Il silenzio del governo su Ilaria, detenuta da un anno in Ungheria: intervista all’avvocato

Si é tenuta il 16 gennaio l’udienza per l’estradizione di Gabriele Marchesi, 23enne milanese accusato dalla magistratura ungherese di aver aggredito dei neo-nazisti a margine di una manifestazione in memoria di un battaglione delle SS. Per lui e per un’altra ragazza tedesca il tribunale magiaro ha emesso un mandato di arresto europeo (MAE); Gabriele si trova agli arresti domiciliari da novembre in attesa della sentenza sull’estradizione del tribunale milanese, rinviata al 13 febbraio per mancanza di risposte da parte dell’accusa. Già nelle carceri di Budapest si trova invece Ilaria Salis, altra antifascista milanese, detenuta in condizioni preoccupanti da quasi un anno mentre il governo italiano tace nonostante le ripetute richieste di intervento da parte della famiglia. Recentemente Ilaria ha scritto un’altra lettera ai suoi avvocati, in cui racconta in 13 pagine le terribili condizioni detentive nelle prigioni ungheresi, dove è in attesa di un processo nel quale rischia fino a 24 anni di prigione con l’accusa di aver preso parte a un’ aggressione contro un neonazista le cui lievi ferite furono risolte in pochi giorni di prognosi. Ne abbiamo parlato con uno degli avvocati di Marchesi nonché referente italiano della Salis, Eugenio Losco.

Avvocato Losco, ormai è quasi un anno che Ilaria Salis si trova nelle carceri ungheresi, mentre Marchesi si trova ai domiciliari in attesa della decisione sulla sua estradizione, facciamo un piccolo riassunto del loro caso

Salis è stata arrestata l’11 febbraio a Budapest per aver partecipato a una contromanifestazione in relazione alla manifestazione neo-nazista che si svolge ogni anno in quella data, “il giorno dell’onore”, un episodio avvenuto nel 1945 a Budapest quando un battaglione nazista cercò di respingere l’avanzata dell’esercito di liberazione. Per aver partecipato a quella manifestazione è accusata di due aggressioni a due neonazisti avvenute tra il 10 e l’11 febbraio. Ilaria Salis non è stata arrestata in fragranza di reato, ma il giorno dopo, su un taxi – probabilmente era pedinata – ed è stata sottoposta dall’inizio a una custodia cautelare in carcere in cui si trova ancora oggi, in attesa di processo. Le accuse sono quelle di lesioni “potenzialmente lesive dall’integrità umana”, una cosa molto simile al tentato omicidio. Per gli stessi fatti sono stati notificati due mandati di arresto europeo: uno nei confronti di Gabriele e l’altro di una ragazza tedesca (secondo la stampa ungherese si parla in tutto di 14 MAE, ndr.).

È possibile permettere l’estradizione per un reato che in Italia sarebbe inquadrabile come “aggressione” o “lesioni personali lievi”?

Questa è la prima anomalia, perché le lesioni causate hanno avuto prognosi molto basse, di 8 e di 5 giorni. In Italia non è possibile configurare un reato di questa gravità con le prove presentate finora: qui per configurare un tentato omicidio ci vogliono le prove del fatto che queste azioni siano idonee a determinarlo, e ci vuole anche la prova dell’elemento soggettivo, che la persona volesse determinare la morte della persona. Mi sembra evidente che siamo lontani da questa cosa. Stiamo parlando di due episodi in cui gli imputati hanno colpito dei manifestanti nazisti con azioni molto veloci di 30 secondi, che non potevano determinare che questo. Anche in Ungheria un reato di questo tipo sarebbe inquadrabile come lesioni personali lievi, ma lo hanno riconfigurato in questo modo proprio per permettere l’arresto in carcere e l’emissione dei mandati di cattura europei. Le pene previste per un reato di questo tipo con l’aggravante associativa – associazione di cui Ilaria e Gabriele non farebbero parte ma di cui sarebbero a conoscenza – porta la pena massima fino a 24 anni di carcere. Anche questa è un’anomalia per il nostro ordinamento: qui non si potrebbe dare aggravanti di questo tipo per un associazione che non gli viene nemmeno contestata, e che anche nella teoria esisterebbe in Germania, non in Ungheria.

Possiamo parlare di un tentativo di maxi-processo contro l’antifascismo europeo da parte dello stato ungherese?

Assolutamente si. E il sospetto che ci sia la volontà forse quasi a livello europeo di creare per la prima volta un procedimento associativo per le azioni antifasciste. Sicuramente c’è già stato in Germania, se ne vuole fare uno in Ungheria, e chissà se poi la cosa si allargherà in altri paesi. In Germania il processo è durato un paio d’anni, e si è concluso qualche mese fa. È stata riconosciuta l’esistenza di un associazione, ma con condanne che sono totalmente distanti da quelle prospettate dalla magistratura e dalle autorità ungheresi, le pene più alte sono contenute in 5 anni e qualche mese.

