Demonizzazione della cannabis tra industria cartiera, petrolifera e tessile

PRIMA PARTE https://www.blog-lavoroesalute.org/cannabis-tra-proibizionismo-e-storia/

Capitalismo, proibizionismo e demonizzazione della cannabis

La cannabis è l’unica pianta che si può coltivare a qualunque latitudine, dall’Equatore alla Scandinavia, ha molteplici proprietà curative, cresce veloce, costa pochissimo da mantenere, offre un olio di ottima qualità molto digeribile ed ha fornito, dalle più antiche civiltà fino agli inizi del secolo scorso, circa l’80% di ogni tipo di carta, di fibra tessile e di combustibile tutto rigorosamente ecologico. Può sostituire od essere mescolata benissimo con il cotone e altre fibre.

Negli Stati Uniti d’America, per la precisione in Virginia, tra il 1763 e il 1767, fu promulgata una legge che ordinava a tutti i possessori di terre di destinare una parte degli appezzamenti alla semina di Canapa. Questo perché era una materia prima di estrema importanza, definita “essenziale al benessere e alla protezione del paese” da Thomas Jefferson. In poche parole, c’è stato un tempo in cui la coltivazione di Cannabis era obbligatoria. Ma questo diventerà ben presto un sogno.

Nel 1929, il Segretario al Tesoro degli USA, il banchiere Andrew William Mellon (tra i massimi esponenti del capitalismo statunitense) nomina suo genero Harry Anslinger a capo del Dipartimento del Proibizionismo di Washington come commissario del Dipartimento del Tesoro del Federal Bureau della Narcotici. Erano gli anni del proibizionismo e il governo USA si dimostrò totalmente incapace di gestire il divieto del consumo di alcool: la consumazione clandestina di alcool aumentò drasticamente e con esso anche il controllo di interi quartieri da parte dei gangster. Il commercio nero dell’alcool veniva gestito dalla criminalità organizzata e per questo si decise di porre fine al divieto di assunzione. Harry Anslinger, poco prima della liberalizzazione dell’alcool, aveva sostenuto che la cannabis non rappresentava un problema. Addirittura dichirava che non era “nociva” e “che non c’è niente di più assurdo dell’idea” che possa rendere le persone violente.

Improvvisamente, però, il suo dipartimento Narcotici, ormai senza alcuna funzione, ebbe la necessità di trovare un nuovo bersaglio e Anslinger annunciò di aver cambiato idea. Iniziò a diffondere l’idea che il consumo di cannabis facesse cadere in una “una rabbia delirante”, “in una voragine di sogni a sfondo erotico”, fino a perdere “la capacità di formulare pensieri connessi tra loro”, arrivando alla “pazzia”. Anslinger dichiarò addirittura che la marijuana trasformava il consumatore in una “bestia selvaggia” e che se la marijuana avesse incontrato Frankenstein, quest’ultimo morirebbe di paura.

Harry Anslinger si ossessionò del caso di Victor Licata che, in Florida, uccise la famiglia a colpi di ascia. Anslinger dichiarò pubblicamente che quello era l’esempio delle conseguenze dell’inalare “l’erbaccia demoniaca”. Le sue dichiarazioni crearono panico, il panico crea insicurezza e le situazioni di insicurezze evocano sistemi di difesa. Iniziò ufficialmente la campagna di demonizzazione della cannabis. Tutte le notizie che si veicolavano non avevano alcun fondamento scientifico.

Harry Anslinger scrisse a 30 scienziati chiedendo se la cannabis fosse pericolosa e se dovesse essere vietata. Tutti risposero che non c’era alcun motivo per vietarla, tranne uno. La cannabis venne messa al bando negli USA, i quali spinsero affinchè anche in altri Stati venisse proibita.

Michael Ball, importante medico statunitense, scrisse a Harry Anslinger spiegando che durante l’università aveva fatto uso di cannabis e l’unico effetto che ebbe fu la sonnolenza: “È probabile che la cannabis faccia impazzire un numero trascurabile di persone, ma abbiamo bisogno che ce lo dimostri la ricerca scientifica”.

