La zona grigia della crisi covid

Confesso che il mio iniziale proposito era quello di fare pubblica ammenda e, per quanto possibile, recuperare una vistosa lacuna contenuta in un recente articolo[1] relativo a ciò che Ezio Mauro definì “la zona grigia del riduzionismo”; cioè l’opera di sistematica disinformazione volta ad accreditare la tesi secondo la quale il fascismo avrebbe prodotto, almeno nella sua fase iniziale, alcune <cose buone>. Avrei proceduto, quindi, ad ampliare la lista dei divulgatori di <bufale> revisioniste aggiungendo ai già noti (e meno noti) politici e giornalisti del centrodestra, alcuni esponenti della sinistra o, per meglio dire, della sedicente tale: a partire da Luciano Violante[2] e fino a Giampaolo Pansa.

Non avevo previsto, però, le novità che hanno preceduto e seguito la famosa “fase2”; già fonte di numerose ed interessanti considerazioni.

In questo senso, riconosco di essere rimasto particolarmente colpito da tre articoli, tutti a cura di Giuliano Cazzola (già dirigente sindacale della Cgil, deputato del PdL e docente di Diritto del lavoro); succedutisi da fine aprile ai primi giorni di maggio.

Nel primo[3] della serie, l’ex socialista (successivamente convertitosi sulla via di Arcore) si esercitava nell’elencare una serie di “prerogative che la Legge fondamentale riconosce ai cittadini” sostanzialmente “sospese, da più di due mesi”, in osservanza delle misure governative “adottate per il contenimento dell’epidemia (perché non pandemia, come più correttamente andrebbe definita?) del Covid-19”.  

A suo parere, quindi, i provvedimenti adottati dal premier Conte, attraverso il reiterato ricorso a “fonti normative di carattere secondario” (i Dpcm), avevano finito con il trasformare il diritto alla salute in un diritto <tiranno>!

Tiranno perché, in ossequio al diritto di tutela della salute – anch’esso <mutilato>[4] – di cui all’art. 32 della Costituzione – era stato “esautorato il Parlamento” e sacrificati, in particolare: “l’esercizio della giurisdizione, il diritto alla mobilità, il diritto di culto, il diritto al lavoro e la libertà d’impresa”.

Procedendo, tra l’altro, all’imposizione di un <pensiero unico>, avallato e sostenuto dai diversi mezzi d’informazione, reo di indurre la popolazione all’assuefazione e disponibile a subire lo sconvolgimento della vita delle famiglie, delle persone e dell’economia.

Senza dimenticare “i medici e il personale sanitario caduti in questa battaglia perché mandati, disarmati, al massacro”.

Quanto di vero, in siffatta rappresentazione? Innanzi tutto, relativamente all’immane sacrificio – anche in termini di vite umane – cui sono stati sottoposti medici e personale sanitario, di ogni ordine e grado, le responsabilità, piuttosto che a carico del Premier, come lascerebbe intendere Cazzola, andrebbero, invece, ricercate tra quei “Governatori” che, al Nord[5] come al Sud, nel corso degli ultimi 15/20 anni, hanno adottato politiche in materia di sanità – demandata dallo Stato centrale alle singole Regioni – tese a privilegiare le strutture private, in termini di siti e di prestazioni, rispetto alle pubbliche.

Per quanto attiene, invece, all’eccessivo ricorso allo strumento dei Dpcm, non si può non concordare con Cazzola. Anche qui, però, è necessario operare qualche precisazione di merito.

A questo riguardo, appare legittimo interrogarsi circa la liceità degli strumenti giuridici cui è ricorso il Presidente del Consiglio per cercare di fare fronte e limitare il diffondersi del Corona-virus; senza mai dimenticare, però, l’esigenza di ricorrere, con immediatezza, all’opera di contenimento della pandemia.

All’uopo, è opportuno richiamare un interessante articolo a cura di Luca Lorenzo[6], esperto di Diritto costituzionale, nel quale l’autore rileva che, anche se i primi Dpcm[7] furono emanati ai sensi del decreto legge 23 febbraio 2020, numero 6 (convertito in legge 5 marzo 2020, numero 13), “rappresentavano, comunque, per la loro natura, atti non sottoposti né alla firma del Capo dello Stato (come per i decreti legge) né ad alcun passaggio parlamentare (come avviene quando un decreto legge viene convertito in legge)”.

