La lotta di classe permanente

Nel 1967, Noam Chomsky si affermò come uno dei principali critici della guerra del Vietnam con un saggio sulla New York Review of Books che criticava l’establishment della torre d’avorio della politica estera degli Stati uniti. Poiché molti accademici trovavano il modo di giustificare il genocidio, Chomsky difese un principio semplice: «È responsabilità degli intellettuali dire la verità e denunciare le bugie».

Linguista rivoluzionario, Chomsky ha cercato di essere all’altezza di questa massima più di quasi ogni altro intellettuale contemporaneo. I suoi scritti politici hanno messo a nudo gli orrori del neoliberismo, le ingiustizie della guerra infinita e la propaganda dei media legati alle multinazionali, guadagnandosi un posto nella «Lista dei nemici» di Richard Nixon e nei file di sorveglianza della Cia. A novantadue anni, Chomsky rimane una voce essenziale dei movimenti anticapitalisti che con le sue idee ha contribuito a ispirare.

Ana Kasparian e Nando Vila hanno intervistato Chomsky per il programma YouTube Weekends di Jacobin all’inizio di quest’anno. Nella loro conversazione, Chomsky ci ricorda che la storia è un processo di lotta permanente e che ci sono politiche working class per ottenere l’assistenza sanitaria universale, la giustizia climatica e la denuclearizzazione, se siamo disposti a combattere.

Cominciamo con una domanda di ampio respiro: perché il Congresso dice continuamente al popolo statunitense che non farà politiche che necessitano di un sostegno pubblico schiacciante?

Bisogna sempre domandarsi: «Dove sono i soldi? Chi finanzia il Congresso?». Per rispondere a questa domanda c’è uno studio molto raffinato e attento del principale ricercatore sulle questioni del finanziamento della politica, Thomas Ferguson. Lui e i suoi colleghi hanno cercato di rispondere a una domanda semplice: «Nel corso degli anni che correlazione si è stabilita tra il finanziamento della campagna elettorale e la possibilità di essere eletti al Congresso?». Quel rapporto è quasi lineare. Si tratta di un tipo di relazione diretta che raramente si riscontra nelle scienze sociali: maggiori sono i finanziamenti, maggiori possibilità hai di essere eletto.

E infatti, sappiamo tutti cosa succede quando viene eletto un rappresentante del Congresso. Già dal loro primo giorno in carica, iniziano a fare telefonate ai potenziali donatori per le elezioni successive. Nel frattempo, orde di lobbisti aziendali arrivano nei loro uffici. Il loro staff è spesso composto da ragazzini, totalmente sopraffatti dalle risorse, dalla ricchezza, dal potere, dai lobbisti. Da ciò discende l’attività legislativa promossa dal rappresentante, alla quale forse ogni tanto dà anche un’occhiata, quando non sta al telefono coi suoi finanziatori. Che tipo di sistema vi aspettate che ne emerga?

Uno studio recente ha scoperto che per circa il 90% della popolazione non c’è essenzialmente alcuna correlazione tra reddito e decisioni dei loro rappresentanti, ovvero sono fondamentalmente non rappresentati. Ciò approfondisce il lavoro precedente di Martin Gilens, Benjamin Page e altri che hanno trovato risultati abbastanza simili, e il quadro generale è chiaro: la classe operaia e la maggior parte della classe media sono sostanzialmente non rappresentate.

Le decisioni dei rappresentanti rispondono alla massa di denaro per la campagna elettorale e ad altre pressioni finanziarie. Voglio dire, se sei un rappresentante del Congresso e uno di questi giorni lascerai il Congresso, dove andrai? Diventi un camionista? Segretario? Sai dove vai e sai per quale motivo. Se hai votato nel modo giusto, hai un futuro tranquillo davanti a te.

Ci sono molti, molti dispositivi con cui è possibile garantire che una grande maggioranza della popolazione non sia rappresentata e, inoltre, derubata, derubata in modo massiccio. La Rand Corporation, società ultrarispettabile, un paio di mesi fa ha fatto uno studio su quello che chiamano lo «spostamento di ricchezza» dalla classe operaia e dalla classe media – o, più precisamente, la rapina del pubblico – da quando è iniziato l’attacco neoliberista intorno al 1980. La loro stima di quanta ricchezza è passata dal 90% più basso della scala del reddito a quello più alto è di 47 trilioni di dollari.

