GKN precipita la situazione contro gli operai

Francesco Borgonovo, a rileggere i titoli di dieci mesi fa, era stato osannato dai giornali per bene per la sua decisione di rilevare la GKN, aveva annunciato che entro una settimana i primi operai sarebbe già rientrati al lavoro. Di lui s’è detto che è un imprenditore buono, quasi santo, imprenditore-filosofo addirittura, che studia San Tommaso. Un ossimoro, insomma. Di sé, egli stesso giurava che «Si può ancora fare del bene in quelle fabbriche scartate». Poi niente. Anzi, peggio. Non appena cambia l’aria, con un governo senza scrupoli per quanto riguarda la violenza verbale, simbolica e materiale come strumento di governance, l’ossimoro punta dritto dritto allo sgombero del presidio dei lavoratori, ossia dello strumento che ha impedito una localizzazione truffaldina mobilitando fabbrica, territorio e movimenti dal 9 luglio 2021. «Melrose non aveva mai osato tanto. E probabilmente è ancora Melrose che comanda e che viene a completare la delocalizzazione», commentano i lavoratori dopo aver ricevuto la mail, stile Melrose, appunto, con cui l’ossimoro comunica con poche ore di preavviso l’inizio dello svuotamento dello stabilimento senza alcun piano concreto.

Ecco il comunicato dell’Assemblea permanente che chiama alla mobilitazione per lunedì mattina.

«Alla fine è arrivato l’attacco più duro e frontale che questo presidio ha subito dal 9 luglio 2021. Con una mail oggi VENERDI’ alle 15.55 l’azienda ha comunicato l’arrivo dei camion LUNEDI MATTINA ALLE 8.00 per quello che è, a nostro parere, a tutti gli effetti l’inizio dello svuotamento dello stabilimento. E’ evidentemente una operazione preparata da tempo, una escalation studiata a tavolino, probabilmente su diretto suggerimento di Confindustria e cogliendo l’assist del Governo del “made in Italy”.

Melrose non aveva mai osato tanto. E probabilmente è ancora Melrose che comanda e che viene a completare la delocalizzazione.

Questa forzatura avviene perché l’azienda non ha in mano nulla. Non ha la cassa integrazione approvata dall’Inps, non ha nessun piano industriale, non ha brevetti, non ha consorzi, veri o presunti, non ha accordi commerciali, non ha probabilmente una linea di credito approvata dalle Banche per gli investimenti, non ha credibilità, ha venduto fumo e chiacchiere per dieci mesi, ha disatteso l’accordo quadro e può quindi usare solo la forza della provocazione, in spregio ad un intero territorio.

Abbiamo teso la mano per metterci al lavoro, attraverso i nostri stessi progetti industriali. Il 2 novembre è stato proposto all’azienda di mettere a disposizione lo stabilimento dei progetti industriali, delle attività di soggetti pubblici, privati o delle forme associative e del cooperativismo produttivo del territorio. Il 3 al Mise è stato proposto una governance pubblica. Borgomeo ha rifiutato. Ed ha rifiutato perché probabilmente il suo compito non è portare lavoro, ma svuotare lo stabilimento.

Siamo alla vendita del ferro a rottame. Altro che piano industriale. Le aziende appaltatrici che verranno a fare questa operazione di smantellamento devono sapere di essere state tirate nel mezzo a una vera e propria provocazione di natura sociale.

Che forma ha la dignità lunedì mattina alle 8.00? 
Pensiamoci bene. #insorgiamo»

Anche i confederali bocciano la mossa dell’imprenditore-filosofo

Fin qui il comunicato dell’assemblea GKN rispetto a una rottura che non arriva improvvisa ma, sul versante della mobilitazione, segue una manifestazione importante, quella bolognese del 22 ottobre, e ne precede una analoga, domani 5 novembre a Napoli, con cui il Collettivo di Fabbrica GKN continuerà a costruire insorgenza e convergenza con le realtà meridionali. Prima di parlarne, restiamo un attimo sul faccia a faccia tra ossimoro e lavoratori.

