Giornata Mondiale dell’Ambiente 2023, obiettivo: un mondo plastic-free

Per il cinquantesimo anniversario della ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite la priorità è chiara: stabilire azioni concrete per abbattere, in modo radicale, l’inquinamento da plastica

“Only One Earth”: è questo il motto storico di un evento che dal 1973, ogni 5 giugno, ricorda a istituzioni e cittadini l’impegno a favore dell’ambiente. “Una Terra sola”: nessun “pianeta B”, dunque, ma anche Terra come rete unica di relazioni. È ancora questa consapevolezza a guidare la campagna 2023, racchiusa nello slogan (che è anche un hashtag) #BeatPlasticPollution: abbattere l’inquinamento da plastica.

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La Giornata Mondiale dell’Ambiente ricorre quest’anno a poche ore dalla conclusione del secondo turno di consultazioni del Comitato Intergovernativo di Negoziazione (INC-2), svoltosi a Parigi nella sede dell’UNESCO e i cui lavori si sono conclusi venerdì. I delegati di oltre 175 paesi e più di 1500 tra scienziati, membri di ONG, attivisti e industriali hanno vagliato le opzioni per lo sviluppo del primo Trattato globale sulla plastica. La discussione sul tema ha coinvolto di recente anche il G7 e lo scorso maggio, dal Giappone, i ministri dell’ambiente e del clima dei paesi membri hanno annunciato una risoluzione per bloccare la produzione di nuovi rifiuti plastici entro il 2040.

Ma aumentare la consapevolezza globale e sviluppare soluzioni concrete sono necessità urgenti.

La plastica impatta su fauna, salute, clima

«Molti sono ancora inconsapevoli del fatto che un materiale così diffuso nella nostra vita quotidiana possa avere conseguenze significative non solo sulla fauna selvatica ma anche sulla salute umana e persino sul clima [a causa delle emissioni di gas serra legate a produzione e smaltimento ndr]» spiega Llorenç Milà i Canals, responsabile della Life Cycle Initiative, il programma UNEP che promuove una prospettiva allargata del problema, calcolando i costi ambientali, sociali ed economici dell’intero ciclo di vita dei prodotti in plastica.

Llorenc Mila i Canals, Life Cycle Initiative

Eppure, il mercato della plastica sembra non conoscere crisi. Se il trend, in continua crescita da decenni, non si arresterà, la produzione totale raggiungerà i 1.100 milioni di tonnellate entro il 2050. In occasione del meeting di Parigi, il WWF ha lanciato un nuovo appello per l’istituzione di un bando globale al monouso: categoria in cui ricade circa metà della produzione globale di plastica.

Meno del 10% delle oltre 400 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotte ogni anno viene riciclato e oltre 20 milioni finiscono direttamente in corsi d’acqua, mari e bacini.

Le immagini delle mastodontiche isole di rifiuti alla deriva negli oceani (la Great Pacific Garbage Patch è, per estensione, tre volte la Francia), sono terrificanti, ma secondo la Smithsonian Ocean il problema è più profondo di quanto si evinca dai fenomeni di superficie, in quanto le microplastiche, ovvero le minuscole particelle (inferiori ai 5 millimetri) frutto dello sfaldamento della struttura polimerica, sono talmente diffuse negli oceani da formare una sorta di ecosistema artificiale, la “plastisfera”.

Guarda il video sulla campagna #beatplasticpollution

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I danni delle microplastiche

Secondo uno studio del Cnr pubblicato a maggio su Science of the Total Environment, condizioni di questo tipo sono presenti anche nelle acque dolci di aree insospettabili, come i bacini dell’altopiano del Tibet, dove le particelle si ritrovano per inquinamento diretto o giungono “viaggiando” attraverso neve e pioggia. Oltre a legarsi con facilità ai metalli pesanti, le microplastiche possono agevolare lo scioglimento dei ghiacci e creare le condizioni favorevoli per lo sviluppo di microorganismi responsabili di reazioni chimiche che ne aumentano la tossicità. L’acqua costituisce, inoltre, la via d’accesso principale alla catena alimentare. Nanoparticelle sono state rinvenute nei tessuti, nella placenta e nel sangue umano e rappresentano una minaccia alla salute pubblica di cui è ancora persino difficile calcolare la reale portata.

Tuttavia, secondo l’UNEP invertire la rotta è possibile: in meno di due decadi potremmo ridurre l’inquinamento da plastica fino all’80%.

La ricetta per una roadmap efficace? Concentrarsi sulla ricerca e sullo sviluppo di materiali alternativi, sul riuso (che da solo vale circa un 30% di riduzione dell’impatto) e sull’efficientamento dei meccanismi di riciclo. Infine, sebbene il problema della plastica vada risolto all’origine, i consumatori possono contribuire ad accelerare la transizione compiendo scelte d’acquisto consapevoli. Come ha sottolineato Inger Andersen, Direttrice Esecutiva dell’UNEP: «Per risolvere il problema nella sua interezza occorre condividere l’impegno».

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Anna Stella Dolcetti

5/6/2023 https://www.sapereambiente.it/

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