LA FARINA DEI PARTIGIANI

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Un grande romanzo, dove la grandezza non è dovuta al numero di pagine (quando lo si finisce ci si stupisce che siano state sufficienti a contenere il tutto) ma alla capacità rara di rapire attenzione e fantasia del lettore restituendogli un universo di conoscenza e sensazioni del tutto unici. La definizione di romanzo storico è quanto di più corretto si possa immaginare: la licenza letteraria è contenuta in pochi passaggi, le invenzioni romanzesche sempre giustificate, la ricerca bibliografica vasta e documentata, come ci aspetterebbe da un saggio di storia. Piero Purich costruisce il racconto in modo metodico sulla scorta di una ricerca pluriennale e, per un romanzo, del tutto inusuale. Tutto è documentato, le fonti sono citate meticolosamente. Dalle fonti documentali alle interviste, alle ricerche sul campo: tutto trova ordine scorrevole in una saga che attraversa il secolo breve, travalicandolo sino ai giorni nostri.

La narrazione ha come centro tre famiglie proletarie della Bisiacaria, zona del Friuli con centro in Monfalcone dalla particolare storia fatta di incroci di genti, culture e lingue diverse: veneti, austriaci, croati, sloveni, friulani. Tutte e tre le famiglie coinvolte nel lavoro di carpenteria metallica nel cantiere Cosulich a Monfalcone.

Citando la recensione di C. Baldassi dell’ANPI di Udine: “Una serie di biografie vere che richiamano ad ogni passo l’orgoglio di chi lottava per la libertà dallo sfruttamento e che nonostante le delusioni della storia può indicare anche ai giovani di oggi il valore degli ideali di progresso umano e civile del socialismo”.

AMBIENTAZIONE

Il racconto è ambientato geograficamente nel monfalconese ma con ampie e giustificate puntate ai quattro angoli del mondo, dal Centro America, all’Africa, al Medio Oriente, alla Russia. L’ambientazione sociale è squisitamente operaia con tutto il valore etico del lavoro “ben fatto”, con l’orgoglio della coscienza comunista dei protagonisti. La collocazione storica copre un arco di tempo vasto, tre generazioni: inizia all’epoca del Congresso di Livorno con la fondazione del PCdI sino alla Bolognina per arrivare ai nostri anni.
La lotta partigiana ne rappresenta il cuore pulsante con tutte le peculiarità storico-geografiche della “zona di confine” e dell’attrazione della resistenza titina nonché della nascente Repubblica Socialista di Jugoslavia.
Il conflitto fra PCI (filostalinista) e URSS da una parte e Tito dall’altra segnerà in modo drammatico un’intera classe lavoratrice comunista friulana. Una lotta partigiana in quella particolare zona poco conosciuta dal grande pubblico, per molti aspetti molto diversa da quella vissuta nel resto d’Italia,

MODALITA’ LETTERARIA

La scrittura è piana, scorrevole, mai scontata né ricercata, sempre svolta in terza persona. E’ la scrittura che si addice ad una storia comunista, operaia e vera. Il racconto si svolge su piani storici spesso sfalsati, meccanismo che permette di evidenziare causalità e conseguenze dei diversi atti storici. I frequenti salti temporali aiutano l’attenzione del lettore farsi critica, vigile. Le emozioni, gli affetti non sono mai esternati
e, nei pochi passi in cui vengono accennati, sono velate, con pudore. Ne risulta un impatto emotivo forte, coinvolgente. La guerra e la lotta partigiana costringono in alcuni tratti del romanzo alla crudezza che, obbligatoriamente, scaturisce degli orrori vissuti dai protagonisti. Una violenza senza infingimenti, senza retorica, quest’ultima sempre bandita in tutto il libro.
Emerge ovunque e chiaramente il punto di vista dei personaggi della storia con le loro idee politiche, con i loro ideali forti.

PERCHE’ CONSIGLIATO

Al termine della lettura de “La farina dei partigiani” mi è stato chiaro che stavo inserendo questo libro fra i miei “grandi libri”: certo, giudizio del tutto soggettivo. Credo, nonostante il carattere squisitamente personale di questa affermazione, in molti, ne sono certo, finiranno al termine del libro per catalogare questo titolo fra gli indispensabili. Forse, soprattutto perché mi viene spontaneo considerarlo un “libro di formazione”; e la formazione non finisce mai.

Elio Limberti

Recensione pubblicata sul numero di aprile del mensile Lavoro e Salute

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