Doppia dose d’iniquità pandemica

Rieccoci di nuovo con le vertigini da curva dei contagi da Covid19 in rialzo.

E questa volta il deja-vù sembra riguardare anche l’impreparazione dell’apparato sanitario e amministrativo, che si è fatto cogliere di sorpresa dalla contagiosità della variante Omicron, che con una minore carica virale, finisce per colpire anche persone vaccinate di recente con la fatidica terza dose.

Ancora in fase di riattivazione degli HUB vaccinali, saltata completamente la tracciabilità, con la supposta panacea di tutti i mali rappresentata dal ‘green pass’ governativo, che non segnala variazioni neppure in caso di positività del soggetto; anche il governo Draghi è dovuto ricorrere ad una stretta per le festività natalizie.

Ormai è chiaro, non “andrà tutto bene” come nei migliori auspici della prima ondata pandemica…semmai andrà tutto in beni e profitti, come quelli che stanno continuando a macinare le case farmaceutiche, con circa 850mln.€ di utili solo nell’ultima settimana.

All’alba della quarta ondata da Covi19, il capitalismo finanziario ha mostrato la dentatura di sciacallo e senza guardare in faccia nessuno, porta avanti una speculazione sulla pandemia e sulla pelle delle persone, a costo di migliaia di nuove vittime al giorno in molti paesi del mondo.

Oltre alla campagna ‘No Profit On Pandemic’ che chiede insistentemente la rimozione dei brevetti farmaceutici sui sieri, così da poter garantirne l’accesso universale; a denunciare la situazione è anche il rapporto di Amnesty International sulla ‘Doppia Dose di ingiustizia’.

L’azienda farmaceutica Pfizer ha infatti dichiarato 14 miliardi di dollari di profitti dalla vendita dei vaccini contro il Covid-19, soltanto nel terzo trimestre del 2021 e stima di raggiungere i 36 miliardi complessivi entro la fine dell’anno. La preclusione del siero a miliardi di persone è stato definito un “fallimento di dimensioni catastrofiche, generato dal profitto insaziabile, a danno dei diritti umani”.

E mentre Big Pharma ha saputo prendere come sempre il ‘toro per le corna’, metafora di un’Unione Europea fra i mercati più ghiotti delle dosi quotate sui 17€ cad. in media; a niente è valsa la campagna del ‘Conto alla rovescia sui 100 giorni’, lanciata in occasione dello scorso vertice del WTO a Ginevra, per l’estensione della campagna vaccinale ai paesi a reddito medio-basso, con una platea potenziale di 1,2 miliardi di persone vaccinate in più entro la fine del 2021.

Se il coronavirus sembra attenuare la propria virulenza e mortalità con il progredire delle ondate, ad acuirsi sono ancora le diseguaglianze, scolpite nei dati della distribuzione vaccinale, per cui il 63% della popolazione residente in paesi ad alto reddito risulta completamente vaccinata, con picchi del 80-90% in paesi come Italia, Portogallo o Spagna; mentre la metà della popolazione globale non ha ricevuto finora neppure una dose di vaccino e solo il 2,8% della popolazione in stati a basso reddito ne ha ricevuta almeno una, dato sensibilmente inferiore al seppur irrisorio 17,5% di persone completamente vaccinate nei paesi a medio reddito.

La responsabilità è per larga parte proprio in capo alle aziende farmaceutiche che, nonostante i miliardi di dollari ricevuti dai governi, insistono sul mantenimento del controllo di produzione e prezzi dei vaccini, incidendo quindi sulla disponibilità globale. Episodio davvero sintomatico è stato il rifiuto nel giugno scorso ricevuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da parte di Pfizer e Moderna a partecipare all’installazione di un centro per il trasferimento tecnologico di sieri ad mRNA (C-tap) in SudAfrica, poi parossisticamente culla della nuova variante.

L’obiettivo dell’OMS del 40% di popolazione vaccinata entro il 2021 sembra sul punto di sfumare di fronte a programmi inadeguati come COVAX, di fatto su base volontaristica e suscettibile quindi all’approccio precauzionale di accumulo di scorte da parte dei governi, che secondo una stima di novembre avrebbero immagazzinato oltre 500mln di dosi in eccesso, di cui circa: 170mln.in stati dell’UE, più di 160mln. negli Usa; più di 140mln. in Cina; più di 26mln. nel Regno Unito; più di 16 mln. in Canada.

Più nello specifico dal rapporto di Amnesty International è emerso come, malgrado le coperture di tutti i costi di ricerca e sviluppo e produzione avvenuti con finanziamenti pubblici, le aziende di Pfizer/BioNTech abbiano fornito almeno fino a settembre alla sola Svezia una quantità di vaccini nove volte superiore a quella inviata a tutti gli stati a basso reddito; mentre Moderna non aveva inviato neanche una dose di vaccino a uno stato a basso reddito e aveva fornito solo il 12 per cento dei suoi vaccini agli stati a medio-basso reddito; con AstraZeneca invece che aveva inviato la maggior parte dei suoi vaccini agli stati a basso reddito, a costo di produzione, e aveva ceduto alcune licenze ad altri produttori, pur rifiutandosi di condividere la tecnologia nell’ambito delle iniziative dell’Oms e di cedere complessivamente i brevetti.

Accanto a questa deriva predatoria, che trasforma una tragedia come la crisi sanitaria in un’occasione di profitto per le case farmaceutiche; si manifesta il corollario di tagli lineari ai sistemi sanitari pubblici, con le politiche di austerità perpetrate dall’UE e dai governi allineati nella precedente crisi economico-finanziaria.

Il ridimensionamento di personale e strutture mediche, l’assenza di una sanità territoriale diffusa, la privatizzazione di interi comparti come la diagnostica e la specialistica, a seguito di quello farmaceutico e quindi in buona sostanza della ricerca e dello sviluppo avanzato, sempre più retaggio di grandi compagnie multinazionali del farmaco, rappresentano i tratti più comuni di questa deriva, che ha portato i sistemi sanitari in corsia d’emergenza.

C’è però anche l’ostinato ricorso al mercato a perorare il mantra dell’assenza di alternative, specie nell’impossibilità di organizzare una campagna di tamponi adeguata, per cui molte autorità regionali e nazionali preferiscono demandare al semplice test antigienico in farmacia, addirittura limitando il periodo di quarantena dei soggetti vaccinati, onde evitare di ritrovarsi senza manodopera al termine del periodo di feste invernali.

Si potrebbe riprendere proprio quel ‘TINA’, che preclude ogni alternativa, declinandolo questa volta alla licenza obbligatoria sui vaccini, alla rimozione dei brevetti farmaceutici, come unica strada per superare finalmente la pandemia e sgombrare il campo dallo sviluppo di ulteriori varianti, se solo si capisse e si spingesse con forza anche i governi e le istituzioni europee a capire che, nessuno è al sicuro, fino a che tutti non avranno accesso a cure e vaccini efficaci.

Tommaso Chiti

29/12/2021 https://transform-italia.it

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