Emergenza Climatica: MEDIA, DITE LA VERITA’

Quanto al riscaldamento globale come conseguenza pericolosa delle emissioni di gas serra, questo era già noto alle compagnie di estrazione dei combustibili fossili fin dagli anni ’60, tant’è che misero a tacere gli avvertimenti provenienti dai loro stessi ingegneri 2). Negli anni successivi, anche grazie all’avvento di tecnologie e di approcci sistemici sempre più sofisticati, la ricerca scientifica che si occupa di disegnare quali potranno essere le conseguenze globali sulla geobiosfera del cambiamento climatico e della devastazione degli ecosistemi è enormemente cresciuta, e con essa la necessità di divulgare i risultati della stessa ai decisori politici e alla gente, per mettere in guardia sulle possibilità aperte a scenari di portata apocalittica.

La comunicazione della gravità di quello che sta succedendo in termini di emergenze climatica ed ecologica è quindi diventata una priorità e allo stesso tempo una responsabilità per la comunità scientifica, un po’ come successe per la minaccia nucleare globale stigmatizzata nella famosa lettera aperta di Albert Einstein e Bertrand Russell.

Oggi però questo impegno si traduce in azioni di fattuale inefficacia. La comunicazione resta sostanzialmente inascoltata dalla politica e ignorata dalla gente, sostituita da un’informazione preoccupata molto più di rassicurare che di informare. Tutt’al più, i riferimenti alla situazione climatica ed ecologica vengono usati per avallare retoricamente decisioni politiche ed economiche, o soluzioni tecnologiche “verdi”, la cui efficacia e pertinenza esistono solo nella testa di chi ce le propina. La comunità scientifica dice ben altro. Da anni, una lunga serie di documenti scientifici sono stati redatti e firmati in forma di appelli, dapprima da decine e più di recente da decine di migliaia di scienziati 3)

Ripple e altri 11.258 autori da 153 Paesi. World Scientists’ Warning of a Climate Emergency. BioScience, Volume 70 n.1, gennaio 2020, https://doi.org/10.1093/biosci/biz088, appelli che ci parlano di una realtà ben peggiore di quella che la paternalistica e rassicurante retorica del mainstream politico e mediatico ci somministrano. Notizie che meriterebbero ogni giorno la prima pagina diventano —opportunamente annacquate— riempitivi da pagine interne dei quotidiani, usate per propagandare una crescita economica colorata di verde esattamente nella misura in cui ciò consente di usare una narrativa accattivante e continuare a fare i propri comodi.

“Con i sussidi alle fonti fossili usiamo i soldi della gente per finanziare gli uragani” 4). Uso il virgolettato perché questa è un’affermazione di Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite. Il Fondo Monetario Internazionale ci informa infatti 5) che i governi di tutto il mondo inondano di sussidi (pre- e post-tax) le compagnie di estrazione dei combustibili fossili per svariate migliaia di miliardi di dollari all’anno. Avete letto bene. Circa il doppio del PIL dell’Africa, e più del doppio di quello che spende l’UE per istruzione e sanità insieme. Ora, questa affermazione di Guterres dovrebbe essere in prima pagina.

Sempre. Perché c’è un diritto morale ad essere informati. Purtroppo, e sorprendentemente, il diritto morale ad essere informati di cosa sta succedendo, anzi meglio, di cosa ci stanno facendo, non ha una controparte giuridica. Si tratti della Costituzione Italiana o della Carta dei Diritti Umani, ad essere salvaguardate sono la pluralità e la libertà di informazione, non l’obbligo. A quanto pare non viene impedito di tacere, ed evitare così di dover raccontare i dettagli sul perché i nostri nipoti rischiano di (soprav)vivere in un mondo devastato a livelli mai sperimentati dall’uomo. Non essendovi d’altra parte —e per fortuna!— neanche alcun impedimento a parlare, raccontare cosa succede è diventato sempre di più uno dei compiti imperativi della scienza, nonostante purtroppo a detenere il potere della comunicazione siano politica e media. Non dico che a priori questi ultimi mentano, o mentano sempre. Ma oltre a “dire la VERITÀ”, qualcuno dovrebbe obbligarli a “DIRE la verità”.

Se da una parte la politica si è sempre dimostrata molto più attenta al parere —anzi, agli umori— degli elettori (passati e potenziali) anziché di quello della scienza, dall’altrar parte abbiamo il desolante pressapochismo dei media, che nasconde anche l’idea che tutto sommato la scienza sia il parere “di qualcuno”, da contrapporre in qualche talk show al parere di “qualcun altro”, che magari sbandiera con orgoglio il fatto che lui “di matematica non ha mai capito un cazzo”.