Non è stato un piccolo cambiamento, è una cosa molto sottovalutata. Quando Reagan ha aperto alle aziende si sono resi disponibili molti dispositivi: per esempio, paradisi fiscali e società fittizie, che prima erano illegali, quando il Dipartimento del Tesoro applicava la legge. Quanti soldi sono stati rubati in questo modo? Questo è per lo più segreto, ma ci sono alcune stime ragionevoli. Di recente è stato divulgato uno studio del Fondo monetario internazionale che ha stimato che si tratti di 35 trilioni di dollari, all’incirca – solo dai paradisi fiscali – in quarant’anni.

Il furto continua. Non sono pochi centesimi, influenzano la vita delle persone. La gente è arrabbiata e con ottime ragioni: questa è la precondizione dell’arrivo di un demagogo – in stile Trump – che tiene uno striscione con una mano dicendo: «Ti amo, voglio salvarti» e con l’altra ti pugnala alle spalle per ripagare i ricchi e i potenti.

Dopo Bernie Sanders, dove dovrebbe indirizzare le sue energie la sinistra per affrontare gli enormi problemi che hai appena descritto?

Innanzitutto bisogna ricordare è che la campagna elettorale di Sanders è stata un successo rilevante. Nel giro di un paio d’anni, Sanders e altri che lavorano al suo fianco sono riusciti a spostare molto lontano la gamma di questioni al centro dell’attenzione del fronte progressista. Ciò è abbastanza significativo. Lo hanno fatto senza finanziamenti, senza aiuti da parte di aziende, senza supporto dei media: i media sono diventati leggermente amichevoli con Sanders dopo che ha perso la nomination, non prima. Prima era un po’ come è successo a [Jeremy] Corbyn nel Regno Unito: forze potenti erano determinate a fermare qualsiasi cosa a sinistra della più mite socialdemocrazia.

Guardando indietro al successo della campagna di Sanders, penso che una risposta alla tua domanda sia «Continuare così». Quando venne eletto Obama fu commesso un errore terribile: molti a sinistra si fidarono di lui. Obama ha avuto un enorme sostegno popolare, specialmente da parte dei giovani: molti giovani attivisti e organizzatori hanno lavorato perché venisse eletto. Dopo le elezioni cosa è successo? Disse loro: «Andate a casa». E purtroppo sono tornati a casa. Nel giro di due anni, Obama aveva completamente tradito il suo mandato elettorale, e lo ha dimostrato nelle elezioni del 2010.

Non è la destra ad essersi aggiudicata il voto laburista; sono i democratici ad averlo perso, con buone ragioni. Nel 2010, anche gli elettori più vicini ai sindacati non hanno sostenuto il candidato democratico; hanno visto cosa aveva fatto Obama. Bene, non dovremmo commettere di nuovo quell’errore, certamente non con Biden. Biden è in una posizione debole, secondo me; si può fare pressione su di lui. Ci sono alcune persone abbastanza brave nell’amministrazione Biden, specialmente tra i consiglieri economici, e possono essere pressati.

Prendi il cambiamento climatico. Non c’è nessun problema più importante. Se non affrontiamo presto la catastrofe ambientale, tutto il resto assume un peso relativo; non ci sarà nulla di cui parlare. Facendo molta pressione sulla campagna Biden-Harris il Movimento Sunrise e altri sono riusciti a spingere il loro programma verso il lato progressista. Non abbastanza, ma, comunque, il loro programma è il migliore che sia mai stato prodotto.

Ma il Dnc [Democratic national committee, l’organo di governo del Partito democratico, Ndt] ha iniziato ad hackerarlo. Ad agosto, se cercavi su Google il programma sul clima del Partito democratico, compariva il programma Biden-Harris. L’ultima volta che l’ho visto è stato il 22 agosto. La volta successiva che ho guardato, un paio di giorni dopo, non c’era. Il risultato era la pagina «come fare una donazione al Dnc». Posso solo immaginare quello che è successo, ma credo ci sia una lotta in corso. E potrebbe continuare se la sinistra non commette l’errore che ha fatto con Obama e si fida di quelli che sono al potere e delle loro belle parole.

Lo stesso vale per il settore aziendale, che corre spaventato. Sono preoccupati per quelli che chiamano «rischi reputazionali», è come dire «i contadini stanno arrivando con i loro forconi». In tutto il mondo imprenditoriale – a Davos e al tavolo sul business – ci sono discussioni sul modo in cui «Ammettere di fronte al pubblico che abbiamo fatto cose sbagliate. Non abbiamo prestato sufficiente attenzione ai soggetti coinvolti, alla forza lavoro e alla comunità, ma ora ci rendiamo conto dei nostri errori. Ora stiamo diventando quelle che negli anni Cinquanta venivano chiamate ‘società dell’anima’ [soulful corporations], dedite per davvero al bene comune». Quindi, ora abbiamo un sacco di soulful corporations, che si rivolgono al pubblico con grande umanità, a volte prendendo misure come il ritiro dei finanziamenti dalle aziende di combustibili fossili; è il momento di fare pressioni nei loro confronti.

Non mi piace il sistema, non vi piace il sistema, ma esiste e dobbiamo lavorarci dentro. Non possiamo dire: «Non lo voglio. Facciamo un altro sistema che non esiste». Possiamo costruire un nuovo sistema solo spingendo dall’interno e dall’esterno.

Quindi, ad esempio, non c’è motivo di evitare di lavorare per creare un quadro politico e sociale alternativo creando un nuovo partito o imprese e cooperative di proprietà dei lavoratori. Il punto è che c’è un’intera gamma di opzioni a nostra disposizione, e tutte devono essere perseguite.

Sono d’accordo sul fatto che Bernie Sanders sia riuscito a fare in modo che molte persone pensassero alla politica in termini di classe. Ha anche suscitato un po’ di rabbia, perché rendersi conto di quanto il sistema sia truccato per andare contro l’americano medio fa infuriare le persone. Penso che le persone stiano diventando impazienti a causa diquesta mancata influenza nei confronti dei legislatori.

Questa mancanza di influenza negli Stati uniti risale a circa duecentocinquanta anni fa. Quindi, possiamo partire dalla Costituzione, che è stata pensata esplicitamente per impedire la democrazia. Non è una cosa segreta. In effetti, il principale studio accademico sulla Convenzione costituzionale, di Michael Klarman, professore di diritto di Harvard, si chiama The Framers’ Coup, e riguarda il colpo di stato contro la democrazia dei Framers.

Il tema dei fondatori è stato espresso abbastanza bene da John Jay, che è stato il primo capo della Corte Suprema: «Coloro che possiedono il paese dovrebbero governarlo». Questo è quello che vediamo oggi: chi possiede il paese riesce anche ad amministrarlo.

Non è stato un processo uniforme; c’è stata molta resistenza e molte vittorie sono state ottenute. Durante la mia infanzia, ad esempio, negli anni Trenta, ci sono state vittorie importanti, principalmente guidate dal movimento operaio organizzato (l’organizzazione Cio, scioperi militanti, azioni sindacali militanti), un’amministrazione moderatamente simpatizzante e attivismo politico di ogni tipo.

Gli Stati uniti si muovevano verso una socialdemocrazia moderata: ne stiamo ancora godendo alcuni dei benefici, anche se molti sono stati eliminati. Altri periodi della storia statunitense sono stati simili. Alla fine del diciannovesimo secolo, i Cavalieri del Lavoro – un movimento populista che non ha nulla a che fare con quello che oggi viene chiamato «populismo» – e gli agricoltori radicali stavano mettendo insieme un grande movimento, che fu infine schiacciato dalla forza statale e corporativa, ma lasciò qualcosa.

Fondamentalmente si tratta della lotta di classe che continua lungo la storia, e che ora si trova in una fase particolare. Continuiamo a lottare, conosciamo miglioramenti, poi c’è una certa regressione e così andiamo avanti. La schiavitù è stata superata dopo centinaia di anni di lotta, e poi è tornata in un’altra forma: ciò che resta è ancora lì. Ma non è che non ci sia mai stata una vittoria. Le cose vanno meglio di prima a causa della lotta che continua.

In effetti, questo paese è molto meglio di sessant’anni fa, principalmente a causa dell’attivismo negli anni Sessanta. Ricorda solo com’era il paese negli anni Sessanta. Le case finanziate dal governo federale erano state negate per legge agli afroamericani, non perché i senatori liberali lo volessero, ma perché non si poteva ottenere nulla attraverso la stretta politica dei democratici del sud. C’erano leggi anti-sodomia. Molte cose sono cambiate.

Non è facile, ma se dici: «Be’, non siamo arrivati dove volevamo; Ho intenzione di smettere», acconsenti che il peggio possa arrivare. È una lotta permanente. Prendete, ad esempio, Tony Mazzocchi, uno degli eroi del lavoro moderno, capo dell’Unione [Internazionale] dei lavoratori del petrolio, della chimica e dell’atomo, uno dei primi ambientalisti seri del paese. I suoi elettori in prima linea venivano assassinati dall’inquinamento, dalla distruzione dell’ambiente e così via. Siamo all’inizio degli anni Settanta, molto prima che prendesse piede il movimento ambientalista. Il suo sindacato stava lavorando per affrontare la crisi ambientale e negli anni Novanta si è spostato nel tentativo di istituire un partito laburista. Avrebbe potuto funzionare, ma non ce l’ha fatta.

L’assalto neoliberista – a partire da Reagan, passando per Clinton, Obama – è stato progettato per distruggere il lavoro. La campagna di Reagan si è aperta con un attacco ai sindacati. Thatcher ha fatto esattamente la stessa cosa in Inghilterra. Le persone dietro l’assalto neoliberista hanno capito cosa stavano facendo: cancellare la capacità dei lavoratori di difendersi. Clinton ha intensificato tutto questo; le sue politiche di globalizzazione neoliberali erano progettate per proteggere gli investitori e schiacciare i lavoratori, e hanno avuto successo.

È una situazione simile agli anni Trenta. Negli anni Venti, il lavoro era stato praticamente schiacciato. C’era un movimento operaio militante di successo nella prima parte del ventesimo secolo, ma dopo la paura del comunismo di Woodrow Wilson, venne quasi distrutto. Negli anni Venti, non c’era quasi nulla lì, ma è tornato ruggente negli anni Trenta: questo è ciò che ha portato alle politiche del New Deal, la mite socialdemocrazia di cui beneficiamo ancora.

Possiamo ripartire di nuovo. In effetti, sta cominciando ad accadere in modi piuttosto interessanti. Il lavoro era stato così schiacciato dalle politiche neoliberali che c’erano a malapena gli scioperi. I lavoratori avevano paura di scioperare; sarebbero stati distrutti. Gli scioperi però negli ultimi anni hanno iniziato a crescere negli stati repubblicani tra i lavoratori non sindacalizzati. Gli insegnanti della Virginia Occidentale e dell’Arizona hanno avuto un appoggio molto vasto da parte della gente. Nel nord dell’Arizona, quando gli insegnanti hanno iniziato lo sciopero, c’erano cartelli piantati in tutti i prati che dicevano: «Sostieni gli insegnanti!». E gli insegnanti non chiedevano solo stipendi più alti – cosa che peraltro meritano – ma volevano migliorare il sistema educativo, che è stato colpito dalla piaga neoliberista. Privatizzazione, definanziamento, irreggimentazione, insegnamento ridotto a distribuzione di test: tutte queste cose hanno ricevuto un appoggio bipartisan. I repubblicani sono più estremisti, quindi Betsy DeVos era quasi apertamente votata alla distruzione dell’intero sistema. Ma le politiche di Obama non erano molto migliori.

Questo è stato lo sciopero degli insegnanti, e ha ricevuto tanto sostegno popolare. Ci sono stati anche scioperi degli infermieri, scioperi dei sindacati dei servizi, un grande sciopero della General motors e altro ancora potrebbe accadere. La distruzione del lavoro ha avuto un ruolo importante nella creazione di disuguaglianze estreme. Economisti tradizionali come Lawrence Summers hanno concluso che è il fattore principale nell’estrema disuguaglianza, eliminando la capacità dei lavoratori di difendersi. Certo, è un fattore importante che potrebbe consentire il ritorno di partiti politici alternativi come quello di Mazzocchi.

La pressione sui democratici affinché si spostino a sinistra – il genere di cose che la squad di [Alexandria] Ocasio-Cortez e altri stanno facendo – può essere utile, ma deve avere l’appoggio dell’azione popolare. Se le truppe tornano a casa, il partito si sposterà a destra. C’è una forza che è implacabile: le classi imprenditoriali sono marxiste e combattono continuamente una feroce guerra di classe. Non si fermano mai. Se il resto della popolazione abbandona la lotta, sai benissimo cosa succederà. In effetti, lo abbiamo visto per quarant’anni.

Voglio fare una domanda su quella lotta di classe, perché Piketty, per esempio, ha sottolineato che nelle democrazie occidentali la composizione di classe dei partiti è cambiata in modi piuttosto sorprendenti. Cosa ne pensi del fenomeno verificatosi negli Stati uniti – ma anche in Europa – in base al quale i tradizionali partiti di sinistra stanno diventando sempre più partiti delle élite istruite e le classi lavoratrici vengono escluse?

Bene, cominciamo dagli Stati uniti. Alla fine degli anni Settanta – alla fine degli anni di [Jimmy] Carter – i Democratici sostanzialmente dissero alla classe operaia: «Non ce ne importa nulla di te». L’ultimo sussulto dell’attività pro-laburista nel Partito democratico è stato l’Humphrey-Hawkins Full Employment Act nel 1978. Carter non pose il veto, ma lo annacquò in modo che fosse inefficace. Da quel momento in poi, i Democratici hanno sostanzialmente abbandonato la classe operaia, a parte qualche gesto qua e là.

Quando è arrivata la Clinton, il Nafta è stato approvato in segreto per evitare le obiezioni del movimento operaio. Non sono stati nemmeno informati fino all’ultimo minuto di cosa parlasse: accordi sui diritti degli investitori. Il Comitato consultivo del lavoro è uscito con un programma alternativo per il Nafta, dicendo: «Ecco un modo migliore di farlo. La versione esecutiva porterà a un’economia a bassa crescita e bassi salari. Ecco un modo per farlo con un’economia ad alta crescita e ad alto salario».

È successo che il loro programma era quasi lo stesso di quello dell’agenzia di ricerca del Congresso, l’Office of Technology Assessment. Nessuno prestava loro attenzione; al ramo esecutivo non importava. Volevano la loro versione del Nafta, che era fondamentalmente un accordo sui diritti degli investitori che metteva i lavoratori in concorrenza tra loro senza diritti.

Si è scoperto che sotto il Nafta di Clinton, le aziende sono state in grado di interrompere gli sforzi di sindacalizzazione a un livello molto alto: circa il 50% di questi è stato impedito semplicemente dalle minacce di spostare l’impresa in Messico. Le minacce non erano gravi, ma bastavano a minare lo sforzo organizzativo. Tutto ciò sembra illegale, ma quando hai uno stato criminale puoi compiere atti illegali. C’è un buon studio su questo di Kate Bronfenbrenner, un’economista del lavoro alla Cornell, che ha scoperto ciò che ho appena descritto: circa il 50% delle mobilitazioni dei lavoratori sono state ostacolate illegalmente, solo a causa delle minacce di spostare l’impresa. Questo è solo un esempio.

Nel 2008, i lavoratori hanno votato per Obama; nel 2010 il mondo del lavoro aveva visto cosa significavano le sue promesse. Ciò avveniva nel mezzo di un’enorme crisi finanziaria causata dal crollo del mercato immobiliare. Il Congresso sotto [George W.] Bush, infatti, aveva approvato la legislazione Tarp [Troubled Asset Relief Program] che interveniva al riguardo. La normativa ha due componenti. Una aveva lo scopo di salvaguardare i responsabili della crisi: le banche che avevano causato la crisi con pratiche di prestito predatorio e altre subdole azioni semi-criminali. L’altra parte della legislazione cercava di salvare le vittime: persone che avevano perso la casa a causa di pignoramenti, che avevano perso il lavoro ecc.

