La Solitudine degli Eroi

Bisogna rileggere le poesie di Ungaretti per capire quello che hanno provato gli operatori sanitari in prima linea nell’affrontare questa tragica epidemia da COVID-19: una battaglia contro una malattia sconosciuta e il confronto costante con la morte in un senso di profonda solitudine e abbandono[1, 2]. Unico conforto i propri “Fratelli”, gli altri professionisti clinici. Non a caso sono state utilizzate in questi mesi innumerevoli espressioni legate alla guerra: “Soldati mandati al fronte a mani nude”, “In trincea a combattere a rischio della vita”, “Chiamata alle armi”, “Lottare contro un nemico subdolo”, “Eroi!”. Anche usate dagli stessi professionisti[3-7]. Il vissuto di solitudine e abbandono appare infatti come una sorta di filo conduttore di quasi tutte le testimonianze del personale in prima linea (medici, infermieri, fisioterapisti, tecnici, ostetriche, assistenti sanitari, OSS) e in tutti i setting (ospedale, territorio, RSA)[5-17]. Il senso di abbandono ha riguardato diversi aspetti: la gestione clinica dei pazienti, le scelte legate al non poter curare tutti, l’impatto emotivo, la mancata protezione del personale dall’infezione. Questo articolo si concentra ad analizzare l’ultimo punto.

La mancata protezione 

Claudio Beltramello

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7/5/2020

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