Innanzitutto, andrebbe chiarito una volta per tutte qual è il modo di lavorare della comunità scientifica. Che si tratti di geologia, ecologia, fisica, biologia o matematica, la comunità scientifica di una disciplina è fatta da migliaia di gruppi di ricerca, indipendenti e virtualmente liberi, che contano decine di migliaia di scienziati in tutto il mondo. Il lavoro di questi gruppi, i modi con cui viene portato avanti e i risultati ottenuti sono costantemente valutati e verificati e validati attraverso un processo di controllo incrociato e trasparente da parte di tutta la comunità, dal Brasile agli Stati Uniti, dall’India al Sudafrica, dall’Irlanda alla Corea, dal Giappone al Canada.

Da questo processo emergono conoscenze sulla cui veridicità sostanziale non vi è più alcun dibattito e sono ormai assodate al di là di ogni ragionevole dubbio, talmente inequivocabile è il corpo degli indizi scientifici osservati, dedotti o ricavati in anni di lavoro. L’inquinamento uccide. Il DNA veicola la trasmissione di tratti adattativi. La Terra non è piatta. Il riscaldamento globale esiste, ed è provocato dall’uomo. Il collasso globale degli ecosistemi e delle società è uno scenario realmente possibile, la cui probabilità di avvenire dipende da cosa la geopolitica globale vorrà e riuscirà a fare nel prossimo futuro, a partire da oggi stesso.

La recente epidemia da covid-19 ha ciononostante creato una nuova ondata di dubbi sulla capacità della scienza di dare risposte quantomeno non contraddittorie. Appare necessario perciò chiarire: le persone che di volta in volta accettano di venir coinvolte in brevi interviste decontestualizzate spesso non parlano in quanto scienziati, ma esprimono il proprio parere, di persona magari colta e di buon senso. Ma il parere del capomeccanico della Ferrari sull’efficacia delle misure di riduzione del traffico cittadino vale quanto quello di un fruttivendolo. Per cui non si capisce perché un medico debba diventare improvvisamente un esperto di epidemiologia, o un microbiologo un esperto di gestione della prevenzione delle epidemie, o un manager sanitario un esperto di genetica. D’altra parte, l’intervistatore di turno non è in grado di apprezzare la differenza, e l’intervistato di turno finisce spesso per dare il suo parere su qualsiasi cosa. Peccato, perché l’informazione reale, corretta e condivisa esiste, pubblicata e disponibile a chiunque, ancorché di oggettiva difficoltà di fruizione, non fosse altro che per la lingua.

Tornando alla questione delle emergenze climatica ed ecologica, purtroppo la comunicazione scientifica è affidata a un giornalismo d’accatto, che ci inonda di pareri e testimonianze che spesso attestano solo l’arrogante mancanza di umiltà di chi è convinto che l’analisi e la soluzione di un problema complesso possa essere semplice. Si torna quindi al problema della comunicazione scientifica, ovvero, di una “traduzione” e disseminazione della conoscenza su cui noi scienziati siamo più che mai chiamati a lavorare con urgenza e impegno.

In questo contesto, la necessità di un rapporto (serio) con il giornalismo (serio) appare sempre più evidente. Resta un rapporto difficile, almeno fintantoché scienza e tecnologia continueranno ad essere stupidamente identificate come la stessa cosa e fintantoché, nelle testate giornalistiche e televisive, vocaboli come retroazione o zoonosi saranno giudicati di scarso appeal giornalistico, mentre le prime pagine rimarranno riservate al “miracolo” della liquefazione del “sangue di S. Gennaro”, con buona pace del comportamento tissotropico del fluido nell’ampolla.

Note

1.D.H. Meadows, D.L. Meadows, J. Randers; W.W. Behrens III, The Limits to Growth (1972). (traduzione italiana: I limiti dello sviluppo, rapporto del System Dynamics Group, MIT, per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità – Mondadori, Milano 1972).
2.http://www.climatefiles.com
3.William J. Ripple e altri 11.258 autori da 153 Paesi. World Scientists’ Warning of a Climate Emergency. BioScience, Volume 70 n.1, gennaio 2020, https://doi.org/10.1093/biosci/biz088
4.United Nations Secretary – General. Reuters, 28 maggio 2019.
5.https://www.imf.org/~/media/Files/Publications/WP/2019/WPIEA2019089.ashx

Francesco Gonella

5/2/2021 https://www.intersezionale.com

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