Chiunque conosca la storia e la politica statunitense avrebbe potuto prevedere quale metà della legislazione sarebbe stata attuata dal presidente Obama. Nel giro di due anni, la classe operaia – anche la classe operaia sindacalizzata – ha detto: «Questo partito non lavora per noi. Sono i nostri nemici». Dove puoi andare? Puoi andare dai ragazzi che affermano che restaureranno l’America tradizionale e ti troveranno lavoro. Non lo faranno, ovviamente, ma almeno dicono di farlo. Guarda gli elettori di Trump; sono stati attentamente studiati. Molti di loro dicono: «Sì, sappiamo che è un idiota, non farà nulla. Ma almeno dice che gli piacciamo». Arrivano e dicono: «Sono con te. Voglio che tu faccia del bene. Mi comporto come te». Come George W. Bush, forse ricorderete che ogni fine settimana andava in Texas nella sua fattoria e veniva filmato mentre tagliava i cespugli con cento gradi di temperatura per dimostrare di essere un vero ragazzo normale. Dopo aver lasciato l’ufficio, non credo che ci sia mai tornato.

Gli studi più attenti sugli elettori di Trump sono quelli di Anthony Di Maggio, uno scienziato sociale di sinistra. È autore di un’analisi recente sugli elettori di Trump del 2020 e sembra, ancora una volta, a parte gli evangelici e i suprematisti bianchi, che la principale base di voto per Trump è fondamentalmente piccolo borghese con entrate da 100 mila a 200 mila dollari. Non sono persone che lavorano: sono piccoli imprenditori, venditori di assicurazioni e così via. Questa sembra la base principale e sembra essere l’unica parte che è aumentata sostanzialmente dal 2016.

Molti lavoratori pensano: «Be’, almeno Trump ci dice qualcosa di carino. I democratici non fanno niente». Prendete, ad esempio, il Texas del sud: ci sono stati molti studi sul perché il Texas del sud, che non votava per un repubblicano da cento anni – dai tempi di [Warren] Harding – si è spostato verso Trump. Queste sono comunità messicano-americane. Come mai hanno interrotto cento anni di voto democratico? Prima di tutto, i democratici non hanno fatto il minimo sforzo: «Sono ispanici. Ci voteranno comunque». Alla gente non piace questo atteggiamento, si sa. Ma c’era una ragione ancora più spaventosa. In queste zone si estrae petrolio. Tutto quello che hanno sentito è stato «Biden vuole toglierci il lavoro perché un gruppo di ricchi liberali dalla testa appuntita afferma che c’è una crisi climatica». Se ai Democratici importasse qualcosa dei lavoratori, sarebbero stati laggiù a dire: «C’è una crisi climatica e dovremo abbandonare i combustibili fossili, punto. Ma potrete avere posti di lavoro migliori, vite migliori, un’economia migliore, assecondando il cambiamento delle industrie, magari sotto il vostro stesso controllo, verso l’energia sostenibile e lo sviluppo costruttivo». Questo è ciò che fanno i militanti. I Democratici non si sono preoccupati; la classe operaia non è il loro collegio elettorale. Quindi, i texani del sud hanno votato per il ragazzo che dice: «Ti riporterò indietro il lavoro».

C’è questo dibattito in corso sul fatto che il Partito repubblicano possa legittimamente e sinceramente diventare il partito della classe operaia in futuro. Ovviamente siamo scettici, ma c’è stato un cambiamento di retorica.

Prima di tutto, i lavoratori devono avere qualcosa per cui votare. Se i Democratici dicono: «Non ci importa di te. Siamo il partito di Wall Street e dei ricchi professionisti. Abbiamo star di Hollywood ai nostri eventi e chi se ne frega di te», voteranno per il ragazzo che dice: «Mi piaci, mi comporto come te. Odio l’élite». Voteranno per quel ragazzo anche se non sta facendo nulla per loro e, infatti, se li fotte.

