La scuola delle diseguaglianze

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Il 26 dicembre il ministro dell’istruzione Fioramonti si è dimesso, come annunciato nei mesi scorsi ,
perchè al suo ministero non sono stati assegnati i fondi da lui richiesti. Atto di protesta, prova di coerenza
personale.È stato sostituito da ben due ministri, distinti per scuola ed università. Sarebbe riduttivo,
tuttavia, centrare la discussione sulle risorse economiche. L’Italia è il paese dell’UE che spende meno per
l’istruzione, ma il problema è più complesso. Dalla fine degli anni ’90, il nostro sistema scolastico, nel
tentativo di ammodernamento, è stato sottoposto a una profonda trasformazione. Certo, aumentare gli
stipendi ai lavoratori della scuola, rinnovare i contratti, stabilizzare i precari, stanziare fondi per l’edilizia
scolastica ,sono alcuni dei provvedimenti necessari ma non sufficienti ad assicurare buona salute alla
scuola.

Negli scorsi decenni sono stati modificati obiettivi, contenuti, programmi metodi, è cambiata la stessa
struttura del sistema – scuola, in un modo così radicale renderla irriconoscibile.
In un crescendo di burocratizzazione, alla scuola sono state attribuite funzioni e ruoli sempre più distanti
dal modello “tradizionale” di luogo di formazione ed istruzione. Oggi le istituzioni sono organizzate come
aziende con obblighi formali molto stringenti che investono, a cascata , in varia misura, tutti i lavoratori e
gli “ utenti “ ( vengono definite così le famiglie ) della scuola, condizionando qualunque scelta o
decisione. L’apparente libertà d’iniziativa propagandata dai sostenitori dell’autonomia scolastica si traduce
in realtà in una trappola paralizzante , fatta di prescrizioni, procedure, controlli per ogni atto, dagli
acquisti alle uscite didattiche. Al dirigente-manager e ai docenti, al personale amministrativo, agli
operatori scolastici si assegnano responsabilità enormi ( anche penali ) in materia di sicurezza, di bilancio,
di privacy, di regolarità fiscali. Mentre,in virtù della digitalizzazione, si abolisce la carta, si moltiplicano
piattaforme, documentazioni, rendicontazioni, piani di offerta formativa e di miglioramento..un lessico
aziendale, da fornitori di prodotti da esporre in vetrine virtuali e fisiche ( gli open day ), in un regime di
concorrenza tra scuole.

Si registra un sorprendente e dilagante interesse per la scuola: i supermercati propongono raccolte punti
per “donare” materiale di consumo, produttori di merendine confezionano progetti di educazione
alimentare, case editrici, fondazioni, associazioni, banche, tutti hanno qualche proposta per le scuole di
ogni ordine e grado. Per farsi pubblicità, per fidelizzare i clienti, per influenzare i giovani, per prepararli
ad essere lavoratori funzionali al sistema o per nobiltà d’animo ed amore per la crescita culturale del paese?

La scuola sembra un po’ un’orfana alla quale si lascia qualche contributo, magari non proprio
disinteressato…La questione di fondo è questa: negli ultimi vent’anni lo Stato ha progressivamente ritirato
il suo impegno diretto per la scuola, cambiando criteri di gestione e di finanziamento, creando un terreno
per l’intervento dei privati , svuotando il carattere pubblico della scuola. L’apoteosi di questo processo è
nella legge 107 , la “buona scuola” di Renzi, di stampo prettamente liberista .

Il ruolo primario del docente , la didattica, l’insegnamento, non è più centrale. Una scuola competitiva
deve offrire progetti, percorsi approfondimenti di varia natura, cogliere le opportunità e le proposte del
territorio, partecipare a bandi, concorsi, collaborare con le associazioni. Tutto interessante, forse però
eccessivo, almeno questa è la valutazione che in genere danno gli insegnanti. È diffusa la sensazione di
sovraccarico, di malessere. Lo stesso vale per il dirigente scolastico, ex direttore ( o preside ) per il quale
si è semplicemente invertita la proporzione tra funzione dirigenziale e didattica, ridotta, quest’ultima ai
minimi termini.
La scuola, sempre meno “pubblica” è sempre più diseguale. Le diseguaglianze sono di varia natura. In
generale, al sud mancano le scuole dell’infanzia ( ed in Veneto, ad esempio, sono quasi tutte paritarie ) il
tempo pieno nella primaria è molto meno diffuso, le strutture sono inadeguate un po’ dappertutto. In molti
comuni mancano i servizi accessori (mensa, scuolabus , scuola estiva ).

Queste differenze sono probabilmente imputabili alle condizioni socio economiche dei territori,alle
croniche diverse velocità di sviluppo delle regioni italiane. Ma le scuole sono diverse tra loro perchè
esistono piani di offerta formativa diversi, elaborati sulla base di indicazioni nazionali e traguardi di
competenze. Il funzionamento delle scuole è oggi garantito da un fondo d’istituto che deve coprire spese
di vario genere, e che spesso risulta insufficiente, tanto da costringere le scuole a chiedere ai genitori un
contributo “ volontario “per l’ampliamento dell’offerta formativa . Ne consegue che scuole in contesti più
agiati potranno fornire agli studenti maggiori opportunità, dalle mete per le uscite didattiche alle attività
ricreative. Le istituzioni scolastiche si trovano quindi a dover accettare le proposte dei privati, dal
momento che lo Stato non ha affatto rinunciato alla funzione valutativa delle singole istituzioni, alle quali vengono richieste rendicontazioni e rapporti di autovalutazione.

Vale la pensa ricordare che uno dei punti più pericolosi ( e più contestati ) della legge 107 riguarda il
merito: scuole , docenti, studenti devono “meritare”, essere competitivi . Si pensi alle prove Invalsi,
quanto meno discutibili, inutili per gli studenti e imbarazzanti per le scuole.
Quanta energia viene sottratta alle scuole dallo sforzo di competizione, per accaparrarsi più studenti (quindi maggiori risorse ), per ottenere elevati risultati nei test Invalsi, per inseguire i progetti , elaborare
percorsi , costruire competenze ( e i contenuti ? ) , controllare le strutture , rispettare la privacy,
assecondare le richieste dei genitori, far funzionare tutto con organico insufficiente , organizzare bandi di
gara per acquisti di materiali, per le uscite,documentare, registrare ?

Un’impresa titanica. E quale potrà essere il destino della scuola pubblica, se non la progressiva scomparsa in favore della scuola privata ? Una scuola pubblica e povera per i poveri, ed una privata per chi se la può permettere, che garantirà migliori opportunità lavorative e di vita.

Loretta Deluca

InsegnanteTorino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Articolo pubblicato sul numero di gennaio www.lavoroesalute.org

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