Possiamo parlare di un particolare accanimento contro Ilaria e Gabriele in quanto attivisti antifascisti?

Contro di loro nello specifico non saprei, sicuramente possiamo dire che in Ungheria c’è un accanimento contro il movimento antifascista, questo si può dire. Infatti, risulta che in quelle giornate ci siano state anche aggressioni da parte di neonazisti nei confronti di altre persone a Budapest, che hanno riportato delle lesioni importanti. Almeno due persone sono state arrestate per quei fatti, ma sono state scarcerate il giorno dopo.

Quali sono le condizioni detentive di Ilaria?

Le condizioni sono quelle contenute nella lettera che mi ha mandato la Salis ad ottobre e che poi abbiamo riprodotto alla corte dì appello di Milano per la decisione sul mandato di arresto e per l’estradizione di Marchesi. Riassumendole si parla di un trattamento penitenziario che non rispetta le norme basilari a livello europeo che stabiliscono gli standard minimi a cui le persone trattenute devono essere sottoposte. Quindi c’è una violazione dei principi stabiliti dall’art 3 della convezione europea dei diritti umani che vieta che i trattenuti siano sottoposti a trattamenti disumani e degradanti, e lei ha proprio descritto delle condizioni disumane e degradanti all’interno del carcere di Budapest. Si parla di spazi detentivi non conformi a quelli previsti… si trova in una cella con 8 persone, condizioni igieniche pessime, cimici da letto, scarafaggi, impossibilità di aver accesso a qualsiasi tipo di attività come quella lavorativa, la mancanza di assistenza sanitaria, il problema per il vitto. In generale le condizioni di controllo a cui è posta da parte delle guardie penitenziarie è molto pressante. Nei trasferimenti in tribunale viene portata con manette non solo alle mani ma anche alle caviglie e alla cintura, legati tra loro, il tutto con un guinzaglio al collo tenuto in mano da una guardia penitenziaria. Insomma sono molteplici le problematicità evidenziate da Ilaria, e di recente è arrivata un’altra lettera che conferma che lo stato detentivo è lo stesso. L’unica cosa cambiata è che dopo 7 mesi ha avuto possibilità di colloquio con i suoi famigliari, cosa che prima le era negata. Comunque si parla di due colloqui al mese che si svolgono attraverso il vetro, senza contatto fisico. Una misura di sicurezza che in Italia è riservata ai carcerati in regime di 41 bis.

Qual è stata la risposta dello stato italiano e del governo rispetto a questa situazione?

Il padre di Ilaria ha avanzato delle richieste di intervento al governo, ma non ci sono state risposte. L’unica comunicazione formale è stata data dal ministro del Giustizia, Carlo Nordio, l’11 gennaio quando ha risposto a un’interrogazione parlamentare di un senatore: sostanzialmente ha detto che non c’è nulla da fare, che non possono intervenire, che non abbiamo giurisdizione e non esistono misure che consentano il trasferimento in questa fase di Ilaria, perché l’unica cosa che è possibile è che lei venga trasferita in Italia quando la sentenza diventerà definitiva. Questo non corrisponde al vero, perché la normativa europea che poi è recepita sia in Italia che in Ungheria consente la possibilità degli arresti domiciliari in Italia per una cittadina della comunità Europea residente in Italia. Lei quindi potrebbe essere messa in detenzione preventiva ai domiciliari sul suolo italiano. Il governo potrebbe fornire questa rassicurazione all’Ungheria, questo forse faciliterebbe il suo trasferimento in Italia. Su Marchesi, invece, non c’è ancora una decisione della corte d’appello, che comunque ha evidenziato che ci sono delle problematiche, tant’è che ha chiesto all’Ungheria una serie di chiarimenti e rassicurazioni sulle condizioni detentive a cui sono sottoposti i detenuti nelle carceri ungheresi, e anche dei chiarimenti sulla sussistenza dello stato di diritto in Ungheria, sul giusto processo, sulla presunzione d’innocenza. Le autorità ungheresi avrebbero dovuto inviare una risposta entro l’udienza del 16 gennaio, ma ha chiesto una proroga. Vedremo cosa succederà. Tutto sarà fermo fino al 13 febbraio, data della prossima udienza. Il processo contro Ilaria inizierà invece il 29 gennaio. Intanto, il silenzio delle istituzioni italiane sulla vicenda si fa sempre più assordante.

Monica Cillerai

20/1/2023 https://www.lindipendente.online/

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