Impennata della povertà assoluta: famiglie numerose, occupati e giovani i più colpiti

L’aumento della povertà e delle diseguaglianze nell’ultimo anno è sotto gli occhi di tutti. Se ancora si fatica a dimensionare precisamente il fenomeno a causa dell’emergenza tuttora in corso, le analisi sin qui prodotte sono tutte concordi nel delineare scenari preoccupanti.

L’ISTAT, lo scorso 4 marzo, ha diffuso alcune stime preliminari relative agli effetti della pandemia sulle condizione di vita delle famiglie italiane. Sarebbero un milione in più rispetto all’anno precedente gli individui scivolati in povertà assoluta nel 2020. L’incidenza della povertà si impenna, raggiungendo i livelli del 2005 ed azzerando completamente i progressi degli ultimi anni. Più colpite le famiglie numerose, quelle con persona di riferimento occupata, per lo più residenti al Nord ed i giovani tra i 18 e 34 anni. Di contro, la spesa media per consumi si riduce in maniera significativa, crollando ai livelli del 2000. Salve sole le spese per beni essenziali (cibo, casa), mentre crollano drasticamente tutte le altre (abbigliamento, cultura, servizi ricettivi, trasporti). Ma vediamo e commentiamo di seguito i principali dati.

Aumenta l’incidenza ma diminuisce l’intensità della povertà

Le stime riferite al 2020 contano in condizioni povertà assoluta oltre 2 milioni di famiglie – 335 mila in più rispetto al 2019 – corrispondenti ad un totale di 5,6 milioni di individui, ossia un milione in più rispetto all’anno precedente. L’incidenza della povertà assoluta dunque si impenna, raggiungendo il 7,7% delle famiglie residenti e ben il 9,4% degli individui (+ 1,7% dal 2019). Sono entrambi i valori più elevati dal 2005, ossia da quando è disponibile la serie storica relativa all’indicatore.

Nel 2019, dopo dieci anni di crescita pressoché costante della povertà in Italia, per la prima volta, si era riscontrata una lieve riduzione della quota di famiglie ed individui in condizioni di povertà assoluta: una debole tendenza positiva che la pandemia nel corso del 2020 ha decisamente sovvertito.

Subisce invece una riduzione l’intensità della povertà assoluta, ossia la distanza media dei consumi delle famiglie dalla soglia di povertà, che passa dal 20,3% nel 2019 al 18,7% nel 2020. Tale riduzione può essere interpretata come conseguenza del fatto che, nonostante molte famiglie l’anno scorso siano cadute sotto la soglia di povertà, siano comunque riuscite a mantenere una spesa per consumi prossima ad essa, anche grazie alle misure messe in campo dal Governo a sostegno del reddito dei cittadini, Reddito di Cittadinanza e Reddito di Emergenza in primis. A tal proposito il recente Rapporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul primo anno di attuazione del Reddito di Cittadinanza, ne sottolinea la valenza nel ridurre l’intensità della grave povertà per i nuclei beneficiari: in media a livello nazionale la distanza tra la soglia di povertà ed il reddito equivalente nazionale si riduce dell’83% dopo l’erogazione del beneficio, che per oltre il 40% delle famiglie beneficiarie rappresenta pressoché l’unica entrata, contribuendo a più del 90% del reddito annuo familiare. Nell’attuale contesto emergenziale il Reddito di Cittadinanza ha assunto un’importanza ancora maggiore ed è fondamentale quindi che, seppur perfettibile per alcuni aspetti, venga mantenuto quale ultima rete di contrasto alla povertà in Italia.

Cresce la povertà delle famiglie numerose, specie se residenti al Nord

La povertà assoluta aumenta in maniera più che proporzionale al Nord e riguarda 218 mila famiglie (7,6%) per un totale di 720 mila individui (9,4%). L’incremento, seppur meno marcato, si registra anche nelle altre aree geografiche. Nel Mezzogiorno si confermano tuttavia, ancora una volta, le incidenze più elevate: sono in povertà assoluta il 9,3% delle famiglie e l’11,1% degli individui. Su LaVoce Massimo Baldini interpreta il maggior aumento della povertà al Nord come legato ad almeno tre fattori: la maggior presenza di famiglie straniere, che hanno subito più delle altre le conseguenze della crisi; la maggior presenza di famiglie occupate nel settore privato, che è quello ad essere stato maggiormente colpito dal lockdown e dalla chiusura delle attività; il maggior impatto del Reddito di Cittadinanza sulle famiglie residenti al Sud, che – pur presentando redditi più bassi – vivono in zone con prezzi nettamente inferiori rispetto a quelli del Nord.

L’aumento della povertà assoluta non fa grandi discriminazioni rispetto alla tipologia di Comune di residenza, colpendo in modo pressoché uniforme sia le famiglie residenti nei grandi che nei piccoli Comuni, forse con una modesta predilezione per i Comuni periferia di area metropolitana, che vedono l’incidenza dei poveri assoluti passare dal 6% del 2019 al 7,6% del 2020.

Ma sono le famiglie numerose le più provate dalla crisi: se infatti, fino a quattro componenti l’incremento dal 2019 si mantiene sotto i due punti percentuali, per i nuclei composti da almeno cinque persone l’indicatore peggiora di oltre quattro punti percentuali, passando dal 16,2% al 20,7%. Situazione in netto peggioramento anche per le famiglie monogenitore (l’incidenza passa dall’8,9% all’11,7%) e per quelle con almeno un figlio minore (dal 9,2% all’11,6%). Particolarmente critica è proprio la condizione di povertà dei minori, che sale dall’11,4% al 13,6%, registrando il valore più alto dal 2005. Nel 2020 il numero di bambini e ragazzi in povertà assoluta raggiunge 1 milione e 346 mila, ossia 209 mila minori poveri in più rispetto al 2019. Presentano invece un’incidenza di povertà pressoché stabile le famiglie unipersonali (5,7%) e quelle con almeno un anziano (5,6%). Si conferma dunque quanto già rilevato da precedenti rilevazioni campionarie di Save the Children e di Action Aid rispetto all’acuirsi delle fragilità delle famiglie, specie se con più di un minore. ISTAT ci dice già da anni che la povertà delle famiglie è in continuo aumento. La pandemia ha esacerbato questa tendenza, evidenziando come l’istituzione famiglia, storico ammortizzatore sociale in Italia e soluzione a tanti problemi economici, educativi, di conciliazione, di protezione sociale, non sia più in grado di reggere da sola. Il duro colpo all’occupazione e la messa in crisi di diverse categorie di lavoratori, la conseguente riduzione della capacità economica e di spesa, il moltiplicarsi degli oneri di cura, ed il venir meno dello storico pilastro rappresentato dai nonni, ha comportato per tante famiglie, specie di italiani, il passaggio dal ‘galleggiamento’ allo scivolamento verso condizioni di povertà e deprivazione significative.

Nonostante un aumento maggiore dell’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie straniere (dal 22% al 25,7%) rispetto a quelle italiane (dal 4,9% al 6%), tra il 2019 e il 2020 si riduce infatti la quota di famiglie con stranieri sul totale delle famiglie povere e aumenta l’incidenza delle famiglie povere composte da soli italiani, che rappresentano l’80% delle 335 mila famiglie povere in più registrate nell’anno della pandemia.

Aumenta la povertà tra i giovani e nelle famiglie con persona di riferimento occupata

La crisi economica ha picchiato duro anche tra i giovani. L’incidenza della povertà assoluta per la classe di età compresa tra i 18 e i 34 anni evidenzia un aumento di ben 2,3 punti percentuali (dal 9,1% del 2019 all’11,4% del 2020). Tra i lavoratori precari e senza altre fonti di reddito a disposizione i giovani rappresentano una quota significativa. Quasi la metà del calo occupazionale registrato tra ottobre 2020 e ottobre 2019 ha riguardato infatti questa fascia di età (-229 mila unità, -4,4%), aggravandone l’esclusione dal mercato del lavoro nel nostro Paese. Si tratta per lo più di lavoratori occasionali, scarsamente retribuiti e impiegati in settori cosiddetti ‘non essenziali’ come quello turistico, della ristorazione o dello spettacolo, tra i più colpiti e meno tutelati in questa fase di emergenza sanitaria.