Lo stesso Lorenzo ritiene, però, sia lecito porre “una linea di demarcazione piuttosto netta tra i DPCM emanati sulla base del decreto legge 6/20 e quelli emanati successivamente al decreto legge 25 marzo 2020, numero 19” in virtù (anche) del fatto che il secondo prevede che “su proposta del Ministro della Salute o dei Presidenti delle Regioni, il Presidente del Consiglio può adottare, tramite proprio decreto, una o più tra le misure restrittive”.

Tra l’altro, il nuovo decreto legge – a differenza del precedente, che non precisava previamente quali misure potessero essere prese attraverso lo strumento del DPCM – “definisce le misure limitative che possono essere disposte, nei casi specifici, tramite DPCM”. Un ulteriore elemento di maggiore garanzia, secondo il parere di Luca Lorenzo, è “la trasformazione delle sanzioni per il mancato rispetto delle limitazioni da misure penali a misure amministrative e che ciò valga retroattivamente anche per le sanzioni già comminate” – in ossequio alle disposizioni previste dai DPCM antecedenti il decreto legislativo19/2020 – “come misure penali”.

Luca Lorenzo conclude affermando: “Certamente con l’emanazione del decreto legge 19/2020 i DPCM sembrano orientati ad un maggiore rispetto del dettato costituzionale e al coinvolgimento di più organi costituzionali, oltre che più conformi all’esplicitazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità.

Tutto ciò, però, va inserito nel suo giusto contesto e, soprattutto, merita di essere valutato anche rispetto ai risultati prodotti.

A mio parere, stendendo un velo pietoso sulla sciagurata e strumentale alternanza di richieste “stop and go” operate, quasi a giorni alterni, da parte della Meloni e di Salvini, resta essenziale interrogarsi circa gli effetti concreti prodotti dal susseguirsi dei provvedimenti adottati dal governo Conte.

In questo senso – contrariamente al pensiero di Cazzola che, commentando le parole di Mattia Feltri[8] in occasione del 25 aprile “Oggi c’è chi rischia la libertà per la vita” arrivò, addirittura, a sostenere “Quest’anno non ci siamo meritati la liberazione” – ritengo che il reiterato ricorso del governo Conte ai DPCM (in luogo di altri strumenti con forza di legge) può anche avere rappresentato – in termini formali – un eccesso di “personalismo” da parte del Premier e un mancato “bilanciamento” tra diritti costituzionali; ma ha costituito (però) in termini sostanziali, una risposta efficace e, soprattutto, tempestiva, al diffondersi della pandemia.

Non è cosa di poco conto in un’Italia nella quale, pur nel totale rispetto delle procedure formali, costituzionalmente riconosciute, sono state prodotte, nel corso degli ultimi anni, deplorevoli leggi “ad personam” e vergognose norme in nome della c.d. “sicurezza”!

Tra l’altro, è opportuno tenere presente che non pochi paesi europei, tra cui Francia, Spagna, Germania e, con notevole ritardo, Inghilterra, hanno adottato – successivamente all’Italia – gli stessi provvedimenti predisposti dal governo Conte.

Inoltre, per concludere rispetto all’incerta costituzionalità del ricorso ai DPCM, a Sabino Cassese[9] – secondo il quale: “Non arriverei a dire che il governo calpesta la Costituzione, ma sicuramente l’ha un po’ dimenticata e messa da parte sin dall’inizio. L’ha un po’ stropicciata” – si associa Francesco Clementi[10], che così si esprime: “A oltre due mesi dalla dichiarazione di emergenza forse la scelta di un ulteriore dpcm, sanato da un dl, forse rischia di essere un modo inelegante per procedere, difficilmente da intendere se si invoca il principio di leale collaborazione. È un peccato non percorrere la strada del decreto legge”.

Detto questo, rilevo che l’incipit dell’articolo di Cazzola non è condivisibile perché, a mio giudizio, appare gratuito e, direi, di carattere strumentale.

Ritengo, infatti, che lo stesso – al solo fine di rafforzare la tesi secondo la quale il governo Conti avrebbe agito in uno stato di sostanziale illegalità – metta insieme, finendo con il “mischiare un po’ troppo le carte”, diritti costituzionali, precedenti sentenze della Corte di Cassazione (relative a tutt’altre questioni) e contenuti di un’intervista[11] rilasciata dall’attuale Presidentessa della Consulta.[12]

Relativamente alle precedenti sentenze della Corte, Cazzola ricorre a due sentenze[13] – che trattano la stessa questione[14] ma con esiti esattamente opposti – lasciando[15] intendere, a mio avviso, che i principi costituzionali di riferimento, ispiratori delle due vecchie sentenze (relative agli impianti dell’Ilva di Taranto) vadano, asetticamente e automaticamente, applicati alla gestione della vicenda Covid-19.

Tanto da condividere la tesi secondo la quale Conte abbia sbagliato nel ricorrere a una serie di provvedimenti tesi a privilegiare, in particolare sugli altri, il diritto alla salute.

Fino al punto di essere responsabile di aver trasformato l’art. 32[16] della nostra Carta costituzionale in un diritto <tiranno>”; mortificando altre prerogative riconosciute ai cittadini dalla Carta del 1948.

Tutto ciò, in sostanza, avrebbe potuto anche rappresentare solo un punto di vista, più o meno discutibile; ma il modo di presentarlo non depone a favore della chiarezza e, aggiungerei, dell’onestà intellettuale.

Tra l’altro, non appaia peregrino rilevare che, nel corso dell’intervista citata alla Nota 11, Marta Cartabia aveva (altresì) affermato: “I diritti alla persona non sono mai assoluti, ma devono essere sempre affermati tenendo conto dei diritti delle altre persone e anche degli interessi generali dell’intera collettività”.

Ergo, mi pare di potere concludere sottolineando che, nel privilegiare (da parte del governo Conte) il diritto alla salute collettiva, rispetto a diritti individuali di diversa natura (di mobilità, di culto, ecc.) – anche se attraverso il non sempre condivisibile ricorso a fonti normative di carattere secondario – abbia rappresentato, in definitiva, una scelta sufficientemente condivisibile; sostenuta dalla stragrande maggioranza dei nostri connazionali e tutt’altro che <tiranna>!

Personalmente, non sono mai stato un fan di Giuseppe Conte – e di nessuno dei governi da lui presieduti – devo però riconoscere che, di là delle insufficienze, dei ritardi e degli errori a lui addebitabili, sono lieto di non essermi ritrovato, in questa terribile fase pandemica, con un <navigato> Premier; attento solo a soddisfare esigenze politiche ed interessi di parte, con ben altra attenzione alla salute dell’intera collettività.


NOTE

  1  “La grande menzogna delle <cose buone> fatte dal fascismo”. Già pubblicato da “Micromegablog” e in via di pubblicazione sul mensile “LavoroeSalute”.

  2  Come non ricordare il passo relativo all’esigenza di “comprendere anche le ragioni dei giovani di Salò”, nel suo discorso di insediamento alla presidenza della Camera, il 10 maggio 1966

 3 Fonte: “Le misure di contenimento hanno trasformato il diritto alla salute in un diritto <tiranno>”; pubblicato da Huffingtonpost.it

 4  Così definito perché (a suo parere, ma non corrispondente alla realtà; almeno in molti presidi ospedalieri) risultavano sospese terapie ed interventi chirurgici necessari per altre tipologie

 5 I devastanti effetti, prodotti dal dilagare del Covi-19 in Regioni quali la Lombardia e il Piemonte rappresentano le inevitabili conseguenze di politiche sanitarie locali tese al sostanziale ridimensionamento delle strutture pubbliche a

 6  Fonte “Un approfondimento per interrogarsi sugli strumenti giuridici utilizzati in emergenza coronavirus e sulla loro adeguatezza rispetto al dettato costituzionale”; pubblicato da Altalex, in data 11 maggio 2020

 7  DPCM emanati, rispettivamente, in data 23 e 25 febbraio, 1 – 4 – 8 – 9 – 11 e 22 marzo 2020  

 8   Attuale Direttrice de “Huffingtonpost.it”

 9  Docente di Diritto amministrativo ed ex componente, dal 2005 al 2014, della corte Costituzionale

10 Docente di Diritto comparato presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Perugia

11 Fonte: intervista rilasciata a “La7”, in data 25 febbraio 2020

12 Marta Cartabia; in carica dal dicembre 2019

13 La numero 85 del 9 maggio 2013 e la numero 58 del 7 febbraio 2018

14 Relativa alla legittimità costituzionale di un articolo (relativo a due diversi decreti legge) in materia di “tutela della salute dei lavoratori, dell’ambiente e dei livelli occupazionali, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale”

15 Rispetto ai quali assolutamente nulla viene riportato

16 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività`, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana

Renato Fioretti
Esperto Diritti del Lavoro

Collaboratore redazionale del periodico cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

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