Se vuoi dare un’occhiata a questi Repubblicani che affermano di essere a favore della classe operaia, guarda per cosa votano. Guarda come hanno approvato l’unico risultato legislativo dell’amministrazione Trump: la truffa fiscale, che ha dato un’enorme quantità di denaro ai più ricchi e sta pugnalando alle spalle la classe operaia. Così come hanno approvato il fatto che il programma Cares venisse amministrato in modo che i fondi vadano alle banche, che poi decidono come distribuirli e li danno ai loro ricchi clienti. Dai un’occhiata alle azioni legislative concrete. È molto facile alzarsi e dire: «Sono per i lavoratori», sai?» Forse la gente dirà: «Be’, almeno dice che gli piacciamo».

Le persone votano solo per frustrazione, se votano. Ricorda, quasi la metà della popolazione non si è nemmeno preoccupata di farlo. Quindi, a meno che non ci sia un’alternativa costruttiva, le persone non si uniranno a un movimento. Tuttavia, durante la campagna di Sanders, la maggior parte dei commentatori liberal ha affermato: «Le sue proposte sono molto buone. Ma sono troppo radicali per il popolo statunitense».

Quali proposte sono troppo radicali? Dai un’occhiata ai programmi di Sanders: il migliore era l’assistenza medica universale. Conosci qualche altro paese che non dispone di cure mediche universali? Uno dei principali corrispondenti del Financial Times, Rana Foroohar, ha scritto un articolo in cui, scherzando, ha detto che se Sanders fosse in Germania, potrebbe partecipare al programma democristiano, il partito di destra. Ovviamente sono a favore dell’assistenza sanitaria universale: chi non lo è?

L’altra proposta era l’istruzione superiore gratuita. Di nuovo, la trovi quasi ovunque e nei paesi più performanti: Finlandia, Europa, Messico, è dappertutto. È troppo radicale per il popolo statunitense? Voglio dire, questo è un insulto per la popolazione degli Usa, che proviene dalla sinistra dello spettro mainstream. Bene, la sinistra – la sinistra autentica – dovrebbe essere in grado di sfondare e dire che Sanders ha programmi che non avrebbero sorpreso molto [Dwight] Eisenhower.

Eisenhower era fortemente a favore del New Deal. La sua posizione era che chiunque mettesse in discussione il New Deal non apparteneva al sistema politico statunitense. Durante gli anni neoliberisti, le cose si sono spostate così tanto a destra a livello delle élite – a livello di potere – che è difficile ricordare cosa fosse normale non molto tempo prima. La sinistra può raggiungere le persone rianimando il movimento operaio, trasformandosi nel partito del lavoro, spingendo la parte liberale del Partito democratico verso fini moderatamente socialdemocratici, in particolare su cose come il clima.

Dovrei citare anche la questione delle armi nucleari. Non se ne parla. È una grave minaccia per la nostra esistenza. La minaccia sta aumentando enormemente. Uno dei tanti crimini di Trump è stato quello di smantellare l’intero sistema di controllo degli armamenti e avviare iniziative per la creazione di nuovi sistemi di armi molto pericolosi: tali mosse devono essere terminate rapidamente, o finiremo in guai seri. Dobbiamo riunire la sinistra su questi temi. Puoi differire su altre cose, ma ci sono alcune cose importanti che sono semplicemente essenziali – letteralmente – per la sopravvivenza umana.

Siamo tutti d’accordo sul fatto che il cambiamento climatico sia una minaccia alla sopravvicenza, ma sembra proprio che non saremo in grado di risolvere veramente il problema climatico finché non andremo oltre il capitalismo in qualche modo che tradizionalmente chiamiamo socialismo. Credi sia ancora utile pensare al socialismo come a una sorta di orizzonte politico?

È utile, ma ci sono alcuni fatti che dobbiamo ricordare. Uno di questi è la tempistica. Abbiamo un decennio o due per affrontare con decisione la crisi ambientale. Non rovesceremo il capitalismo in un paio di decenni. Puoi continuare a lavorare per il socialismo, ma devi riconoscere che la soluzione alla crisi climatica dovrà arrivare in una sorta di sistema capitalista irreggimentato, non nel sistema neoliberista.

Ci sono vari tipi di capitalismo. Quindi, bisogna tornare al periodo pre-neoliberista – questo periodo del cosiddetto capitalismo irreggimentato – e all’interno di quel quadro di serio controllo del governo sugli eccessi distruttivi del capitalismo, hai la possibilità di procedere.

Nel frattempo, dovremmo fare esattamente quello che hai detto, cercando di minare il capitalismo. Prendi il male fondamentale del capitalismo, che è sempre stato compreso dai socialisti tradizionali, vale a dire il fatto che devi avere un lavoro. Consideriamo avere un lavoro una cosa meravigliosa. I lavoratori all’inizio della rivoluzione industriale lo consideravano un’oscenità, un attacco fondamentale ai diritti umani e alla dignità essenziali. Ora, quella era una posizione così forte che era uno slogan del Partito repubblicano sotto Lincoln: il lavoro salariato differisce dalla schiavitù solo in quanto è temporaneo, finché non puoi diventare una persona libera.

Ebbene, la libertà può essere attuata dal controllo operaio delle imprese. Puoi ottenerla in un solo passaggio, come nelle imprese di proprietà dei lavoratori, che stanno proliferando, ma puoi ottenerlo anche in una serie di passaggi, come le proposte di [Elizabeth] Warren e Sanders per la rappresentanza dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle aziende.

La rappresentanza dei lavoratori non è molto radicale. La Germania ce l’ha – ed è un paese conservatore – ma è un passo avanti. Puoi andare oltre con un’effettiva azione diretta sul campo, ad esempio creando imprese di proprietà dei lavoratori, per cambiare il modo in cui funziona il sistema capitalista.

Se introduci una tassa sul carbonio, non farlo come hanno fatto in Francia, che ha portato al movimento dei gilet gialli. Una tassa sul carbonio progettata per colpire la classe operaia porterà a una rivolta. Puoi avere una tassa sul carbonio in cui le entrate vengono restituite al pubblico in modo progressivo, quindi a vantaggio della classe operaia. Sì, paghi un po’ di più per la benzina, ma in cambio ottieni di più.

Stessa cosa con l’assistenza sanitaria. Risparmi un’enorme quantità di denaro con un sistema sanitario universale, ma pagherai tasse più alte. Questi sono i test per la sinistra: educativa, organizzata, attivista. Penso ci sia una vasta gamma di opportunità disponibili. Ma non è sufficiente sapere cosa fare: devi farlo.

Come fai a rimanere ottimista sul fatto che possiamo lottare con successo per un cambiamento reale a vantaggio della gente comune?

Bene, un modo semplice è guardare quello che vedo sullo schermo: persone impegnate a lottare per un mondo migliore. E ci sono un sacco di persone come te. Non posso fare molto di più – sto diventando troppo vecchio – ma ho viaggiato in alcune delle aree più povere e depresse del mondo: Laos, Colombia meridionale, aree curde in Turchia, campi profughi palestinesi, i posti più miserabili che puoi trovare. Molte persone sono ottimiste. Non si arrendono in condizioni relativamente peggiori delle nostre. Abbiamo opportunità che loro non possono sognare. Non si arrendono e stanno lottando.

Vai in una povera comunità rurale in Colombia, a poche ore dall’autostrada. Arrivi alla comunità e la prima cosa che vedi è un piccolo cimitero con tombe, croci bianche, per le persone che sono state uccise nell’ultimo attacco paramilitare. Entra in città: «Benvenuti, mangiate». Vai a una riunione e stanno parlando di come salvare la montagna accanto a loro da predatori imprenditoriali che distruggeranno le scorta d’acqua.

Ma stanno lottando ottimisticamente. E quando vedi gente così ovunque – anche qui – come non condividere il loro ottimismo, con tutti i nostri privilegi e vantaggi?

Noam Chomsky è professore emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology. Haymarket Books ha recentemente pubblicato le nuove edizioni di dodici dei suoi classici. Ana Kasparian e Nando Vila conducono Weekends.

Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

15/6/2021 https://jacobinitalia.it

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