ISTAT evidenzia anche un aumento significativo della povertà per quelle famiglie la cui persona di riferimento ha tra i 35 e i 54 anni. Per via del lockdown e delle difficoltà connesse al mercato del lavoro, sono infatti le famiglie con persona di riferimento occupata ad aver risentito maggiormente degli effetti della crisi: si tratta di oltre 955 mila nuclei in povertà assoluta, 277 mila in più rispetto al 2019. L’incidenza tra questi ultimi passa dal 5,5% al 7,3%, mentre l’incidenza famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione l’indicatore si mantiene, seppur alto, stabile al 19,7%, a dimostrazione che chi già non aveva un lavoro prima della pandemia con l’emergenza sanitaria non ha sostanzialmente peggiorato la sua situazione.

Tra le più colpite dalla povertà vi sono le famiglie la cui persona di riferimento è dipendente, specie se operaio o assimilato (dal 10,2% al 13,3%), o lavoratore autonomo (dal 5,2% al 7,6%), si pensi ad esempio ai lavoratori a tempo determinato con contratto a scadenza o ai piccoli commercianti e artigiani che si sono trovati costretti a chiudere le loro attività.

La spesa per consumi crolla ai livelli del 2000

La crisi economica che stiamo vivendo, secondo le stime preliminari dei Conti nazionali, si è tradotta in una riduzione del PIL quasi pari al 9% e ha visto diminuire, da un lato, le capacità reddituali delle famiglie italiane e, dall’altro, le occasioni di spesa in conseguenza delle misure di contrasto alla diffusione del Covid-19 introdotte dal Governo.

Secondo le stime preliminari, per la prima volta dal 1997 – anno di inizio della serie storica – il nostro Paese registra il calo più accentuato relativo alla spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia, che riporta il dato medio di spesa al livello del 2000. Nel 2020 la spesa media mensile familiare è pari a 2.328 euro, in calo del 9,1% rispetto ai 2.560 euro del 2019. Tale decremento viene superato anche da quello relativo al biennio 2012-2013 – ricordato come il periodo di maggior contenimento delle spese delle famiglie osservato nel nostro Paese – dove il calo rispetto al 2011 era si era fermato al 6,4%.

Il calo della spesa media familiare nel 2020 è diffuso in tutto in territorio nazionale ma risulta più intenso nel Nord Italia, ed è strettamente connesso alle restrizioni imposte dalle misure di contrasto alla pandemia in quanto tocca il picco di -17,4% nel secondo trimestre dell’anno (corrispondente al primo lockdown) e di -9,5% nel quarto trimestre (corrispondente all’introduzione delle zone rosse).

Rispetto alle tipologie di consumo, le uniche spese a non subire variazioni sono quelle primarie, ossia relative all’alimentazione ed alla casa, che rimangono dunque sostanzialmente invariate rispetto al 2019. Si tratta infatti di spese difficilmente comprimibili, solo marginalmente toccate dalle restrizioni governative e strettamente legate alla maggiore permanenza delle famiglie italiane all’interno delle abitazioni. Tuttavia queste due tipologie di spesa sono passate dal rappresentare il 53,1% del totale della spesa media mensile familiare nel 2019 al 58,4% nel 2020. Tra le famiglie in povertà assoluta il soddisfacimento dei bisogni primari rappresenta ben il 77,1% della spesa totale, contro il 56,8% delle famiglie non povere.

La spesa per tutti gli altri capitoli di consumo invece crolla drasticamente, specie per quei settori più colpiti dalla crisi e dalle misure di contenimento della pandemia: servizi ricettivi e ristorazione (-39%), ricreazione, spettacoli e cultura (-26,5%), trasporti (-24,6%) e abbigliamento (-23,2%).

Daniela Mesini, Eleonora Gnan

7/3/2021 https://welforum.it

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