E ORA, OSTAGGI DEL VIRUS O DELLA SCUSA?

E’ ormai accertato che il virus è arrivato in Italia almeno da dicembre e come nel resto del mondo è dimostrabile come la circolazione iniziale del Covid-19 coincida con le estese concentrazioni di inquinamento industriale, con le mappe degli allevamenti intensivi e con i tragitti manageriali degli affari di mercato globale, atti a sfruttare le risorse, a decomporre gli ecosistemi della specie animali distruggendo il loro habitat naturale.

Così come è accertato, facendo giustizia dell’infodemia contro gli untori per strada e nei parchi, che tutti i focolai si sono sviluppati dentro gli ospedali, le fabbriche, le residenze per anziani.

Facciamo un breve ma esauriente resoconto delle fasi. Il 10 gennaio l’Organizzazione mondiale della sanità diffonde la notizia dell’epidemia; il 22 gennaio la zona di Wuhan in Cina, ad oggi registrato come primo focolaio, entra in quarantena; il 29 gennaio, vengono ricoverati allo Spallanzani i primi due turisti cinesi positivi.

Dopo il primo decreto, 9 marzo, finalmente arriva quello del 22 marzo che decide la chiusura delle attività non essenziali, però consentiva larghissime possibilità di deroga che, in pratica annullavano l’efficacia. E con il Dpcm del 26 aprile, altri 2,75 milioni, di quelle attività ufficialmente chiuse, sono tornati a lavorare dal 4 maggio.

Inoltre il decreto impone agli imprenditori misure chiare di prevenzione del contagio nei luoghi di lavoro e, di conseguenza, non precisa se e come sono rafforzati gli obblighi in capo al datore a tutela della salute dei lavoratori.

Questi decreti evidenziano un dato di fatto che solo la paura indotta dall’incapacità del sistema politico (e sanitario attuale) ha potuto nascondere come l’immondizia sotto il tappeto: il criterio principale che ha guidato il governo sin dall’inizio della pandemia non è stato quello della rigida tutela della salute, a prescindere da altri fattori secondari, ma ha ritenuto sovrano il principio di assecondare la pretesa del profitto a tutti i costi da parte degli industriali e quindi preservare la produzione economica, se questo e costato, e continuerà a costare, la vita a qualche decina di migliaia di persone chi se ne frega.

E siccome, pare secondo il governo e l’opposizione in questo Parlamento, che la Costituzione italiana reciti che il bene primario da salvaguardare a tutti i costi è il profitto tramite lo sfruttamento, allora risulta ovvio che gli atti legislativi non fermino il panzer dell’economica accumulatrice della ricchezza di pochi sulla pelle di milioni.
Quindi risulta anche lecita l’implicita domanda rivolta ai lavoratori nel mentre non si assicura loro un sostentamento di quarantena: ”volete tornare a lavorare o fare la fame a casa? Ignobile!

In Italia è fantapolitica ma sarebbero sperabili processi giudiziari dopo la fine della quarantena (anche se è lecito domandarsi quando finirà realmente, in rapporto alle voglie evidenti del sistema politico di prorogare in qualche modo coercitivo lo stato di semilibertà) contro gli ambiti istituzionali e manageriali, per mano dei parenti dei deceduti per coronavirus, dagli anziani nelle RSA ai medici, infermieri e operatori sociosanitari deceduti a causa dell’assenza o dall’insufficienza dei dispositivi di protezione.

Ma anche, e soprattutto, degli ospedali chiusi, dei dipartimenti di prevenzione, debilitati in organico e funzioni, che avrebbero dovuto coordinare le cure a casa dei malati Covid-19, dei posti letto ridotti all’osso e indispensabili senza il filtro della medicina territoriale, delle mancate assunzioni di decine di migliaia di medici e infermieri in ossequio alle politiche di pareggio di bilancio che, ormai chiaro a tutti, ha operato come virus sterminatore pre Covid-19.

A riguardo, pare come una meticolosa preparazione di un piano criminoso, è disastroso il bilancio delle piante organiche delle professioni sanitarie: medici, infermieri e operatori sanitari in sensibile calo su tutto il territorio. In otto anni il numero dei dipendenti attivi è progressivamente passando da oltre 707mila unità a meno di 670mila.

Un’altra vittima di questa gestione del coronavirus è stata la già poca attenzione sui morti sul lavoro e sui morti per inquinamento.
Ogni anno muoiono 1450 lavoratori per infortuni sul lavoro e in itinere, decine di migliaia per malattie professionali, 5 mila quelli per amianto solo in Italia, 15 mila in Europa.

Nel nostro Paese sono stimate 371.000 diagnosi di tumore nel 2019 (Rapporto AIOM-AIRTUM 2019. I numeri del cancro in Italia). Di contro, nel 2018 sono stati accertati dall’INAIL solo 989 casi di tumore professionale, a fronte di 2.643 denunce presentate dai lavoratori … (Rapporto INAIL 2018).

Così come, dai dati del 2019, si evince che L’Italia è il primo Paese europeo per morti premature da biossido di azoto (NO2) con 14.600 decessi l’anno. Lo rivelano i dati raccolti e analizzati dall’Agenzia europea per l’Ambiente (Aea) nel rapporto annuale sulla qualità dell’aria, in base alle rilevazioni delle centraline anti smog, che posizionano l’Italia al primo posto anche per le morti da ozono (O3) – 3mila all’anno – e al secondo posto per quelle da particolato fine (PM2,5), 58.600, dietro alla sola Germania. Così 2 milioni d’italiani vivono in aree, soprattutto la Pianura Padana, dove i limiti europei per i tre inquinanti principali sono violati sistematicamente.

Ecco perchè ci chiediamo se saremo permanentemente in ostaggio della scusa del virus. con questo stato di cose è la chiara volontà di questa politica, asservita ai poteri del criminale arricchimento organizzato, di privarci dei diritti alla ribellione, per vivere.

Franco Cilenti

Editoriale del numero di maggio del mensile Lavoro e Salute http://www.lavoroesalute.org/

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