Il genocidio palestinese è la campana che suona per noi

A Gaza e in Cisgiordania è un corso la più grande e la più feroce strage di questo secolo, il primo massacro di massa nell’epoca dei social, del quale possiamo seguire e vedere ogni terribile momento. Il genocidio palestinese è la campana che suona per noi è la campana che suona per noi, come fu quella della guerra di Spagna, come quella del Vietnam, come ogni volta che si è dovuto scegliere davvero.

Contro il genocidio palestinese: una scelta di campo

Di Giorgio Cremaschi*

Ma tu quando i nazisti uccidevano gli ebrei lo sapevi? E cosa hai fatto ?
La domanda che soprattutto in Germania ha interrogato direttamente o retoricamente le generazioni del dopoguerra, oggi si rivolge a tutti noi per il genocidio dei palestinesi.

Gaza e in Cisgiordania è un corso la più grande e la più feroce strage di questo secolo, il primo massacro di massa nell’epoca dei social, del quale possiamo seguire e vedere ogni terribile momento.

Nessuno può dire io non sapevo, eppure una parte dell’opinione pubblica e quasi tutti i governi occidentali sostengono la strage. Essa viene censurata, minimizzata, infine giustificata. Sono i terroristi di Hamas la causa di tutto, le morti innocenti di migliaia di bambini ricadono su di loro, questo affermano tutti coloro che stanno con Netanyahu e la guerra israeliana.
È il linguaggio dei nazisti contro la resistenza nei paesi che essi occupavano.

Il loro comandante in Italia, Kesserling, arrivò a dire che gli italiani avrebbero dovuto fargli un monumento, per come le truppe tedesche li avevano trattati, nonostante le azioni terroristiche dei partigiani.

Così oggi parla il capo delle forze armate isreliane, che esalta l’estrema civiltà e moralità delle proprie truppe, smentita da migliaia di testimonianze ed immagini.

Ma le immagini non scalfiscono chi oggi sostiene il diritto alla rappresaglia di Israele, presentato come diritto a difendersi di uno degli stati più armati, anche sul piano nucleare, del mondo. Difendersi da chi? Dalla resistenza di un popolo cui gli occupanti israeliani concedono solo la via della resa, dell’ umiliazione e dell’abbandono della propria terra.

I governanti occidentali che stanno con Israele proclamano che la soluzione politica della guerra sarebbe contenuta nella formula: due popoli e due stati. Bugiardi ipocriti, allora perché di stati ne riconoscono solo uno, Israele? Perché non dicono che Israele dovrebbe ritirarsi da tutti i territori occupati dal 1967; e che almeno 800000 coloni israeliani dovrebbero lasciare le terre che hanno rubato, mentre milioni di profughi palestinesi dovrebbero farvi ritorno? Questo dicono le risoluzioni ONU, che per tutti i governi israeliani sono sempre state carta straccia.

La semplice verità è che i palestinesi non hanno altra alternativa a quella di resistere, anche con le armi come garantiscono il diritto e la carta dell’ONU, di fronte ad una occupazione militare razzista, che si propone solo di ridurne il numero.

In modo che non succeda mai in Israele ciò che è accaduto in Sudafrica e cioè che la maggioranza della popolazione, oppressa e senza diritti, alla fine conquisti la maggioranza politica del paese, ponendo fine all’apartheid.

E ora non a caso è proprio il governo del Sudafrica liberato che denuncia per genocidio Israele, il paese dove l’apartheid continua e si sostiene con le stragi. Vedremo se la Corte dell’Aia saprà smentire l’accusa di essere l’ufficio legale della NATO.

Ma l’azione della resistenza palestinese il 7 ottobre ha ucciso civili, ci ricordano ogni giorno politici e mass media schierati con Netanyahu.

Certo la violenza e l’uccisione dei civili è sempre da condannare. Ma solo con la giusta proporzione rispetto a ciò che fanno da sempre i governanti israeliani, che compiono rappresaglie sui civili in rapporto di venti e trenta uccisi per uno, che ora per i bambini diventano più di mille per uno.

Ciò che più indigna dei governanti, dei politici, dei giornalisti schierati con Israele è il doppio standard. Le nostre sono guerre umanitarie, quelle dei nemici sono guerre di sterminio. Le rivolte di chi sventola le nostre bandiere sono per la libertà, quelle di chi invece le nostre bandiere le brucia sono terrorismo. I colpi di stato di chi sta dalla nostra parte sono democrazia, quelli altrui invece fascismo.

Il doppio standard è da sempre il cardine della propaganda di guerra USA e NATO: noi siamo i buoni, gli altri i cattivi, questa è la sintesi, non casualmente simile alla trama dei film western degli anni cinquanta.

Ma con la Palestina il solito doppio standard usato in tutte le guerre, fino all’ultima in Ucraina, non basta. Qui non c’è una classica guerra, qui la sproporzione di forze è tale tra israeliani e palestinesi, l’ingiustizia della occupazione militare israeliana così evidente, che il solito ritornello su parte giusta e parte sbagliata non è più sufficiente.

Come si fa a giustificare un genocidio, addirittura mentre è in atto?
Ecco allora che la superiorità morale dell’Occidente, sbandierata in tutte le più sporche guerre degli ultimi decenni, deve diventare razzismo.

Come si può infatti dare una patina di accettabilità alla strage di tante migliaia di bambini palestinesi, se non si considera quei bambini diversi da quelli per cui l’Occidente è abituato a piangere?

È il razzismo storico occidentale, quello della superiorità e della missione dell’uomo bianco nel mondo, quello colonialista che giustificava ed esaltava la sottomissione di popoli considerati inferiori, è tutto questo che, pur tra qualche lacrima, giustifica il genocidio in Palestina.

Non c’è bisogno di giungere al linguaggio dei ministri israeliani ed ai comportamenti infami della loro soldataglia, che considerano e trattano i palestinesi come, anzi peggio di, animali. Basta concentrare il pianto e l’attenzione sulle vittime isreliane del 7 ottobre per cercare di far passare nelle menti il concetto che non tutte le morti siano uguali, perché non tutti i popoli sono uguali.

Se poi ancora non è sufficiente, allora si ricorre all’arma ideologica suprema, alla bomba atomica della propaganda: l’accusa di antisemitismo verso chi sta con i palestinesi. Non c’è nulla di razionale e onesto in questa accusa: i palestinesi sono semiti come gli ebrei, nessuno di loro è stato colpevole dell’Olocausto, a differenza dei tedeschi, degli italiani degli europei nazisti e complici dei nazisti.

Questa accusa permette di eliminare ogni dubbio e ogni serio confronto, stare con Israele diventa un atto di fede e chi denuncia le stragi dei palestinesi è complice di Hamas, cioè del terrorismo, cioè dell’antisemitismo. Così le bombe isreliane su Gaza si trasfigurano, diventano come quelle degli alleati sulla Germania , sono bombe giuste.

Quante volte in questi decenni le guerre NATO hanno identificato nei leader nemici dei nuovi Hitler? Ora i nuovi Hitler si diffondono, sono in mezzo ai cittadini dell’Occidente e questo allarme porta alla caccia alla streghe, che in questo ribaltamento orwelliano della realtà può essere presentata come difesa della democrazia.

E così gli eredi dei nazifascisti si proclamano fanatici di Israele e fieri nemici dell’antisemitsmo, vengono legittimati dall’Occidente in ogni ruolo di governo e possono tranquillamente trasferire contro i musulmani e gli arabi il loro passato odio verso gli ebrei.

Il sostegno ad Israele è uno spartiacque politico, civile e morale, chi è complice del genocidio dei palestinesi non può che essere il nemico di chi si batte per la giustizia, di chi crede che antifascismo non sia una parola da usare solo nelle parate di palazzo.

Ma quello spartiacque non ci separa solo dai guerrafondai fanatici che stanno con Netanyahu, ma anche da quella vasta area di opportunisti che coprono con belle parole la loro viltà di fronte alla strage. O sì, sentiamo da essi proclami per la pace e la giustizia, ma le semplici parole di fondo: i palestinesi hanno ragione, si guardano bene dal pronunciarle.
Politici, intellettuali, artisti conosciuti per il loro prendere posizione, qui tacciono o balbettano frasi di circostanza da bassa diplomazia.

Non sono indifferenti per pigrizia o ignoranza, lo sono per scelta; per non avere guai con il potere, con gli affari, con la propria attività, scelgono l’ipocrisia, sperando che le cose si aggiustino da sole.
Sono quella che Primo Levi chiamava l’area grigia.

Il genocidio palestinese è la campana che suona per noi, come fu quella della guerra di Spagna, come quella del Vietnam, come ogni volta che si è dovuto scegliere davvero. E non è una scelta da compiere solo per solidarietà con le vittime e gli oppressi, ma per rompere con la vergogna di tutti i loro complici.

Stare con la Resistenza Palestinese è la scelta di campo.

2/1/2024 https://www.kulturjam.it/

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