La seconda Nakba

Mentre l’invasione di terra incombe, gli abitanti di Gaza si preparano a nuove morti e sfollamenti. Si tratta di una tragica ripetizione degli orrori del passato

Venerdì scorso Israele ha ordinato a oltre un milione di palestinesi nel nord di Gaza di evacuare immediatamente le proprie case. Dando ascolto all’avvertimento, settanta palestinesi si sono imbarcati su un convoglio in fuga diretto nel sud di Gaza. Pochi minuti dopo, un attacco aereo israeliano ha colpito la carovana civile con agghiacciante precisione, uccidendo tutti.

L’accaduto ha fatto rabbrividire i residenti del minuscolo pezzo di terra pesantemente assediato e conosciuto come il più grande campo profughi del mondo, che si ritrovano intrappolati in una fossa mortale senza speranza di fuga. Israele ha bombardato località nel sud di Gaza, dove ha detto ai civili di trasferirsi, tra cui Deir al-Balah, Khan Yunis e Rafah.

Domenica, secondo il ministero della sanità palestinese, i due milioni di residenti di Gaza hanno vissuto il giorno più mortale della guerra, con oltre trecento palestinesi uccisi. Finora, gli attacchi aerei israeliani a Gaza hanno raggiunto l’incredibile cifra di 2.800 vittime tra i palestinesi, tra cui almeno 800 bambini, e ne hanno ferito quasi altri 11 mila. La stragrande maggioranza erano civili. Israele ammette di aver ucciso solo sei alti dirigenti di Hamas, mentre i corpi dei bambini morti sono sparsi per le strade e sotto le macerie.

Mentre si prepara a una potenziale invasione di terra, Israele continua a intimare ai palestinesi al nord di Gaza di andarsene. Israele ha già cacciato dalle loro case oltre un milione di palestinesi di Gaza – metà della popolazione – nell’ultima settimana. Molti abitanti di Gaza temono che la partenza equivarrebbe a una seconda Nakba, la prima è stata l’espulsione di massa dei palestinesi da parte di Israele nel 1948, quando circa 750 mila palestinesi furono costretti a fuggire dalle loro case e diventare rifugiati permanenti, con 250 mila sradicati che fuggirono a Gaza.

L’esercito israeliano ha persino emesso avvisi di evacuazione per gli ospedali sovraffollati di civili feriti, compreso l’ospedale kuwaitiano nel centro di Rafah. Le organizzazioni per i diritti umani hanno definito gli ordini di ricollocazione di Israele un trasferimento forzato di popolazione che equivale a un crimine di guerra.

«Siamo particolarmente preoccupati per l’impatto devastante sulle 50 mila donne incinte a Gaza in questo momento e sui neonati, che sono tutti senza cure mediche essenziali e senza la sicurezza che meritano mentre fanno la scelta impossibile di fuggire senza alcuna garanzia di sicurezza o di restare, a rischio di morte quasi certa», ha detto Riham Jafari di ActionAid Palestine.

Ma la prospettiva di restare è altrettanto terrificante: Al Jazeera riferisce che Israele uccide un palestinese a Gaza ogni cinque minuti. Le forze israeliane hanno massacrato intere famiglie e spazzato via interi quartieri. Nella sua brutale campagna di bombardamenti per «spianare» la strada a un’invasione di terra, Israele ha quasi raso al suolo Gaza. Ha effettuato uno dei peggiori attacchi indiscriminati contro i civili mai registrati, bombardando quartieri urbani, torri ed edifici residenziali, scuole, ospedali e sedi dell’Agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e il lavoro (Unrwa). I campi profughi – Deir al-Balah, Khan Yunis, Jabalia – sono diventati luogo di massacri. L’Unrwa sostiene che Israele ha bombardato la sua scuola a Gaza, uccidendo undici dipendenti delle Nazioni unite e trenta studenti. Molti ospedali sono stati bombardati e danneggiati irreparabilmente.

Le storie agghiaccianti dei sopravvissuti abbondano. Fulla al-Laham, una bambina di quattro anni ferita, si è svegliata in ospedale per ritrovarsi unica sopravvissuta a un attacco aereo israeliano che aveva ucciso i suoi genitori, fratelli e parenti. Un altro sopravvissuto ha scoperto, con orrore, che dei duecento residenti del suo edificio raso al suolo, solo otto erano sopravvissuti, tutti gravemente feriti.

Le strade di Gaza, piene di macerie e puzzolenti di sangue, sono attraversate da sopravvissuti con il cuore spezzato. Un video mostra una donna palestinese che piange per la perdita di venti membri della sua famiglia. Un altro video mostra Jamal al-Durra, il cui figlio Muhammad al-Durrah è stato ucciso in grembo dai soldati israeliani durante la seconda intifada, mentre dice addio ai membri della famiglia uccisi dagli attacchi aerei israeliani.

Gaza è diventata un enorme cimitero all’interno del quale i cimiteri si sono rapidamente riempiti. Le famiglie in lutto lottano per seppellire i loro morti in cimiteri informali scavati in lotti vuoti sotto implacabili attacchi aerei e con un assedio sempre più intenso. Molti finiscono in fosse comuni. Altri vengono tenuti nei camioncini dei gelati. Mille corpi restano sepolti sotto le macerie.

Sostenuto da armi e munizioni statunitensi, Israele ha sganciato oltre diecimila bombe su Gaza in appena una settimana, il doppio di quelle sganciate dagli Stati uniti in Afghanistan in un anno e, secondo fonti Onu, l’equivalente di un quarto di una bomba nucleare. Le organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, hanno confermato che Israele ha utilizzato il fosforo bianco contro i civili, bruciando persone e case in aree urbane sovraffollate.

Raddoppiando la punizione collettiva dei palestinesi, Israele continua a privare i civili di Gaza di cibo, acqua, carburante e medicine, suscitando il timore di una fame di massa. Gli aiuti umanitari sono vietati, gli ospedali sono sopraffatti dalle vittime. Israele sembra ansioso di portare a termine la missione genocida pronunciata dal suo ministro della Difesa, Yoav Gallant: «Gaza non tornerà mai più a quello che era».

La storia si sta ripetendo. L’invasione di terra da parte di Israele incombe, gli abitanti di Gaza si preparano a nuove morti e sfollamenti di civili e a una tragica ripetizione degli orrori del passato: settantacinque anni dopo la Nakba, i discendenti dei 250.000 rifugiati palestinesi sopravvissuti alla pulizia etnica e fuggiti a Gaza ora si trovano ad affrontare un destino simile ad opera di Israele.

Seraj Assi è uno scrittore palestinese. Vive a Washington, DC e ha scritto My Life As An Alien (Tartarus Press). Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

17/10/2023 https://jacobinitalia.it

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