L’avvertimento del virus

Il virus ci parla. Ci dice che abbiamo bisogno di solidarietà, di generosità. Ci dice che l’austerità, la privatizzazione e il profitto sono criminali, soprattutto nella sanità. Ci dice anche che è possibile iniziare una riduzione radicale reale delle emissioni di gas serra, nell’ordine del 7% annuale, ad una condizione: produrre meno e trasportare meno.
Ovviamente, il virus non mostra alcun discernimento: riduce le emissioni alla cieca, sopprimendo vite, creando molta sofferenza, isolamento e angustia. Aumentano la disuguaglianza sociale e la precarietà. Con l’andare del tempo potremmo trovarci ad affrontare la penuria di beni di prima necessità, pertanto sarebbe assurdo o cinico rallegrarsi.
Sarebbe ancora più assurdo o cinico fare affidamento sul virus per ottenere la gigantesca riduzione di emissioni necessaria, anno dopo anno, secondo gli scienziati, affinché il riscaldamento globale non superi 1,5 gradi centigradi (-65% nella UE entro il 2030, -58% in tutto il mondo, -100% entro il 2050). Questa epidemia deve essere fermata il più presto possibile.
Tuttavia, l’azione del virus è più efficace di quella dei governi. Nonostante i negoziati che durano da 25 anni, le emissioni di CO2 sono del 60% maggiori oggi rispetto a quando si tenne il Summit della Terra nel 1992. Nonostante l’Accordo di Parigi, le misure assunte dai governi promettono un riscaldamento di 3,3 gradi centigradi: un livello doppio rispetto a quello che gli stessi governi avevano deciso di non superare!
Esposti al pericolo nei nostri luoghi di lavoro o confinati nelle nostre case, il virus ci invita a pensare e a liberare la nostra immaginazione per porre alcune domande. Per esempio:
Perché la riduzione alla cieca della produzione e del trasporto causata dal virus non potrebbe lasciare il posto ad una riduzione concordata e pianificata dalla società, iniziando dalle produzioni non necessarie e dannose?
Perché i lavoratori colpiti dall’eliminazione (totale o parziale) di queste produzioni inutili o dannose (armi, pubblicità, automobili private, plastiche ecc.) non possono mantenere i loro introiti e benefici? È possibile una riconversione collettiva in lavori di cura alle persone e agli ecosistemi, socialmente ed ecologicamente utili e personalmente gratificanti?
Perché una globalizzazione dettata dalla massimizzazione dei profitti nella “catena del valore” delle compagnie multinazionali non può essere sostituita da una generosa cooperazione non coloniale, basata sulla giustizia sociale e climatica, sulla libertà di movimento e di residenza delle persone e sulla sovranità alimentare?
Perché l’agrobusiness che distrugge la biodiversità e la salute, favorendo la propagazione di virus [1] non può essere sostituito da un’agroecologia migliore per la salute umana e per la biodiversità?
Perché il centro di gravità della società non può passare dalla sfera della produzione di beni alla sfera della “cura” agli umani ed ai non umani?
Perché non possiamo produrre meno, trasportare meno e condividere di più, condividere ricchezza, conoscenza, lavoro necessario e… condividere tempo, questa preziosa risorsa, tra tutti?

L’argomento dei politici che non fanno nulla per salvare il clima è sempre lo stesso: “Vorremmo, però la gente non vuole cambiare il suo comportamento consumista”. Al contrario, la risposta all’epidemia dimostra che, se bene informate del pericolo, le popolazioni accettano cambiamenti significativi del loro modo di vivere.
Essa ci mostra anche che a non volere cambiare, in realtà, sono i responsabili dell’economia, della finanza e gli azionisti delle grandi imprese; anche durante un’epidemia, vogliono continuare a produrre sempre di più, a costi minori, per ottenere il massimo profitto, senza tenere conto della salute dei lavoratori né di quella della popolazione.
Il virus ci dice che i governi sono al servizio di questa politica: benché vi sia un’emergenza sanitaria, si rifiutano di sospendere l’attività in settori non vitali; mentre il settore della salute ha bisogno di essere rifinanziato, aiutano le banche [2]; sebbene vi sia bisogno di più solidarietà, continuano a tormentare coloro che dipendono dagli affitti sociali, le persone senza casa, i migranti, i pensionati; sebbene vi sia bisogno di più democrazia e più partecipazione per vincere l’epidemia, si attribuiscono poteri speciali…
Le innumerevoli iniziative di base per aiutare le persone senza casa, gli sfavoriti, gli anziani, i senza documenti, per sostenere i lavoratori della sanità, gli scioperi per fermare le imprese non vitali ecc., dimostrano che un’altra politica è possibile; una politica di autodisciplina solidale, democratica, sociale e generosa.
Nel 2002, quando vi fu l’epidemia di coronavirus SARS, i virologi avevano avvertito che sarebbero seguiti altri coronavirus e che si sarebbe potuto trovare un vaccino, ma i governi si rifiutarono di finanziare la ricerca; essi vogliono che la ricerca medica resti nelle mani delle aziende multinazionali farmaceutiche, il cui obbiettivo non è la salute pubblica, ma ottenere profitti attraverso la vendita di medicine sul mercato dei pazienti solventi.
Allo stesso modo, per venticinque anni i climatologi hanno avvertito circa la probabilità che il cambiamento climatico provochi disastri e che si deve smettere di bruciare petroli, carbone e gas naturale, ma i governi non hanno fatto nulla; essi vogliono che l’energia rimanga nelle mani delle multinazionali, il cui obbiettivo non è la transizione energetica più rapida possibile, ma ottenere profitti prima di tutto.
Il cambiamento climatico è infinitamente più pericoloso della pandemia: rischiamo di innalzare il livello dei mari di oltre dieci metri; se non agiamo molto rapidamente questo farà sì che la Terra sia inabitabile per centinaia di milioni di esseri umani e non umani, senza possibilità di rimettere indietro l’orologio. I più poveri, i più deboli ne faranno le spese.
Come combattere questa minaccia dipende dalle priorità scelte; l’epidemia mette in evidenza quelle dei possidenti e le loro conseguenze: la produzione di beni prima della cura alle persone, la libertà di speculare (sulle mascherine, per esempio) prima della libertà di circolazione, salvare banche prima del finanziare servizi sociali, poteri speciali e controlli di polizia generalizzati (come in Cina!) invece che partecipazione democratica, caccia e persecuzione ai migranti invece che solidarietà.
A partire da questo precedente, tutti possiamo immaginare come si applicheranno le stesse priorità quando i possidenti non avranno altra scelta che decidere, troppo tardi, di fare qualcosa contro la minaccia climatica.
Invisibile come il CO2, il virus ci avverte; ci dice di smettere di credere che siamo più forti della natura della quale facciamo parte; ci dice che il produttivismo capitalista ci ha portati sull’orlo dell’abisso e che i padroni del mondo non ci salveranno: si salveranno loro a spese dei poveri, degli sfruttati, degli oppressi e delle nostre libertà; ci dice che i politici neoliberisti non ci salveranno: dobbiamo alzarci in piedi e organizzarci per mettere fine al capitalismo, questo sistema aberrante che spezza completamente la nostra relazione con il mondo e con i nostri simili.
Note
[1] Gli specialisti concordano sul fatto che la distruzione degli ambienti naturali e la standardizzazione agricola siano la causa della comparsa e diffusione di nuove malattie virali.
[2] La Banca Centrale Europea stanzia 750 miliardi di euro per “aiutare le banche” attraverso l’acquisto di debiti di imprese e governi.

Daniel Tanuro

Tradotto a cura di Gorri da http://www.europe-solidaire.org/

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