«Si tratta dei lavori preparatori per rimuovere rottami e rifiuti che da 10 mesi l’azienda non è riuscita finora a far uscire. Solo e soltanto rottami e rifiuti, materiale con codice rifiuto», minimizza in una nota la proprietà Qf spa, a proposito dell’avvio dell’attività dello smobilizzo di materiali dallo stabilimento ex Gkn di Campi Bisenzio (Firenze) annunciato per lunedì. L’operazione, secondo quanto si legge nella e-mail inviata alle Rsu dalla direzione aziendale Qf per comunicarne l’avvio, ha una durata prevista di circa tre settimane. Lunedì 7 inizieranno i lavori di sistemazione e smobilizzo «di tutto il materiale composto da: prodotti finiti (da rendere inutilizzabili), semilavorati, materie prime (componenti di fornitura), imballi di qualsiasi materiale (plastica, metallo etc), materiali indiretti di consumo destinati alla produzione (trucioli, grasso lubrificante etc.). Tutti i materiali viaggeranno con formulari rifiuti».

Il giorno precedente, l’imprenditore buono aveva ricantato la mezza messa dopo il tavolo al Mise: «L’E-Drive è un progetto di straordinaria prospettiva, noi continuiamo a sperare di poterlo realizzare a Firenze. Abbiamo urgenza di partire con le attività propedeutiche al progetto, e quindi serve la piena agibilità dello stabilimento». Ma l’obiettivo politico di questa impresa è lo smantellamento sia della fabbrica sia dell’occupazione. «Dietro la foglia di fico dell’assemblea permanente – sottolineava Qf in una nota – però si nasconde una vera e propria occupazione della fabbrica che rischia di vanificare il tentativo di continuità industriale di Campi Bisenzio».

Perfino l’arrendevole Fim, i metalmeccanici della Cisl, ha definito «grave e inaccettabile» l’atteggiamento di Qf che ha fatto fallire anche il tentativo di raggiungere una intesa anche nel corso del comitato di proposta e verifica nello stabilimento di Campi Bisenzio, mediato dalla regione Toscana. I concertavivi si auguravano di portare ad una «massima apertura e trasparenza» la ricerca di altri soggetti pubblici o privati finalizzati alla reindustrializzazione del sito di Campi Bisenzio. Ma l’azienda «non ha concesso nessuna apertura» a nessuna delle richieste presentate oggi, né la nomina di un advisor indipendente condiviso, «in grado di valutare tutti i possibili piani industriali o proposte», né un cambio di governance con la regia del Mise configurato all’interno di un’evoluzione dell’accordo quadro firmato lo scorso mese di gennaio. Anzi, prosegue la Fim, l’azienda ha ribadito di voler nominare un proprio advisor «in modo unilaterale». Una posizione di chiusura dunque «che complica ulteriormente il già faticoso percorso con il rischio di comprometterlo definitivamente», conclude il sindacato.

Insomma, è ancora lontano il piano di reindustrializzazione che l’azienda avrebbe dovuto presentare per far ripartire il sito toscano a seguito dell’accordo sottoscritto con Fim Fiom e Uilm nel gennaio scorso. Anche le segreterie di Fiom e Uilm parlano di «rischio naufragio» e di «incapacità dell’azienda» a trovare soluzioni condivise. «Chiediamo al Ministero di farsi parte attiva per trovare i potenziali investitori che possano finalmente intervenire per rafforzare il progetto di rilancio e pensiamo che potrebbe essere decisivo un diretto coinvolgimento di Invitalia o di altro ente economico in mano pubblica. La situazione si sta trascinando da troppi mesi e, in mancanza di un intervento risoluto da parte del Ministero, temiamo che siano a rischio sia la continuità retributiva per i lavoratori sia il futuro industriale del sito». Per la Fiom è arrivato il momento, dunque, «che il Mise prenda atto che l’azienda è incapace di fare ciò che è previsto dall’accordo di gennaio, firmato da tutte le parti. Il Mise ed Invitalia devono intervenire, valutando ogni azione straordinaria compresa l’entrata in equity. Occorre trovare una soluzione che passi anche per la messa a disposizione a QF di progetti pubblici o privati che possono arrivare anche dalla Regione Toscana, che su questo deve svolgere un ruolo».

Ercole Olmi

5/11/2022 https://www.popoffquotidiano.it

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