Anslinger rispose: “non è possibile temporeggiare contro questo demonio chiamato marijuana “, spiegando che non ci sarebbero stati fondi per finanziare tale ricerca. Per anni i medici provarono a dimostrargli che le sue supposizioni erano sbagliate, ma lui ignorava intimandoli a non muoversi su campi pericolosi.
Anni dopo, delle indagini hanno consultato i referti psichiatrici di Victor Licata, scoprendo che non ci sono prove che abbia mai usato cannabis. Nella sua famiglia c’erano molti problemi psichici e, un anno prima, gli avevano consigliato di internarlo ma la famiglia si rifiutò. I suoi psichiatri non hanno mai fatto menzione del suo presunto consumo di marijuana.

Erano anche gli anni in cui il nuovo capitalismo industriale si stava rigenerando e l’industrializzazione stava danneggiando l’agricoltura. Le industrie farmaceutiche sono state tra le più acerrime nemiche della Cannabis e hanno contribuito in maniera decisiva, attraverso il signor John Rockfeller, alla sua proibizione. Negli anni in cui nacque il proibizionismo di questa pianta, Big Pharma stava sperimentando le prime medicine sintetiche con l’obiettivo di abbandonare i meno remunerativi farmaci naturali, a cominciare proprio dalla Cannabis.

I nascenti gruppi industriali americani puntavano soprattutto allo sfruttamento del petrolio per l’energia (pensiamo alla Standard Oil dei Rockefeller), delle risorse boschive per la carta (pensiamo all’editore Hearst), e delle fibre artificiali per l’abbigliamento (Dupont). La nascente industria del petrolio, del nylon e dell’editoria e delle medicine sintetiche aveva un potenziale avversario comune contro il loro business: la cannabis. Tutti i settori avevano investito grandi quantità di denaro, ma sarebbe bastato che qualcuno prendesse in mano le redini dell’industrializzazione della cannabis per il settore tessile, per il settore editoriale e per il settore energetico in modo da far crollare il loro core business. D’altronde come prodotto tessile, la cannabis è circa 4 volte più morbida del cotone, 4 volte più calda, ne ha 3 volte la resistenza allo strappo, dura molto più a lungo, ha proprietà ignifughe e non necessita di alcun pesticida per la coltivazione. A pari resa, il carburante di canapa costa circa 1/5, e come supporto per la stampa circa 1/10. La cannabis era efficace e poco costosa, oltre a non avere impatto ecologico nei terreni grazie alle sue proprietà fito-assorbenti e fito-stabilizzanti. Successe che Standard Oil, Hearst e Dupont si allearono in una grossa lobby industriale proibizionista contro la canapa per facilitare i nascenti settori de facto tossici ed inquinanti.

Hearst mise a disposizione i suoi giornali cittadini e i suoi mass media, grazie ai quali Anslinger usufruì per diffondere la propaganda anti-marijuana. Partì quindi un’operazione mediatica di demonizzazione, rapida ed efficace a reti unificate. “Droga del diavolo” ed “erba maledetta” furono solo alcuni degli epiteti usati contro questa pianta multiuso. Hollywood aderì alla propaganda e, contribuendo in maniera determinante nella demonizzazione della cannabis, di lì a poco produsse il film “Marihuana: assassina di giovinezza – Un tiro, una festa, una tragedia”.

Quanti omicidi, suicidi, furti, aggressioni criminali, rapine, scassi e gesti di follia maniacale provochi ogni anno, lo si può solo indovinare. Nessuno sa, nel mettere ad altri fra le labbra una sigaretta di marijuana, se ne faranno un allegro visitatore di paradisi musicali, un folle delirante, un tranquillo pensatore, o un assassino…
Harry Anslinger – Commissioner of the US Bureau of Narcotics 1929-1962

Il 14 giugno 1937 il presidente Roosevelt firmò il “Marijuana Tax Act”, che impediva la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa anche a scopo medicale. Tre quarti dei senatori che lo votarono non erano a conoscenza del fatto che “marijuana” e “cannabis” fossero la stessa cosa. Secondo le indiscrezioni la distinzione del tutto arbitraria è stata creata in quegli anni dagli artefici del proibizionismo, ai quali serviva una parola sconosciuta alle masse per indurre una certa confusione comunicativa. Fra tutti, fu Hearst ad ideare la distinzione per introdurre paura e terrore verso quella che si inizierà a chiamare “droga”. Nacquero così i “drogati”, ovvero coloro che ne facevano uso ed iniziò una vera e propria guerra tra poveri accompagnata da una forte propaganda razzista di stigmatizzazione.

