Il Covid e la sicurezza sul lavoro

Con la fase 2 e 3 la responsabilità penale del datore di lavoro pubblico e privato per infortunio da Covid sarà un elemento dirimente, ecco spiegata la ragione per la quale l’argomento ha suscitato polemiche e divisioni, spesso costruite ad arte per far ricadere sui lavoratori e sulle lavoratrici eventuali colpe e responsabilità oppure per conquistare quella impunità della quale abbiamo piu’ volte parlato, oppure per ottenere una profonda revisione, peggiorative, delle norme a tutela della salute e sicurezza di lavoratrici e lavoratori.

Ad oggi sono oltre 43mila le denunce pervenute all’Inail, il numero finale potrebbe essere anche il doppio visto che i contagi, per quanto diminuiti continuano a crescere.

Non ci soffermeremo sulle normative, sulle circolari Inail delle quali abbiamo già parlato, proviamo allora a introdurre nuove argomentazioni focalizzando l’attenzione, ad esempio, sulla mancata sospensione di tante attività lasciate aperte nelle settimane della pandemia. Cosa intende fare il Governo?

I protocolli adottati seguono le direttive ministeriali e regionali ma sulla effettiva applicazione degli stessi gli Rls hanno evidenziato.innumerevoli criticità, ad esempio sugli inadeguati interventi di pulizia e sanificazione a fronte di appalti di pulizia mai rivisti e potenziati. Poi ci sono altre questioni come la carenza, o l’assenza, la inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuale per non parlare poi dei casi limite (ma piu’ numerosi di quanto si creda) che, senza alcuna motivazione logica e medica, hanno visto la parte datoriale predicare la inutilità di alcune precauzioni poi rilevatesi indispensabili per evitare i contagi.

Abbiamo ragioni da vendere nel pensare che sotto il fuoco, amico e nemico, sia proprio il Dlgs 81/08, al di là del fatto che esista non solo illecito amministrativo ma anche un reato punito dal Codice penale.

Fatto sta che infortuni o malattie professionali da Covid sono sempre piu’ numerosi come i danni permanenti alla salute dei contagiati e di questo qualcuno dovrà pur rendere conto.

L’Inail dal canto suo definisce infortunio il contagio del virus “in occasione di lavoro” con indennizzo svincolato dalla responsabilità penale del datore di lavoro, in questo modo si rischia la impunità dello stesso perché una eventuale dimostrazione del nesso casuale sarà assai difficile eccetto i casi degli operatori sanitari.. Altro aspetto dirimente è dato dal fatto che i fatidici protocolli stabiliscono pochi obblighi per i datori di lavoro, per questo è del tutto legittima la critica alla idea che la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro si possa limitare alla definizione di buone norme senza verificarne la attuazione.

Infine la questione della organizzazione aziendale preclusa dalle trattative sindacali, se la materia fosse oggetto di contrattazione oggi potremmo capire se tutti gli interventi adottati sono stati all’altezza della situazione assicurando al sindacato un potere reale a tutela della salute.

Siamo certi allora che non sia sufficiente appurare se i datori di lavoro pubblici e privati abbiano adempiuto all’obbligo dell’articolo 2087 del codice civile attraverso protocolli e prescrizioni . In grandissima parte dei luoghi di lavoro i protocolli sono stati adottati, da qui a stabilire se abbiano determinato cambiamenti organizzativi e il rispetto sostanziale delle norme corre grande differenza.

Federico Giusti

7/6/2020 http://www.controlacrisi.org

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *