GOVERNO DRAGHI: SI APRONO LE DANZE (LA SCUOLA E IL VALORE LEGALE DEL TITOLO DI STUDIO)

Nel mentre le più recenti rilevazioni sullo stato di salute dei partiti certificano la costante e, probabilmente, irreversibile perdita di consensi a “Italia viva” – cui non corrisponde, come pure qualcuno auspicava, un ritorno alla “casa madre”, ma solo l’ ulteriore crescita dei fascio/leghisti – colui che operò in qualità di “curatore fallimentare” del Pd va in giro per il mondo senza minimamente preoccuparsi del concreto rischio d’imbattersi in cattive e poco raccomandabili compagnie.

Ma, d’altra parte, è ampiamente noto che, a certi “livelli”, il danaro non è mai stato considerato “ lo sterco del diavolo” perché – così come Vespasiano insegnava a suo figlio Tito – “pecunia non olet”. Neanche quello che potrebbe essere macchiato dal sangue innocente versato da uno Stato tiranno!

Però, sebbene ridimensionato politicamente e ormai lontano dalle luci della ribalta – soprattutto quelle dei talk-show, nei quali si cimentava in impagabili monologhi (specie se nella lingua di Albione) – l’ex Premier continua, anche da Palazzo Torlonia, a diffondere effluvi malsani.

E’ il caso del “Curriculum dello studente”. Uno strumento già previsto dalla legge 13 luglio 2015, nr. 107; la famigerata “Buona scuola” dell’allora Ministra Stefania Giannini.

Non si tratta, quindi, di un’iniziativa di Patrizio Bianchi – altro pseudo tecnico chiamato da Draghi al Ministero dell’Istruzione – quanto di una pesante eredità renziana aggiunta a quel grande calderone di norme e prescrizioni che, a partire dalla nefasta gestione di Luigi Berlinguer, stanno cambiando volto e sostanza alla scuola pubblica.

Quello dello studente prevede, in sintesi, una prima parte “Istruzione e formazione” compilata dalla scuola e contenente il profilo scolastico del soggetto: competenze, conoscenze e abilità conseguite. La seconda parte, denominata “Certificazioni”, riporta l’elenco delle certificazioni (rilasciate allo studente e riconosciute dal MIUR). La terza e ultima parte riporta le conoscenze, le competenze e le abilità conseguite dallo studente attraverso lo svolgimento di eventuali attività professionali, artistiche, culturali, musicali, di volontariato, ecc, svolte in ambito extrascolastico.

Così come previsto dalla normativa applicativa il curriculum rappresenterà – a partire dal corrente anno scolastico – un documento di riferimento fondamentale 1 ai fini dell’esame di Stato e per l’orientamento professionale dello studente. Lo stesso concorrerà, secondo quanto dichiarato dall’attuale Ministro in una recente intervista 2, a premiare la meritocrazia 3in una scuola inclusiva, che garantisca a tutti le stesse opportunità”.

Ebbene, proprio le parole del Prof. Patrizio Bianchi, ovviamente condivise da coloro che predicano il concetto dell’uguaglianza delle opportunità affinché – indipendentemente dalla condizione e dall’estrazione sociale – la “meritocrazia” consenta ai più capaci di emergere ed arrivare ai vertici, già si prestano, a mio parere, a qualche prima considerazione di carattere critico.

In questo senso, anche se non disponibili a sottoscrivere acriticamente la posizione di Michael Dunlop Yong 4, secondo il quale, “l’uguaglianza di opportunità impoverisce il valore dell’uguaglianza e i nostri diritti a un’esistenza dignitosa non dovrebbero dipendere dai nostri presunti ”, risulta difficile non concordare con lo stesso quando (nel 1958) anticipava 5 che, nel lontano 2033, dopo le vittorie conseguite dai lavoratori a metà del ventesimo secolo, l’uguaglianza raggiunta sarebbe stata annullata e sostituita da una nuova divisione di classe 6Non più le persone con padri ricchi che finivano automaticamente al vertice, ma quelle intelligenti che, grazie al loro potere intellettuale, meritavano di governare 7”.

D’altra parte, correva ancora l’anno 1872 quando l’anarchico russo Mikhail Bakunin sosteneva: “Se a coloro che hanno un’istruzione superiore venisse dato libero sfogo al governo a causa delle loro , si creerebbe una nuova classe, una nuova gerarchia di scienziati e studiosi reali e contraffatti”.
Inoltre – e non è un elemento di secondaria importanza – sarebbe anche lecito chiedersi chi debba decidere da cosa siano rappresentati i “meriti” e quali, tra questi, debbano essere valorizzati e premiati.

C’è però un punto, a mio parere dirimente, che – di là della questione “meritocrazia”, sulla quale ritornerò più avanti – avrebbe meritato particolare attenzione. In questo senso, sarebbe stato opportuno e, credo, sufficiente un approfondimento rispetto alle vicissitudini che hanno caratterizzato il percorso scolastico degli studenti italiani a partire dal febbraio/marzo 2020.

E’ dal marzo 2020, infatti, che, a seconda dell’andamento dei contagi e – con modalità diverse tra le regioni – delle “aperture” e “chiusure”, delle quarantene, dei giorni di malattia, dell’organizzazione dei tamponi ieri e del piano vaccinale oggi, che le famiglie, i docenti, gli studenti e tutti gli operatori del settore scuola, non godono di un momento di tregua. Hanno fino ad oggi affrontato un vero e proprio percorso ad ostacoli! Ne hanno patito tutti; ma gli studenti – di ogni ordine e classe – ne hanno pagato, certamente, il prezzo più alto.

Ebbene, in questo contesto, credo sia più che legittimo chiedersi se valeva la pena introdurre, appena due mesi prima del termine dell’anno scolastico e delle prove finali, una novità di tale livello. Tra l’altro, oltre che inopportuna, si tratta di una misura assolutamente incoerente se si considera che, in effetti, nei circa due ultimi anni di scuola, tra Dad e chiusura delle attività ludico/ricreative a causa della pandemia, la stragrande maggioranza degli studenti non ha potuto svolgere le attività di carattere extrascolastico previste dalla terza parte dei curricula, né, evidentemente, si sarà preoccupata di certificare (perché non ancora “utili”) quelle relative alla seconda parte.

Detto questo, c’è un altro punto che desta qualche perplessità.
Alludo al fatto che la prova orale si avvierà sulla scorta di un “elaborato” che i maturandi avranno tempo di elaborare, con il supporto di un docente di riferimento, entro tutto il mese di maggio. Ebbene, anche questo punto, considerato il “peso” che assumerà l’elaborato, rispetto al giudizio complessivo sullo studente e al corrispondente voto finale di diploma, induce alla diffidenza perché attraverso queste modalità – a differenza delle classiche prove “scritte” svolte nel corso dell’anno scolastico, cui ciascuno studente fa fronte solo grazie alle proprie capacità – chi potrà avvalersi della possibilità di consultare dati e fonti informatiche, congiunti, parenti, amici, conoscenti e, addirittura, professionisti operanti sul mercato 7 , lo farà perché inserito in un contesto familiare e sociale più favorevole e per capacità economiche non equamente condivise.

Tornando al curriculum – di là delle suddette questioni di merito – c’è un aspetto, di carattere eminentemente politico, che a mio giudizio, non dev’essere sottaciuto ma, adeguatamente, evidenziato e denunciato.

Considerata, infatti, la sua valenza quale “documento di riferimento” addirittura “fondamentale per l’esame di Stato”, esso finirà con il rappresentare l’ennesima occasione per operare quella che considero un’ingiusta reiterazione di un nuovo modello di “selezione di classe” attraverso lo status economico delle famiglie di appartenenza degli studenti.

Mi chiedo, infatti, chi potrà contare sulla possibilità di vantare un ricco “carnet” di certificazioni e, soprattutto, attività extrascolastiche quali: viaggi e soggiorni all’estero, corsi di lingua, di teatro, di fotografia, di informatica, di danza, di musica e di attività sportiva in piscine e palestre, se non quei giovani con alle spalle una famiglia in grado di sostenere spese ludiche che, per la maggioranza degli studenti italiani, rappresentano solo sogni e speranze!

Uno strumento, quindi, che considero in antitesi rispetto al principio delle pari opportunità cui fa riferimento il Ministro Bianchi e che accentua, piuttosto, il solco tra diseguali. Tutto ciò però, a mio parere, non è dovuto al caso.

Ripeto qui quello che ho già denunciato in altra occasione 8.
Sono ormai convinto che anche questi ultimi provvedimenti facciano parte, a pieno titolo, di un “piano” teso a conseguire un fine recondito ed inconfessabile.

In realtà, attraverso una lenta, ma sistematica e scellerata opera – svolta di concerto con il Ministro della P.A. Renato Brunetta – si mira a realizzare il sostanziale depauperamento, se non effettivo disconoscimento, del valore legale del titolo di studio.
Un’opzione strategica della classe dirigente e del padronato italiano!

NOTE

1– La legge 107/2015 recitava:”Nello svolgimento dei colloqui si tiene conto del curriculum”, mentre la nota ministeriale 2 settembre 2020, ne. 2, rettifica:” Il curriculum è un documento di riferimento fondamentale per l’esame di Stato”. Non si tratta, evidentemente, di una differenza di poco conto.
2– Fonte: “Il Messaggero” del 25 aprile 2021.
3– Neologismo, composto da merito (latino) e governare (dal greco kratein), coniato dal sociologo britannico Michael Dunlop Yong.
4– Fonte: “Il governo dei migliori aumenta le disuguaglianze”, di Ellen Engelstad; pubblicato da www.jacobinitalia.it
Nel romanzo distopico “The rise of the meritocracy”; Transaction Publisher Editor.
5– Come non pensare al mai sufficientemente compianto Luciano Gallino e al suo testo “La lotta di classe dopo la lotta di classe” (2012), Ed. Laterza.
6– Per una strana coincidenza sembrerebbe riferirsi proprio alla nostra attuale contingenza politica.
7– Alludo alla vergognosa e truffaldina pratica, cui ricorrono tanti laureandi, di affidarsi a un ghost-writer per la stesura delle tesi di laurea.
8– Fonte: “Attenti ai Draghi”; pubblicato da www.blog-lavoroesalute.org

di Renato Fioretti

Collaboratore redazionale del Mensile Lavoro e Salute

28/4/2021

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