Nel 1937, durante l’audizione al Congresso degli Stati Uniti, Il direttore del Federal Bureau of Narcotics americano, Harry J. Anslinger dichiarò: «Negli Stati Uniti d’America ci sono 100mila fumatori di marijuana. La maggior parte di loro sono negri, ispanici, filippini e artisti. La loro musica satanica, il jazz, lo swing, sono il risultato dell’uso di marijuana. La marijuana provoca nelle donne bianche il desiderio di intrattenere rapporti sessuali con negri, artisti e altri. (…) la prima ragione per mettere la marijuana fuori legge è il suo effetto sulle razze degenerate. La marijuana è una droga che provoca assuefazione e produce negli utilizzatori insanità, criminalità e morte. La marijuana porta al lavaggio del cervello pacifista e comunista.

Gli spinelli inducono i negri a pensare che sono come gli uomini bianchi. Fuma uno spinello e probabilmente ucciderai tuo fratello. La marijuana è la droga che più ha causato violenza nella storia dell’uomo».
Non a caso la proibizione della canapa ha avuto ricadute di carattere geopolitico e gli Stati Uniti chiesero agli altri Paesi di metterla al bando. Il Messico decise che le scelte politiche relative alle droghe dovevano essere determinate dai medici, i quali sostennero che la cannabile non provocava problemi e per questo rifiutarono di vietarla. E così gli Stati Uniti tagliarono la fornitura di antidolorifici, costringendo il Messico a dichiarare la “guerra alla droga”.

Come già detto, dietro alla campagna proibizionista c’erano interessi economici. La famosa casa editoriale/cartaria Hearst, la maggior sostenitrice tramite i suoi quotidiani della campagna anti-cannabis, aveva appena effettuato enormi investimenti sulla carta da albero ed iniziava la devastazione sistematica di boschi e foreste dell’America Latina per la produzione di carta. Il suo proprietario William Randolph Hearst, magnate della carta stampa e personaggio che ispirò Orson Welles nella figura del Citizen Kane nel film “Quarto potere”, dichiarò sul Newspaper Tycoon le seguenti assurdità:

la marijuana è la strada più breve per il manicomio, fuma la marijuana per un mese e il tuo cervello non sarà niente più che un deposito di orridi spettri, l’hashish crea un assassino che uccide per il piacere di uccidere.”
I giornali di Hearst portarono avanti per anni una enorme campagna di disinformazione e propaganda proibizionista contro la cannabis, attribuendole falsamente tutti i “mali sociali”: dagli assassini al comunismo, dal pacifismo all’infedeltà coniugale, fino ad arrivare ai rapporti sessuali tra “donne bianche e razze inferiori”. Spesso si leggevano titoli del genere:

“I TRE QUARTI DEI REATI in questo paese sono CAUSATI DALLA MARIJUANA”.
La controinformazione era inesistente e solo molti anni dopo si scoprì la verità su come era stata condotta la campagna di criminalizzazione della cannabis e i suoi scopi. Nel frattempo la DuPont brevettò il nylon, inondando il mercato con i suoi brevetti, marchi originali e le fibre sintetiche come il teflon, il lycra e il kevlar. Il mercato dell’automobile si indirizzava definitivamente all’uso del motore a benzina ed anche Diesel, che costruì il primo motore con carburante vegetale, si adeguò alle necessità di mercato. Come dichiararono il petroliere Rockfeller e l’editore Hearst: “Perché violentare la natura tagliando la canapa? C’è il petrolio, con il petrolio potremmo proteggere la natura”. Un’assurdità illogica che serviva per tenere a bada i potenziali oppositori.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute

13/3/2022

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