiglio, su proposta del ministero delle Infrastrutture o dei Trasporti, può nominarli per le opere che ritiene strategiche.

Indebolire la Valutazione di Impatto Ambientale e la partecipazione

È grave il vulnus della bozza del dl “Semplificazioni” che considera la Valutazione di Impatto Ambientale e i pareri delle Sovrintendenze come veti troppo forti per le autorizzazioni per un’opera pubblica, nonostante il fatto che Costituzione e direttive Ue impongano tutele e processi di partecipazione pubblica. Nella relazione illustrativa si arriva a scrivere che “l’attuale normativa prevede tempi lunghi… che possono arrivare a toccare punte estreme di 10 anni”: un’affermazione destituita di fondamento.

Basti richiamare la relazione della Commissione nazionale VIA sulla sua attività 2011-2015 per riscontrare che nel periodo indicato sono state conclusi ben 1.279 procedimenti di VIA (tra VIA ordinaria e speciale), il che vuol dire oltre 300 l’anno, nella quasi totalità positivi.

Secondo la bozza del decreto legge, alle autorità competenti per la VIA e per i  criteri paesaggistici verranno ridotti i termini per i pareri e contemporaneamente potenziato il potere sostitutivo in caso di “inerzia”, in aggiunta si potrà svolgere in parallelo la VIA e relativa Conferenza di servizi (da notare che spesso ha già funzionato così). Si dimezzano inoltre i tempi di partecipazione del pubblico, che passano da 60 a 30 giorni, per analizzare e scrivere osservazioni su progetti. Altra novità è la proposta di creare una procedura speciale accelerata (fast-track) dedicata alle procedure VIA delle opere ricomprese nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Tali procedure sarebbero affidate all’istruttoria di una Commissione speciale composta da dipendenti pubblici.

È indubbio che attuare la riconversione green è urgente, ma ci sono pericoli e trappole in questa proposta. Primo, dentro al PNIEC vi sono molti obiettivi ma non progetti; secondo, diverse strategie del PNIEC sono discutibili, con progetti correlati al gas o ai biocarburanti non avanzati; terzo, in generale anche i progetti per la decarbonizzazione devono superare una positiva valutazione di impatto ambientale. Solo per fare un esempio, si pensi al progetto ENI per Ravenna, che prevede un grande centro mondiale di cattura e stoccaggio di anidride carbonica (CCS), su cui sono state poste serie osservazioni critiche dal professor Vincenzo Balzani. Un progetto che potrebbe vedere applicata questa procedura di VIA semplificata.

Diversi altri articoli puntano a semplificare le procedure per siti da bonificare, per opere contro il dissesto idrogeologico, per adeguamento di impianti per energie rinnovabili, per adeguamento e messa in sicurezza di reti di trasporto esistenti: in ogni caso andrà verificato il testo per comprenderne utilità e portata.

Il Piano Colao suggerisce le norme chiave del DL Semplificazioni

Il Rapporto presentato al presidente del Consiglio dal “Comitato di esperti in materia economica e sociale” presieduto da Vittorio Colao per le “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022” (il cosiddetto “Piano Colao”) suggerisce molte delle principali misure e innovazioni contenute nel dl “Semplificazioni”. Il Piano Colao e le relative Schede puntano al rilancio dell’Italia secondo tre assi: digitalizzazione e innovazione di processi, prodotti e servizi; rivoluzione verde per proteggere il capitale naturale del Paese; parità di genere e inclusione per promuovere uguaglianza e opportunità per donne, giovani, persone con disabilità, classi e territori svantaggiati. L’obiettivo è un’Italia più forte, resiliente ed equa: senza dubbio obiettivi importanti e condivisibili.

Ma quando dagli obiettivi generali si passa alla declinazione in strategia e azioni, come si può verificare nei sei assi d’intervento delle Schede di lavoro, la rivoluzione verde si indebolisce, mentre le proposte per infrastrutture e appalti, sono pessime. E spesso le ritroviamo in modo identico nel dl “Semplificazioni”. 

Così, nelle schede della sezione “Infrastrutture e Ambiente”, si propone tra le altre cose di: realizzare infrastrutture strategiche con legge speciale, con apposita unità presso la presidenza del Consiglio; rivedere il codice appalti attuale fino alla sua abrogazione; applicare direttamente le direttive europee; sostituire i pareri delle autorità competenti con strutture tecniche; estendere la DIA in modo massiccio; estendere semplificazioni e silenzio-assenso anche a “aree oggi escluse (salute, ambiente, paesaggio, territorio)” (si vedano le Schede 21-22-23). Sembra davvero di rivedere la vecchia “Legge Obiettivo 2001” del governo Berlusconi, che non ha mai funzionato, ma che viene ora riproposta senza nemmeno una valutazione sui risultati reali.

