La lezione revisionista della nuova Emilia e Romagna

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La parabola della Sinistra italiana ritorna nella mia memoria attraverso flash back, libri, articoli di giornale, interviste, spezzoni di film, un album di immagini a colori rubate principalmente alla tv: è stato un lungo percorso di allineamento culturale, di emulazione del pensiero “moderato”, di sottomissione all’economia di mercato e all’ideologia liberista, passato attraverso la caduta del muro di Berlino, la “cosa” di Occhetto, il Partito Democratico della Sinistra di Massimo D’Alema, la falce sì la falce no, i Democratici di Sinistra, l’Ulivo, l’Unione, la fusione a freddo con i reduci della DC, i “ma anche” di Veltroni che sdoganava i vari Calearo, il lungo corteggiamento al centro di Casini,  l’adesione alla mitica agenda Monti, sempre più a Destra fino al governo Draghi, il servitore dei poteri forti con la Lega e Berlusconi.

Il PD è solo la logica conseguenza di un processo di mutazione genetica scellerato, partito da lontano e tutto interno al PCI. Forse il destino era segnato: il percorso era stato intrapreso da tempo da una classe dirigente imbelle, molto ben posizionata e adagiata nel lusso e nel privilegio, potente e pronta ad abiurare in tutto quello in cui aveva creduto pur di godere delle nuove prebende messe a disposizione dai nuovi compagni di viaggio (multiutility, assicurazioni, corporation e banche). Mentre la Sinistra rinnegava i suoi più grandi pensatori, la Destra applicava quel concetto di egemonia culturale teorizzato molto bene da Gramsci.

Piano piano, poco a poco, attraverso l’uso politico e subliminale della televisione, distruggendo l’istruzione pubblica e la cultura umanistica, i cittadini sono stati infarciti dei valori della Destra senza che la Sinistra opponesse a questo processo di colonizzazione la benché minima resistenza, anzi! Con gradualità e costanza i valori della Destra sono penetrati dentro di noi: è accaduto che siamo tutti diventati dei paladini del mercato selvaggio, della crescita senza qualità, del consumo compulsivo, del successo individuale a qualsiasi condizione, mentre compiaciuti abbiamo cominciato a rinnegare concetti fuori moda come quello di Stato, di sovranità popolare, di servizio pubblico, di valore sociale e benessere collettivo.

La proposta di un modello sociale basato sull’individuo predatorio ha stravinto, arrivando a radicare nei cittadini la convinzione che “il privato” sia meglio del “pubblico”, mentre i ricchi hanno convinto i poveri che i loro sacrosanti diritti siano privilegi che non si possono più permettere. Vedo tanti “ex compagni” prendersela con Renzi, ma il renzismo è stato l’approdo naturale della parabola del PCI, tra Renzi e il PD non c’è nessuna differenza, tant’è che chi cuoceva le salsicce al festival dell’Unità si era “innamorato” di Renzi ed ora tanti “compagni” (sic!) si butterano tra le braccia di Bonaccini, il leghista in salsa emiliana, il Luca Zaia sulle rive del Po. 

Questa mutazione genetica che ha completamente distrutto la tradizione socialista in Italia, ma anche il popolarismo democratico e che lascia alla Destra estrema e al Papa i moduli argomentativi contro il capitalismo, ci porterà molta miseria e tanta ingiustizia sociale, riportando le condizioni del mondo del lavoro alla metà dell’800. Ci tengo perciò a ringraziare di cuore tutti quei “compagni” che con acume, impegno, costanza e grande perseveranza, non facendo mai mancare il disprezzo per il popolo ed avendo solo a cuore i propri interessi e quelli di chi già esercita il potere contro chi non ce l’ha, ha permesso, con i propri voti, di averne ancora di più. Grazie “compagni”. Grazie di cuore per l’abolizione dell’art. 18, per le privatizzazioni, la riforma dell’art. 81 della Costituzione e per le tante altre riforme con le quali si sono tagliati diritti e welfare. Bisogna dire che la Destra, da sola, non ce l’avrebbe mai fatta. Grazie per questi regali. Grazie ancora di cuore.

In Emilia Romagna alle Elezioni Regionali del 26 gennaio 2020, il “voto utile” arrivò dalla destra: il disgiunto fu usato dal M5S e dal Centrodestra, evidentemente per mandare un segnale di fumo ad un leader che nella coalizione stava crescendo troppo. Per il resto, la macchina mediatica messa in funzione per dare a quelle elezioni il significato politico di una rinascita del PD e del ritorno al bipolarismo (fasullo), funzionò molto bene. Nella (fu) Regione Rossa la Sinistra perse, un risultato terribile. Tutto il resto è destra: una più rozza e stracciona, l’altra più fighetta e spocchiosa. È questo il dato politico delle elezioni in E.R.

La Regione ha cambiato pelle e sul piano dei valori e del modello di società è diventata una regione liberale/liberista, l’esatto opposto di quel comunismo emiliano mostrato al mondo come la vetrina nazionale del PCI. Quello, in parte, era un modello di ordine ed inclusione, mentre oggi delle classi popolari che chiedono protezione non interessa nulla a nessuno. C’è un evidente problema di quella che un tempo avremmo chiamato egemonia. E’stato un errore madornale sostenere Bonaccini alle Elezioni Regionali, si è incoronato il Renzi in salsa emiliana, che ora diventerà pure il segretario del PD. Complimenti a tutti quelli che lo hanno votato, perché se avesse vinto la Borgonzoni, chissà mai cosa sarebbe successo! Niente. In 5 anni, col fiato sul collo dell’opposizione dalla mattina alla sera ed una burocrazia totalmente colonizzata, la Borgonzoni non avrebbe di certo potuto fare peggio di Bonaccini. Con la differenza sostanziale che perdendo l’E.R. forse qualcuno si sarebbe seriamente interrogato sul da farsi a Sinistra, mentre ora il programma della Leopolda diventerà ricetta nazionale per il tramite di Bonaccini e del suo PD.

Questa sì che è strategia! A moltissime persone è evidentemente ignoto il concetto di “burocrazia colonizzata” e forza dell’opposizione, forse perché consapevoli che se avesse vinto la Borgonzoni, Bonaccini l’opposizione non l’avrebbe proprio fatta. Come si calcola l’interesse politico di ciascuno è solo una questione di latitudine sociale. Qualcuno da Bonaccini trae molti vantaggi, altri (i più), molti meno. I trasporti pubblici locali sono al di sotto delle necessità e funzionano male o non funzionano. La sanità pubblica territoriale è quasi inesistente. Il dissesto idrogeologico è a livelli disastrosi, mentre si punta ad infrastrutture molto costose e discutibili. La DIA dice che l’E.R. è terra di ‘ndrangheta e con un altissimo tasso di micro criminalità.

La scuola dell’autonomia è una sorta di apprendistato al servizio della Confindustria regionale. L’agricoltura è al collasso ed è nelle mani della GDO (grande distribuzione organizzata). Per non parlare della richiesta di una maggiore autonomia differenziata, in linea con Luca Zaia. Non chiederei quali danni avrebbe fatto la Borgonzoni, ma piuttosto quali vantaggi ha avuto il proletariato (cioè la stragrande maggioranza dei cittadini della Regione) a votare per Bonaccini. Perché al dì là di una narrazione potente, molto persuasiva e retorica sulla ex regione rossa (che fu), le norme regionali sono tutte a difesa del mercato, dell’impresa e della grande distribuzione, mentre la sanità è al collasso e la gestione della pandemia è fuori controllo.

All’epoca del comunismo emiliano, la parola “riformismo” indicava la necessità di riformare i rapporti tra le classi sociali a favore dei più deboli. Oggi col PD è il contrario. Pier Paolo Pasolini, un intellettuale profondamente antifascista, con questo suo pensiero mi ha fatto riflettere molto negli anni e mi ha aiutato a rileggere il pensiero dialettico di Marx attraverso il pensiero anti-dialettico di Bataille, Foucault, Deleuze… “Non abbiamo fatto nulla perché i fascisti non ci fossero. Li abbiamo solo condannati gratificando la nostra coscienza con la nostra indignazione; e più forte e petulante era l’indignazione più tranquilla era la coscienza. In realtà ci siamo comportati con i fascisti (parlo soprattutto di quelli giovani) razzisticamente: abbiamo cioè frettolosamente e spietatamente voluto credere che essi fossero predestinati razzisticamente a essere fascisti.”

Marilena Pallareti

Docente, Forlì. Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Pubblicato sul numero di marzo del mensile

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