La spregiudicatezza di Giuseppe Conte sul condono per distruggere il territorio

DECIMA BOLGIA, OTTAVO CERCHIO

E’ stato particolarmente rivelatore lo sguardo diretto in camera con cui, ancora ieri, Giuseppe Conte ha provato a negare la verità. Negare all’infinito un provvedimento da lui stesso voluto per cercare un’assoluzione impossibile. Ha fatto tornare alla mente la strategia grottesca e suicida del presidente Clinton all’epoca dello scandalo Lewinsky, solo che in quel caso si trattava di negare un’infedeltà coniugale, mentre nel caso del nostro si tratta di rimuovere una responsabilità legata a una tragedia ambientale con vittime umane.

La protervia del Conte di oggi rivela tutta la sua spregiudicatezza, alla faccia dei principi di onestà che stanno alla base del percorso di rinascita della politica voluta dal suo movimento e da lui stesso. L’avvocato del popolo sta dimostrando quali possono essere le insidie ipocrite della strategia populista in mano ad apprendisti stregoni. Oggi con la vittoria “sindacale” ottenuta alle ultime politiche intorno alla difesa del reddito di cittadinanza si dispone a incrociare le spade con Bonaccini per l’egemonia nel centro sinistra, ma ieri con tutta evidenza era disponibile, per plasmare il suo popolo, per presentarsi come il vero rappresentante dei suoi valori, a suonare una tastiera ben più ampia. Ampia sino a comprendere gli interessi più biechi e inveterati di questo Paese, quelli sintetizzabili nelle logiche del condono.

Conte nel 2018 fu in grado di riesumare in pieno la cultura della governabilità modernizzatrice, quella contraria a lacci e lacciuoli, incarnata dal famigerato duo Craxi e Nicolazzi. E’ stata la stessa Legambiente per bocca del suo presidente Ciafani a dire parole di verità su questo dopo il disastro di Ischia. Il condono voluto da Conte c’è stato ed è rintracciabile nell’ultima frase del primo comma dell’articolo 25 del cosiddetto decreto Genova. Quella frase stabilì che le pratiche di sanatoria inevase fino ad allora venissero giudicate in base al condono Craxi del 1985.

Ci fu chi provò ad opporsi a quella norma gravida di conseguenze e ne pagò le conseguenze politicamente o semplicemente venne ignorato. Paola Nugnes, allora parlamentare del M5S, venne letteralmente accerchiata dai suoi compagni per evitare che potesse presentare un emendamento soppressorio. Gregorio de Falco dovette lasciare il movimento per la sua contrarietà. Un segnale non da poco per chi volesse incominciare a tracciare un bilancio della cultura politica espressa nel tempo dai cinque stelle. Le associazioni, i rappresentanti dei costruttori, dei lavoratori edili, dei comuni colpiti dal sisma, degli architetti e dei geologi e degli studenti, che tentarono un’offensiva democratica per non vedere quella norma approvata sperimentarono la loro trasparenza di fronte alla scelta finale di Conte.

La faccia di bronzo dell’ex Presidente del Consiglio rappresenta plasticamente dunque due nodi irrisolti. Il primo riguarda la perdurante impossibilità di fare i conti con le derive delle culture politiche, sino al punto di non riuscire mai a riconnettere le parole ai fatti, in un contesto mediatico che finisce per replicare  il bisogno perpetuo di nuove risposte populiste. Il secondo riguarda la costruzione di risposte politiche credibili in grado di interrompere tale avvitamento. Risposte in grado, ad esempio, di incrociare la disponibilità di quei soggetti variegati e ancora determinati, di quel popolo, che a Conte aveva chiesto udienza inascoltata prima che il condono passasse. Un cimento, credo, per Unione Popolare.

Alberto Deambrogio

Segretario regionale del Piemonte di Rifondazione Comunista

29/11/2022

————————————————————-

Un’intervista a Gregorio De Falco sul Corriere della Sera

«Mi opposi a quel condono: così fui espulso dal M5S»

L’ex senatore De Falco: ho casa sull’isola e conosco la sua fragilità, l’abusivismo è concausa della tragedia

Corriere della Sera 30 Nov 2022 Virginia Piccolillo

Gregorio De Falco, lei venne espulso dai Cinque Stelle perché era contrario al condono di Giuseppe Conte su Ischia?

«Di più. A causa della mia contrarietà a quel provvedimento, contro il quale avevo presentato un emendamento di modifica, sono stato espulso dal M5S con la motivazione di non aver sostenuto il governo e poi dal gruppo parlamentare su indicazione di un ministro, il capo del M5S Luigi Di Maio».

Cosa voleva modificare?

«Chiedevo di abolire il “richiamo esclusivo” alla legge 47/85 Craxi-Nicolazzi che ha aperto una vera e propria autostrada per i condoni. Le due leggi di condono successive erano meno permissive. Ma dopo il condono Conte si è obbligati ad applicare non quelle ma la norma che aveva maglie più larghe per l’abusivismo».

Conte dice che non è un nuovo condono. Ha torto?

«Sì, perché è vero che la norma già esisteva. Ma il condono è nuovo. La legge CraxiNicolazzi era stata in parte superata. Dire che bisogna seguire una legge vecchia, che in parte non esiste più, è come vararla di nuovo. Come se, surrettiziamente, avessimo riaperto i termini per il condono. A Ischia lo sanno».

Chi lo sa?

«I cittadini. A differenza di Conte (che si mostra contrario a un condono da lui stesso varato) loro la norma l’hanno studiata e ne hanno tratto l’aspettativa di nuove sanatorie. E infatti dopo il condono hanno costruito tanto».

Come lo sa?

«La mia famiglia è di Ischia. Ho ancora la casa di mio nonno a Ferrara Fontana. Sul versante opposto alla grande frana. Anche se una piccola c’è stata anche lì. Ischia è un vulcano, è lava consolidata in tufo, friabile. Si è visto».

Vuole dire che la tragedia è colpa del condono?

«Le case, ancorché abusive, non hanno prodotto la frana. Ma il fatto che fossero lì è stata una concausa della tragedia».

Casamicciola va spostata?

«È storicamente una zona in cui si verificano questi fenomeni. Poiché non si può pensare di spostare tutta Casamicciola vanno fatti piani di contingenza sulla base della valutazione concreta del rischio ed eventuali piani di evacuazione».

Quel condono va abolito?

«È nato per sanare piccole irregolarità e consentire che lo Stato finanziasse in edifici senza abusi la ricostruzione post sisma. Ma va tolto quel riferimento alla vecchia legge.

In modo da ripristinare controlli mirati zona per zona. Poi toglierei un’altra parte del decreto che non riguarda Ischia: quella che ha elevato la soglia per l’uso di fanghi di depurazione in agricoltura: ora mangiamo ortaggi meno sani»

Lottò da solo nel M5S?

«No, almeno dieci si alzarono e se ne andarono al momento del voto».

Si volta mai indietro?

«Il M5S aveva scopi condivisibili. Purtroppo traditi da chi ha occupato il potere per fini personali. Io sono tornato al mio lavoro, alla Capitaneria di Porto di Napoli».

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *