Il classismo e “soluzionismo tecnologico” alla base della crisi ecologica: ecco perché i miliardari non ci salveranno!

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La “carità” è un concetto che a sinistra non è mai piaciuto, sia sul piano politico sia sul piano valoriale. Se sono gli altri a salvarti avrai sempre degli obblighi verso i tuoi salvatori, mentre se sei tu a salvarti non hai bisogno di dire grazie a nessuno, se non a te stesso. Con la crisi in atto, sembra che il sistema economico-sviluppista stia proponendo delle risposte “green” per far fronte alla crisi ecologica attraverso il “soluzionismo tecnologico”. Il greenwashing, spacciare per ecologico ciò che ecologico non è, ormai è una costante della rigenerazione del capitalismo avanzato alla luce delle scoperte tecnologiche.

Questo è l’allarme lanciato circa un mese fa anche da Silvia Ribeiro, ambientalista radicale, ricercatrice e direttrice della sezione latinoamericana di ETC Group, una equipe di ricercatori indipendenti che monitora da 25 anni l’impatto delle tecnologie emergenti e delle strategie delle corporation sulla biodiversità, l’agricoltura, i diritti umani delle popolazioni indigene.

Gli effetti dei cambiamenti climatici minacciano di far estinguere molte delle specie viventi sul pianeta e l’acidificazione dei mari, dovuta principalmente all’eccesso di anidride carbonica assorbita dagli oceani, ha raggiunto livelli insostenibili. Chi potrà salvarci? Al posto di pensare ad un modello di produzione economico diverso da quello consumista, localizzare l’economia aborrendo i paradigmi dell’economia globale e della grande distribuzione, oggi l’esperienza dei manager dei colossi delle piattaforme digitali e i loro capitali ci fornisce la soluzione ai guai del pianeta. Mentre i governi si susseguono inconcludenti, c’è chi non parla ma agisce, non in modo positivo, investendo milioni di dollari nella ricerca scientifica per trovare soluzioni tecnologiche: dallo sbiancamento delle nuvole marine al blocco dei raggi solari con nubi vulcaniche artificiali. Questi miliardari, infatti, stanno già avanzando proposte come l’alcalinizzazione delle acque, per risolvere il problema dell’acidificazione dei mari.

Quest’ultimo è un grave problema globale dovuto principalmente all’eccesso di anidride carbonica assorbita dagli oceani, che impedisce a molluschi, crostacei e altri organismi di costruire i loro gusci e danneggia anche le barriere coralline. Per prevenirla bisognerebbe tenere sotto controllo l’inquinamento (da petrolio, rifiuti, scarichi agricoli) e ridurre drasticamente le emissioni di carbonio. Ma, invece di risalire alle cause, la proposta in questo caso è quella di alcalinizzare l’oceano immettendo roccia polverizzata, il che implica un aumento esponenziale dell’estrattivismo minerario, con tutti i problemi ambientali e sociali che ne conseguono. “Si stima che ci vorrebbero 5mila milioni di tonnellate all’anno di roccia polverizzata, il doppio di quella utilizzata da tutta l’industria del cemento a livello globale” – ha affermato Silvia Ribeiro. Anche se si riuscisse ad alcalinizzare l’oceano, questa industria e le flotte di navi che sarebbero necessarie per spargere la roccia farebbero aumentare le emissioni di gas a effetto serra e il cambiamento climatico.

Fa ridere solo pensare queste aberrazioni, ma soprattutto fa ridere il fatto che la soluzione sia stata trovata proprio da chi è il problema strutturalmente ed economicamente inteso: i filantrocapitalisti, le cui fondazioni fungono da brand caritatevole, e le loro imprese e multinazionali che stanno monopolizzando le nostre economie e devastando la Terra.

Per loro sono l’ingegneria climatica e la geoingegneria le vere soluzioni che, affidate nelle loro mani, risolveranno il problema. D’altronde oggi servono miliardari che sanno far crescere vertiginosamente i profitti delle loro aziende. “Perché allora non far gestire a loro la temperatura del pianeta?” – domanda ironica posta da Ribeiro.

I miliardari globali stanno investendo nel soluzionismo tecnologico e nella ricerca geoingegneristica. L’obiettivo è logico: coprire i loro danni e far credere che il tutto possa cambiare senza cambiare lo stato di cose esistente. Allo stesso tempo questo è molto preoccupante poiché, come afferma Riberio, sebbene le proposte di geoingegneria sono ancora teoriche e speculative o sperimentali, forniscono una scusa per l’inazione climatica e un alibi per l’aumento dell’estrazione e dell’uso di combustibili fossili, sostenendo che il caos climatico può essere gestito con queste rischiose tecnologie. 

Il filantrocapitalista Bill Gates, fondatore di Microsoft, è stato il primo tra i Big del mondo, ad investire in fondi per ricerca e sviluppo di queste tecnologie. Molti altri investitori provengono dalla Silicon Valley, l’area della California dove hanno sede le aziende tecnologiche. Alcuni cercano di non attirare l’attenzione, mentre altri restano nell’anonimato, finanziando (come dicevo prima) fondazioni, ONG o società a responsabilità limitata in modo tale che il loro nome non compaia.

La geoingegneria ha due orientamenti tecnologici: rimuovere il carbonio dall’atmosfera (dopo che è stato emesso) e bloccare/riflettere parte dei raggi del sole, per abbassare la temperatura. Non prevede in nessun caso di cambiare le cause del cambiamento climatico, ma piuttosto, dopo aver rotto le cose, propone ricette tecnologiche che aprono nuovi affari.

Nell’ottobre del 2020 il gruppo SilverLining, con sede in California, ha annunciato che finanzierà con 3 milioni di dollari la ricerca nel campo delle tecnologie di gestione della radiazione solare, come sbiancare le nuvole marine o bloccare i raggi del sole con nubi vulcaniche artificiali e altre ipotesi che, se messe in atto su larga scala, avranno forti impatti negativi, come siccità e interruzione di piogge. Nel 2010 SilverLining ha cercato di fare esperimenti di sbiancamento delle nuvole sulle coste della California, al di sopra di un’area di migliaia di chilometri quadrati, ma il progetto è stato sospeso quando i mezzi di comunicazione hanno rivelato che riceveva fondi da Bill Gates. Kelly Wanser, direttrice esecutiva di SilverLining, è poi ricomparsa in un progetto di sbiancamento delle nuvole marine condotto dall’Università di Washington, ed ha affermato che si trattava solo di un gruppo di scienziati che non disponevano di fondi per gli esperimenti. Oggi questi scienziati sono parte di una ONG, Wanser continua a ricoprire il ruolo di direttrice e annuncia che sosterrà diversi di quegli scienziati e altri noti promotori della geoingegneria. Come ha scritto Ribeiro:“Questa volta però è finanziata dai miliardari e investitori in capitale di rischio come Matt Cohler, ex alto dirigente di Facebook; Bill Trenchard, investitore in Uber e in altre piattaforme come LiveOps, acquistata da Microsoft; la società di gestione Lowercarbon Capital dell’investitore Chris Sacca, ex direttore esecutivo di Google e investitore in Twitter, Instagram, Uber e altre società; il Fondo per l’Innovazione Pritzker, una delle 10 famiglie più ricche degli Stati Uniti secondo Forbes; e il LAD Climate Fund, di cui non viene fornito alcun riferimento, ma che potrebbe essere collegato a grandi ONG conservazioniste.”

Chris Sacca ha spiegato in una intervista che alla Lowercarbon Capital non vedono alcun problema nel ricevere fondi da società come Exxon e Chevron, grandi multinazionali inquinanti di cui la prima sta avendo il via libera per trivellare in Guyana insieme all’italiana Saipem, già nota promotrice del TAV in Italia. Nel settembre 2020 la rivista New Scientist ha rivelato che un altro gruppo di promotori della geoingegneria marina si è riunito in California. Tecnici, avvocati e consulenti sono stati convocati da Oceankind, un’altra nuova organizzazione di un anonimo multimiliardario, per discutere su come sviluppare l’alcalinizzazione dell’oceano, un metodo per modificare artificialmente la chimica dei mari. Secondo le informazioni fornite da New Scientist, il primo direttore di Oceankind, Evan Rapoport, era un alto dirigente di Google, in seguito assunto da una ricca famiglia della Silicon Valley per ricoprire quella carica.

Per gli alti rischi e gli effetti collaterali che comporta, la geoingegneria è sottoposta a moratoria nella Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica. I miliardari e i loro giganti tecnologici hanno un’enorme impronta ambientale e sono la radice dell’ingiustizia sociale e climatica globale. Non possiamo permettere che controllino anche il termostato globale.

A quanto sembra, come da sempre ci avverte Vandana Shiva, i miliardari intendono promuovere e imporre queste pericolose ricette tecnologiche senza consultare nessuno, senza supervisione né regolamentazione indipendente e scavalcando le decisioni precauzionali della comunità internazionale. Quale futuro ci attende con un iper-sviluppo tecnologico al servizio del capitale?

Lorenzo Poli

Collaboratore redazione del mensile Lavoro e Salute

3 dicembre 2020

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