Il Lavoro nell’Agenda climatica di Fridays for Future Italia

La partecipazione politica è un privilegio di chi non viene sfiancato dal proprio lavoro ogni giorno. Il potere contrattuale di lavoratrici e lavoratori è stato aggredito da cambiamenti istituzionali che, specialmente dagli anni ‘70 in poi, hanno portato a un aumento della disoccupazione e della povertà. Alla crescita economica e produttiva non è corrisposto un aumento dei salari, mentre gli orari di lavoro sono diventati sempre più totalizzanti, e le condizioni di lavoro precarie. Se la crisi climatica rischia di farci vedere la fine del mondo come lo conosciamo, per molti/e ciò che non si vede è la fine del mese.

Per convertire l’attuale sistema produttivo, sarà necessario che la decisione su come, quanto, ma soprattutto se produrre passi anche per chi lavora. Dovremo inoltre liberare il tempo dal lavoro e il lavoro dal ricatto della disoccupazione, per una giustizia climatica, sociale e lavorativa.

Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario

La riduzione dell’orario di lavoro, da 40 ore settimanali a 32, potrebbe contribuire ad adattare l’economia alle esigenze della società e dell’ambiente, anziché sottomettere la società e l’ambiente alle esigenze dell’economia.

Una settimana lavorativa corta consentirebbe di affrontare una serie di problemi urgenti e interconnessi. Tra questi, il sovraccarico di lavoro, la disoccupazione, il consumo eccessivo, le elevate emissioni di carbonio, il basso livello di benessere, le radicate disuguaglianze.

La riduzione può assumere varie forme: riduzione giornaliera nella settimana (settimana breve) o nel mese, ma la forma migliore per redistribuire tutto il lavoro, anche quello di cura, è la riduzione oraria giornaliera. Una possibilità potrebbe essere proporla come sperimentazione in un settore specifico (ad esempio RFI, Rete Ferroviaria Italiana, con un costo complessivo di circa 26 milioni di euro) oppure applicarla a proposte ambiziose riguardo politiche di assunzione nella pubblica amministrazione. Sarebbe anche parte delle politiche complementari del job guarantee, trattato in seguito, che beneficerebbe anch’esso di questa misura.

Job Guarantee

Il Job Guarantee è un programma pubblico, attraverso cui lo Stato si impegna a garantire, per ogni individuo in età lavorativa, l’accesso a un lavoro che sia ben retribuito e sicuro, dotato di tutele sindacali e pieni diritti.

Si tratta di posti di lavoro non strettamente produttivi, ma che realizzano o sostengono progetti a beneficio della collettività e attenti alla sostenibilità ecologica e all’inclusione sociale, specialmente delle minoranze. Il programma dovrà prevedere un ampio coinvolgimento e partecipazione delle comunità locali,
soprattutto di quelle più in difficoltà, nel suggerire e dare priorità ai progetti (fonte).

In un’ottica di liberazione dal tempo di lavoro e passaggio verso un’economia della cura, il Job Guarantee dovrà essere abbinato a proposte come salario minimo legale e settimana lavorativa breve a parità di salario, prevedendo un massimo di 32 ore settimanali lavorative a un salario minimo di 10 euro l’ora. La sua adozione non andrebbe in contrapposizione ma anzi sarebbe complementare alle politiche di sostegno al reddito, di assunzioni nella Pubblica Amministrazione e di redistribuzione.

I vantaggi di un simile programma comprendono l’eliminazione della disoccupazione involontaria, con lo spostamento di chi è working poor o in sottoccupazione verso un impiego più dignitoso, riducendo il gap salariale tra i diversi settori e le diverse mansioni. L’aumento del numero di persone impiegate può inoltre contribuire al superamento della soglia di povertà per molte famiglie.

Tutto ciò dovrà essere normato da una legge che garantisca la buona gestione del programma evitando la creazione di bad o bullshit jobs oltre a regolarne i finanziamenti.

Costo Job Guarantee: 90 mld. La platea che ne può beneficiare è ampia comprendendo anche parte dei neet e dei working poors. Il costo netto della misura è di 20-25 mld una volta tenuto conto dell’effetto moltiplicatore. I costi dei vari sussidi di disoccupazione vengono invece assorbiti dalla riduzione di orario di lavoro. Modalità di finanziamento: tramite Cassa Depositi e Prestiti (vedi proposta per renderla banca verde di Stato).

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