Infine, nella Scheda 24 “Investimenti concessioni” si propone di “negoziare una estensione delle concessioni equilibrata e condizionata agli investimenti”, per esempio nei settori delle autostrade, gas, geotermico, idroelettrico. Da non credere il fatto che nel 2020, a quasi trent’anni dalla Direttiva 93/37, che imponeva gare d’appalto in tutti i settori, si insista ancora nella proroga delle concessioni in essere e che mai sono state sottoposte a gara in Italia.

Proposte concrete per realizzare gli investimenti che servono al Paese

Ci ha pensato ANAC, l’autorità anticorruzione, nella sua relazione annuale al Parlamento, presentata il 2 luglio scorso, a mettere in guardia dalle semplificazioni che aiutano corruzione. “Per superare la crisi, sembrano riaffacciarsi in questi giorni ipotesi rischiose come quelle di un largo utilizzo dei ‘super-commissari’, del ‘modello Genova’ per alcuni appalti sopra soglia, con amplissime deroghe (ad accezione delle norme penali e di quelle antimafia), e l’affidamento diretto fino a 150.000 euro senza alcuna consultazione degli operatori economici. Ben vengano tutte le semplificazioni necessarie, ma non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio; al contrario, le deroghe indiscriminate creano confusione, i RUP (responsabile unico del procedimento) e le imprese non hanno punti di riferimento e si rischia di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa”, ha dichiarato il presidente ANAC, Francesco Merloni. Il quale, a conclusione del suo intervento, ha illustrato le proposte per semplificare e dimezzare i tempi che già l’attuale Codice Appalti del 2016 prevede: basta attuarle.

Dal dl “Semplificazioni” e dal governo non vengono affrontate, peraltro, due questioni fondamentali per il sistema Italia: da un lato la pessima qualità dei progetti presentati e le lunghe liste di grandi opere da realizzare di cui non viene dimostrata l’utilità, senza una strategia coerente per i servizi ai cittadini, dall’altro lato la decarbonizzazione dell’economia e dei trasporti. Non abbiamo un piano aggiornato dei Trasporti e della Logistica, fermo al 2001, che parli di città, innovazione digitale, decarbonizzazione, elettrificazione, servizi di mobilita in sharing, mobilità attiva. Nel campo della rete stradale e autostradale, dopo il crollo del ponte Morandi, abbiamo compreso che priorità e risorse vanno dedicate alla manutenzione e adeguamento del patrimonio esistente, piuttosto che a nuove reti che alimentano il traffico stradale e consumano suolo.

Un caso su tutti: l’autostrada della Maremma, progetto avviato dal 1982, che ha cambiato almeno quattro differenti tracciati, con tre valutazioni ambientali in parte non concluse. Fino ad arrivare a febbraio 2020 con il dl Milleproroghe a ciò che si spera sia la conclusione della vicenda: invece di una inutile e devastante autostrada si è decisa la revoca della concessione a SAT per affidare ad ANAS l’adeguamento e messa in sicurezza della strada statale Aurelia. Finalmente si punta sulla soluzione che tutto il mondo ambientalista invoca da oltre 30 anni, ma adesso è il momento di essere coerenti. La ministra De Micheli ha annunciato il Piano “Italia Veloce”, la cui bozza (in formazione) prevede troppe nuove autostrade, mentre le risorse e i progetti per adeguamenti e manutenzione della viabilità esistente sono scarse.

Legambiente, Asvis e Wwf Italia hanno presentato da tempo strategie e liste di opere utili necessarie al futuro del Paese e dei territori, da realizzare secondo le procedure semplificate, dai tempi certi e ridotti, che già il Codice Appalti consente di utilizzare per sostenere subito la ripartenza del Paese in modo trasparente e concorrente, per dare occupazione e lavoro. Partiamo da tutto questo, sfruttando le risorse europee e il “Recovery Fund Next Generation Ue”, per costruire in modo partecipato un Piano italiano di investimenti utile al futuro del Belpaese. 

Anna Donati

6/7/2020 https://sbilanciamoci.info

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