Le “imprese” di Meloni&Co. – 5. gli impunibili

4. Soldi a pioggia a deputati, sindaci e altri parassiti di stato

3. Le “imprese” di Meloni & Co. – 3. Riaprire di corsa le miniere abbandonate

2. Le “imprese” di Meloni & Co. – 2. Esempi di politica ambientale virtuosa…

  1. Le “imprese” di Meloni & Co. – 1. La carta “dedicata a te”

Il governo Meloni, dopo aver premiato in moneta sonante fino all’ultimo amministratore locale, ora si chiede: “Perché non estendere quella impunità parlamentare che oggi spetta solo a pochi eletti a tutti gli eletti di ogni ordine e grado?”. In fondo si tratta di rispettare la “volontà popolare” e se costoro hanno ricevuto la benedizione del voto, vuol dire che il “popolo” ha fiducia nel loro operato e possono fare quel che vogliono. Ai casi estremi ci penserà la magistratura che, senza esagerare, sbrigherà la faccenda (*).

In termini spiccioli è questa la filosofia meloniana in materia di protezione della nomenklatura di stato a tutti i livelli, e porta alle estreme conseguenze l’ideologia e l’attività berlusconiana anche in questo campo, che non si era spinta, per calcolo elettoralistico, fino a questo punto, ma aveva tracciato il solco – non semplicemente per sé, come nella stucchevole polemica delle “leggi ad personam”, bensì per sé, ovviamente, e per tutta la marmaglia dei “piccoli Berlusconi” o dei “piccoli Prodi”.

Parliamo dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Nordio non è uno che improvvisa, e le sue tesi sull’abuso d’ufficio sono frutto di lunghe “meditazioni” precedenti al suo incarico di ministro. Il suo compiaciuto commento ai provvedimenti sulla giustizia, approvati dal Consiglio delle Volpi all’unanimità, è stato: “Spiace che Berlusconi non possa vederla”. Forte degli scarsi risultati giudiziari dei processi a sindaci ed amministratori (solo 9 condanne su 5418 procedimenti, nel 2021), Nordio ha sostenuto l’abrogazione di questo reato, non una semplice depenalizzazione, la totale eliminazione della possibile imputazione, e questo nonostante le “perplessità” perfino della Commissione Europea sulle “riforme Nordio” e il loro potenziale impatto sul fenomeno corruzione nel quale l’Italia si segnala tra i primatisti da molto tempo.

L’altro punto d’appoggio della “riforma” è stata la solita scusa dello snellimento burocratico e della diminuzione del numero di processi. Senonché di reati nuovi e nuovo lavoro per la “giustizia” il governo Meloni ne sta creando parecchio: per esempio con la nuova normativa contro i “rave party” diventati punibili con più di sei anni di reclusione attraverso la configurazione del reato penale, con una valenza politica generale evidente di questa operazione che consente di punire ogni manifestazione che dovesse vedere riunite più di cinquanta persone.

Il Consiglio delle Volpi ha varato anche una serie di limitazioni alle intercettazioni e, non meno importante, il divieto di appellabilità per il pubblico ministero nel caso di sentenze di assoluzione in alcuni reati: in pratica è una forma di prescrizione che mette al sicuro chi è stato assolto anche se si dovesse scoprire in seguito che era colpevole.

Pervaso da furore riformatore Nordio si è lanciato anche sul concorso esterno in associazione mafiosa con il plauso entusiastico dei suoi soci di governo di Forza Italia alle prese con l’eredità di Berlusconi: “Il concorso esterno è un ossimoro – dice al Corriere della Sera – O si è esterni, e allora non si è concorrenti, o si è concorrenti, e allora non si è esterni”. In pratica Nordio esclude tutte le forme di complicità di funzionari e dirigenti dello stato, amministrativi e politici, nei confronti della mafia: o vai in giro con coppola e lupara, o non sei mafioso. Lo scalpore suscitato da questa iniziativa ha costretto perfino Mattarella (hai detto questo, hai detto tutto) ad intervenire per calmare lo slancio di Nordio che si è visto costretto ad una marcia indietro che crediamo sia solo momentanea: la mano libera della mafia imprenditrice e dei colletti bianchi di stato esige la sua parte nella gestione delle “risorse del paese”.

Ma Nordio, al pari di tutto il governo, non si ferma alle “grandi riforme”, bada anche ai dettagli e uno di questi è la sistematica sostituzione in tutti i possibili campi di persone non allineate, in qualche modo scomode, con altre ben orientate e gradite. Ad esempio il Garante dei detenuti. Secondo Repubblica il motivo della sostituzione degli incaricati precedenti è da rintracciare nel comportamento troppo garantista che i componenti di quel Collegio di garanzia hanno avuto nel trattare lo sciopero della fame di Cospito. Calmate le acque, dopo la polemica che li vide accusati di complicità con il terrorismo e di troppe visite in carcere, ecco che arriva la resa dei conti: tutti sostituiti! Questo è solo un esempio per mostrare con quanta attenta determinazione il governo Meloni si dispone a tagliare la testa ad ogni minima opposizione e, nello stesso tempo, a lanciare segnali di avvertimento in ogni direzione.

La filosofia del plebiscito, dell’acclamazione, dell’uomo – stavolta della donna – della provvidenza si è perfezionata ed approfondita in questi mesi con il consenso delle classi medie che gli apparati di partito del centro-sinistra e dei sindacati istituzionali pensavano di poter avere dalla loro parte invocando la difesa dei “diritti civili” (sarebbe più corretto dire: di alcuni diritti civili) ma solo su quelli e solo con modi “politicamente corretti”. Al contrario, la destra economica e politica ha saputo posizionare gran parte delle classi medie (specialmente gli infausti “ceti medi produttivi” di togliattiana memoria) come sua base di massa in funzione antiproletaria mobilitando tutto il possibile, dai tassisti ai concessionari delle spiagge, dai piccoli imprenditori ai negozianti. Per i proletari si preparano tempi molto difficili se non sapranno riguadagnare il terreno dell’autorganizzazione e della lotta – anche se questa dovesse ripartire dalla sola difesa degli interessi minimi, a condizione di non fermarsi a questa.

(*) A proposito di “moderazione” istintiva della magistratura nell’applicazione di certe leggi, ricordate la Mancino del 1992: “E’ vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”? Quante condanne sono state comminate per questa legge? Arrivano alle dita di due mani, o bastano quelle di una sola?

29/7/2023 https://pungolorosso.wordpress.com/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *