I diritti negati delle persone autistiche: un appello

Nel nostro Paese le persone autistiche sono sostanzialmente abbandonate, vittime di un sistema in cui vige un fare estemporaneo e votato al ribasso, sprovvisto di pianificazione ragionata e intelligente, governato da improvvisazione gestionale e terapeutica, e da una visione meramente assistenziale della disabilità, che produce danni incalcolabili per i nostri figli, con il rischio di perdita di autonomie e abilità faticosamente raggiunte e abusi farmacologici. Nella migliore delle ipotesi, alle famiglie sono offerte soluzioni di marcata impronta assistenziale che nulla hanno a che vedere con il soddisfacimento dei bisogni specifici delle persone autistiche. Sono le classiche collettività handicap in cui prevale l’opportunità di accontentarsi di una tranquilla e rassicurante routine quotidiana di gruppo, fondata sulla custodia e sull’accudimento, nonché – specie nelle strutture residenziali – sulla massiccia somministrazione di psicofarmaci. Esiste, in generale, un forte scompenso tra le attività rivolte all’abilitazione e all’integrazione e quelle afferenti all’ambito sanitario-assistenziale, con netta prevalenza di queste ultime. Si finge di non sapere che in conseguenza di ciò tante persone autistiche si ritrovano inserite in un percorso di gestione dei bisogni puramente formale, che, nel lasciare poco spazio alla dimensione soggettiva, affettiva e relazionale, ne accresce sensibilmente l’emarginazione. Inimmaginabile, in questo contesto, pensare a una presa in carico globale e interdisciplinare e a un progetto di vita individualizzato. Eppure sarebbero – sono – queste le vere priorità!

Si perpetua così, nell’indifferenza delle istituzioni, l’abbandono di cui è vittima innocente il 90% delle persone autistiche (circa seicentomila) che vivono in questo sciagurato Paese, dove non si esita a finanziare l’industria delle armi, favorendo l’escalation bellica, e contestualmente si tagliano le risorse, già fin troppo esigue, da destinare alla scuola, alla sanità e al welfare. A quei comparti, cioè, che qualificano il livello di civiltà di uno Stato! Sul territorio è sempre più frequente trovarsi davanti a Servizi che rappresentano comode nicchie in cui grigi funzionari fingono di prestare ascolto a chi chiede solo di essere aiutato. Si tratta di una vera e propria casta, inamovibile. Impermeabile a ogni critica e a ogni suggerimento. È questo, naturalmente fatte salve sparute e apprezzate eccezioni, il fragile retroterra con cui i familiari quotidianamente devono fare i conti. È questa la debole impalcatura sulla quale va in scena, ogni giorno, per 365 giorni all’anno, da decine di anni, una mediocre commedia la cui regia è affidata, dalla politica, a personaggi che, in una sorta di imbarazzante melina, si ritagliano il ruolo di meri erogatori economici di programmi e contenuti la cui gestione è lasciata all’esclusivo monopolio dei partner privati, cioè alle cooperative. Quelle, per intenderci, che in molti casi sfruttano, con turni di lavoro massacranti e salari indecorosi, i propri dipendenti, salvo passare impettiti all’incasso di rette mensili che, nei residenziali, viaggiano intorno a 6000 euro per utente.

I Servizi sono spesso complici di questo sistema in cancrena. Senza un deciso cambio di passo, senza una sostanziale inversione di tendenza, è giocoforza attendersi persino un peggioramento del quadro generale. Questo indispensabile cambio di passo può partire solo dalle famiglie. Dalla loro voglia di non rassegnarsi. Di ribellarsi di fronte alla latitanza di servizi e istituzioni bravi solo, nella gran parte dei casi, a fare passerella mediatica. Di dire basta a soprusi, sopraffazioni, vessazioni. Bisogna ripartire dalla consapevolezza che il destino dei nostri figli è prima di tutto nelle nostre mani. Dalla necessità che siano proprio le famiglie a imporre l’agenda delle priorità alla politica, e non viceversa (come non usare la parola “ignominia” davanti a 630 parlamentari che non trovano il tempo di scrivere una legge ad hoc sui caregiver?). Occorre prendere consapevolezza che il “sistema autismo” è tutto da rifondare. Impossibile, dopo le prove di dabbenaggine alle quali la politica ci ha abituato, pensare a rattoppi che sarebbero peggiori del buco (della voragine) che si è aperto.

Denunciamo i responsabili di questo degrado in tutte le sedi, nazionali e internazionali, quando sono inadempienti persino nella applicazione di leggi esistenti (penso in particolare alla 328/2000 sul progetto di vita, alla 68/1999 sul lavoro, alla 134/2015 sull’autismo, alla 112/2016 su “Dopo di noi”)! Non dobbiamo aver paura di farlo! I nostri figli non sono numeri né fascicoli o scartoffie da esibire su una scrivania tre quattro volte all’anno, per far finta che ci si occupa di loro. Sono invece, innanzitutto, persone che chiedono solo di vivere, non di sopravvivere, ed è questa per molti – incredibilmente ‒ la loro principale colpa. Abbiamo il dovere di batterci perché queste persone vivano con dignità e decoro la loro vita, al pari di qualunque altro essere umano.

Gianfranco Vitale

6/6/2022 https://volerelaluna.it

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